Le mani: rapaci di note sulla tastiera, il ripetuto del terzo movimento, deciso. Le dita scavano musica a ribattere con l’orchestra, il solista si impone, come deve essere, ma poi il dialogo con il cello. Battere di ciglia, innamoramento di strumenti. Piano, perdio, piano sul tasto, archetto docile, cantabile a seguire. Nel quarto movimento fluxus di musica, basta lasciarsi trasportare. Il direttore è corpulento, occlude la vista dei timpani, nulla di ieratico. Il gesto è importante, ma danza sul podio. Bravo. Il bravo gridato non sembra neppure rivolto a lui, così grosso nel frac. Sorride e ascolta, conduce serio, si diverte, si vede. Mi ricorda il ballerino di una milongheria di Buenos Aires: basso, pesante da fermo, ma quando ballava diventava una stella della pista. Fluttuava sulla musica e la teneva a terra, fendendola con movimenti essenziali. Un passo sghembo, sfrontato: le donne, bellissime, se lo contendevano bellicose. La musica è enorme, non si racchiude, si vive e basta. Dimenticavo: Brahms a Ferrara, concerto per pianoforte e orchestra n.2 op.83, sinfonia Varsovia, dirigeva Peter Csaba e al pianoforte c’era Serghei Edelmann. C’era e in testa, nel mio giorno, c’è ancora.
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notizie dal fronte
Pagina 27 del Corriere, tre smilze colonne per i funerali dei quattro morti della Tyssen, l’inizio dell’oblio. Pagina 1, stesso Corriere, ripresa su due intere pagine 8 e 9: “Un paese triste e ormai in declino”, secondo il New York Times e secondo molti di noi.
Prodi non è a Torino: è a Lisbona a firmare un trattato europeo, che secondo il Ministro Amato è incomprensibile e secondo il presidente Napolitano è senza ambizione.
Non è un pensiero per natale, ma vorrei che il presidente Prodi fosse stato a Torino, che fosse arrivato in ritardo a Lisbona, come il premier Brown, che il Presidente Napolitano avesse detto dov’era l’Italia che piange e non è triste.
Perchè è quell’ Italia che si aspetta un guizzo di novità ed è l’unica che può portare il paese fuori dal declino. Come ha fatto sempre, quando si doveva salvare l’onore, riconquistare la libertà, ricostruire il paese, rendere veri i diritti, far crescere l’economia.
Questo vorrei accadesse agli italiani che non sono tristi, ma non hanno più pazienza di attendere per esercitare la speranza del nuovo.
nulla da aggiungere
Pace non trovo, et non ò da far guerra;
e temo, et spero; et ardo, et son un ghiaccio;
et volo sopra ‘l cielo, et giaccio in terra;
et nulla stringo, et tutto ‘l mondo abbraccio.
Tal m’à in pregion, che non m’apre né serra,
né per suo mi riten né scioglie il laccio;
et non m’ancide Amore, et non mi sferra,
né mi vuol vivo, né mi trae d’impaccio.
Veggio senza occhi, et non ò lingua et grido;
et bramo di perir, et cheggio aita;
et ò in odio me stesso, et amo altrui.
Pascomi di dolor, piangendo rido;
egualmente mi spiace morte et vita:
in questo stato son, donna, per voi.
Petrarca. Canzoniere sonetto 134
maestro d’inganni
maestro d’inganni
mi soccorre la tua danza,
leggera ed irridente,
in luce piena.
Che dioniso accompagni il giorno, assieme a bach: ebbrezza di senso, rigore ed amore. Tutte le suites per solo cello, ripetute a tiorba e poi di nuovo a cello.
Sono ingordo di simmetrie per assestare il mio campo di battaglia. Ogni cosa al suo posto: sentimenti, strategie, responsabilità, piaceri, cura di sè e d’altri, doveri, appetiti, passioni. Nessuna tregua, solo movimenti interiori e sapienza da apprendere.
Parlar qui d’amore sapendo che han diverso peso, per dioniso, i sentimenti: fardello leggero per segreti che incrocia sguardi iniziati. Ricordate? L’incontro ha danzato su pensieri audaci, il primo sfiorar di pelle ha travolto ogni difesa.
L’amore complicato ci sceglie e scava sentieri paralleli, mentre i segreti alimentano il sorriso e il pianto.
Serve parlar d’altro, con ironia, per condurre lo sguardo alla luna e non al dito.