l’ebbrezza del falco

Credo che a tutti accada di vedere le cose dall’alto. Di percepire i minuti angoli del presepe del mondo. E di guardarlo stupito nei dettagli mentre si muove.

Credo che a tutti accada di sentirsi falco, lasciarsi cadere come sasso e già, nella vertigine, percepire l’odore della preda, pensando che essere bersaglio sia il suo destino.

Credo che a tutti accada di sentire che i riconoscimenti, che pure fanno piacere, sono aggiuntivi e non bastano per motivare uno sforzo, un talento, una volontà di volare che ha giustificazione solo con sé.

Credo che a tutti accada di capire che il fine di tutto questo: il bersaglio, il cadere, la volontà, l’intelligenza, il presente esaustivo ed il futuro, nulla sono, se non un pezzo della propria imperfezione e del perenne confronto tra l’ebbrezza dell’osare e la soave serenità del volo.

Tutte parti dell’unicità che si è, e dell’ insoddisfazione che non si esprimerà mai appieno. Neppure a sé, e tantomeno ad altri. Oltre ogni proprio dire e meno del proprio pensare.

Ecco che se ne può fare degli apprezzamenti, il falco.