E’ stata perpetrata una grande truffa, di cui noi siamo stati compartecipi, e che ha fatto credere ai nostri figli che fosse possibile vivere, guadagnare, crescere secondo le attitudini, le passioni, il lavoro. Il mito dell’essere contrapposto al dover essere, ha mietuto -allora ed ora- vittime pagate con delusioni, rabbie, dipendenze. Noi abbiamo creduto alle libertà attuate e che bastasse mettere in discussione la società per assicurare altri tipi di crescita democratica. Ci siamo trovati ad avere libertà sessuale, economica senza la possibilità di ridiscutere il contenitore di queste libertà. E il contenitore sostanziale era esattamente uguale a quello di prima, solo che l’impostazione laica ed alcune regole di salvaguardia (la retribuzione e il valore sociale del lavoro) erano state tolte. L’università come parcheggio, lo studio scollegato da un lavoro, l’accesso precario all’indipendenza economica sono alcuni fondamenti di una frustrazione diffusa, del dilatarsi del tempo e della riduzione dell’orizzonte delle prospettive. I giovani diventano vecchi anzitempo, se pensiamo alla vecchiaia come alla riduzione della capacità di incidere su di sè e sulla società. Sono state inventate le lauree e le professioni più incredibili all’interno del sapere, senza chiedersi chi avrebbe pagato un esercito di specialisti nelle sottospecie della forestazione, agricoltura, diritto e comunicazione, psicologia e giornalismo, spettacolo e storia, medicina e sociologia. Tutti pezzi importanti del sapere travasati senza oggetto di futuro esercizio: una laurea in capoeira che mobilità sociale assicurerà? In realtà la mobilità sociale non c’è più e continuare ad alimentare le attese significa sostituire retribuzione con soddisfazione, così si può lavorare gratis per anni e sentirsi realizzati. La grande truffa è questa e noi, il tramite di presunte felicità, siamo stati ingenui ed usati, oggi solo il genio emerge a fatica, per il resto serve la furbizia, ma quello è un corso di laurea a numero chiuso.
la grande truffa
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