Credo che a tutti accada di vedere le cose dall’alto. Di percepire i minuti angoli del presepe del mondo. E di guardarlo stupito nei dettagli mentre si muove.
Credo che a tutti accada di sentirsi falco, lasciarsi cadere come sasso e già, nella vertigine, percepire l’odore della preda, pensando che essere bersaglio sia il suo destino.
Credo che a tutti accada di sentire che i riconoscimenti, che pure fanno piacere, sono aggiuntivi e non bastano per motivare uno sforzo, un talento, una volontà di volare che ha giustificazione solo con sé.
Credo che a tutti accada di capire che il fine di tutto questo: il bersaglio, il cadere, la volontà, l’intelligenza, il presente esaustivo ed il futuro, nulla sono, se non un pezzo della propria imperfezione e del perenne confronto tra l’ebbrezza dell’osare e la soave serenità del volo.
Tutte parti dell’unicità che si è, e dell’ insoddisfazione che non si esprimerà mai appieno. Neppure a sé, e tantomeno ad altri. Oltre ogni proprio dire e meno del proprio pensare.
Ecco che se ne può fare degli apprezzamenti, il falco.
mi togli le parole di bocca.
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che ce ne facciamo dei riconoscimenti?
un po’ di autocompiacimento è inevitabile, ma tutto passa e siamo di nuovo daccapo
c’è sempre spazio per essere di più e meglio
e poi, hai ragione…l’insoddisfazione è una molla che non ci fa dormire sugli allori
passiamo oltre, sempre
(il mio, di falco, vola a vista, vola solo, come tutti, non è mai soddisfatto ma eternamente curioso, inoltre ha la memoria corta e questo l’aiuta a guardare sempre avanti, che del passato porta comunque il fardello)
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