Per ora sono solo sensazioni. Cose impalpabili che trovano dimostrazione in rumori, immagini, odori, sapori. Il tutto mescolato e tattile, dove prevale, a volte l’una, a volte l’altra, sensazione, e questa cangia, si spezzetta, attira l’attenzione su un particolare, che emerge in attesa che un altro prenda il suo posto. Frames collegati dal filo della sensazione. Per 5 giorni sono stato una spugna e Istanbul mi ha saturato.
La sensazione generale è quella della vita e del suo ribollire, un lievito che viene dalle persone, dalle pietre, dalle strade, dai locali, dal commercio del tutto ovunque, dal fumo, dal thé, dai muezzin, che si parlano dai minareti 5 volte al giorno, dall’immenso fiume d’uomini che inonda le vie, le piazze, si siede nella notte, affolla i locali per mangiare fino notte fonda, che gioca a back gammon e suona strumenti che ricordano liuti e banjo, balla al suono di clarino e percussioni. E ti accorgi che sei occidentale perché le movenze sono fluide, mosse da un vento, che accompagna il ventre e i fianchi delle donne. Il bacino ruota con una sensualità sconosciuta ed armonica, comunica, e la ragazza che è scesa in pista, forse olandese o tedesca, è rigida, muta, in una comunicazione in cui si parlano corpi che sanno.
Sensazioni da non rimettere in ordine. Flusso. Il contenitore è la vita che ribolle, il parlare fitto, la strada come casa, la gentilezza inusuale, la curiosità lieve di chi ha visto molto. La vita ha un sapore antico ed una aspettativa indefinita, una direzione che è crescita. Cosa attende il giovane cameriere che invita a scegliere il suo locale rispetto a quello a fianco, e non insiste oltre misura, a cosa mirerà la sua vita oltre al cibo assicurato. E le ragazze dalle donne strette e camicetta che si muovono tra uffici e strade, e i giovani in giacca e cravatta con le borse di pelle, così simili ai loro coetanei d’occidente e così diversi al bar dove sorseggiano thé nero, e i venditori di pannocchie arrostite, i commessi che lavorano fino a mezzanotte, i ragazzi che affollano le tante università, cosa attendono? Dove stanno andando? Perché da qualche parte, con volontà e decisione, vanno.
Sensazioni di una giovinezza diffusa, che non è scalfita da tutte le variazioni di velature delle donne, dai vestiti informi, stretti ed abbottonati fino ai piedi, dai gruppi di vesti nere svolazzanti, piccolo gregge con i soli occhi in vista, dietro un uomo in maniche corte, dai pastrani, nocciola e grigi, sotto il cielo di agosto, dai fazzoletti in testa, alti di acconciature posticce, dalle camicie di zingare, ampie e nere, a pallini, su gonne larghissime, sovrapposte ai corpi abbondanti e sicuri, dalla folla di maschi che passano dal turbante ai capelli cortissimi, dai jeans alle palandrane. Sensazioni di giovinezza nel colore che dal grigio si mosaica sulle spalle scoperte, sui jeans, sulle gonne corte, sugli abiti coloratissimi che osano oltre l’osabile. Questo luogo è un punto in cui la vita attira, promette, cambia le idee, pone domande. E dà risposte. Non le mie, altre, ma qui ci sono risposte.
Sensazioni, non riordino, ho ancora la percezione tattile dell’ hamam, sono una spugna, c’è tempo.

Che belle sensazioni, Rò.
Ed è bello che tu le condivida con noi.
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giovinezza diffusa
respiro aria pura.
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Respirare il senso di una vita in luoghi a
noi lontani nei costumi e nel sentire.
Ciao Roberto
Un caro saluto
Mistral(ombreflessuose)
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Un bagno di vita pulsante, un hamam come dolce cura di sé.
Un saluto
Pass
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ciao
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racconterò cosa ha percepito violetta di costantinopoli..sarà interessante il confronto 🙂
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