dito

M’hanno detto: sei incommentabile.

Alludo, indico, curvo le parole e scelgo di lasciarmi fraintendere.

Perchè mi stupisco se guardano il dito?

L’esplicità ostentata leviga una superficie, dove non c’è nè fatica nè merito e soprattutto non si comunica.

Sotto la pelle ci sono i recettori nervosi, sotto il grasso, non c’è più protezione. Da lì inizia la contaminazione.

E resteranno pochi amici curiosi per davvero.

l’uomo del flow

Il flow: pochi simboli, l’essenzialità in ogni processo complesso.

Da piccolo ero bravo con il meccano, anche con i lego dei miei figli me la cavavo bene. Abbiamo riso tanto, trovavo sempre il pezzo giusto. Lo sapevo fin dall’inizio com’era la costruzione. Lo facevo per loro, perchè capissero che è facile avere idee semplici nella vita. Quello che conta è il colpo d’occhio, la semplificazione che scioglie la complessità. Nella mia testa si destruttura tutto, ogni azione è fatta di un input e un output ed in mezzo una if. Non bisogna ramificare troppo: ci si perde. Si finisce in vicoli chiusi con mura invalicabili. Un flow bello assomiglia all’energia: sceglie la via più breve e meno faticosa.

Come potevo non applicare alla vita concetti così semplici?

Sì certo, anche ai sentimenti e agli amori.

Il flow funziona con tutto, anzi nella vita quotidiana dà più soddisfazioni. Mi strappa sorrisi di consapevolezza in corso d’opera, perchè io so come andrà a finire.

Mi guardi sorpresa: se vuoi ti mostro come si fa.

Vedi in questo riquadro ci siamo noi, più sotto il nostro incontro, poi la prima if: ci stai o non ci stai. Ci stai e nasce la nostra attività amorosa. Sotto, per un pò, non c’è niente, non ci sono decisioni. Poi hai chiesto di più e quindi ancora una decisione. Questa è la if importante è lo snodo della storia: se decido in un modo, vado da questa parte, se scelgo il no, vado da quest’altra. Siccome so come vanno le cose, ho messo sotto un’altra if: nel caso ci ripensassimo, torno indietro e riprendo. E’ la vita: ci si ripensa a volte, ma è tutto così lineare, scontato.

Vuoi che continui a spiegarti come si procede?

ma perchè piangi.

capelli

Capelli bianchi, i più. Per chi li ha ancora. Poi cappelli: alcuni inusuali, uno altoatesino in colore con il loden, altri a dire o a coprire. I baschi, le coppole, le lobbie grigie. Dalle nostre teste si leggono le storie, le professioni, le appartenenze. In alcuni casi il successo è arrivato e poi se n’è andato, è rimasta l’eccentricità a cui aggrapparsi per bisogno d’identità.

Borghesia liberal, spesso di sinistra, disincantata. Disponibile, ma fino ad un certo punto.

I capelli hanno seguito le storie, sono stati costretti. Si potevano cambiare, imbrillantare, lasciar lunghi e poi rasare, insomma, per la mia generazione i capelli sono stati il messaggio al mondo ancor prima di toccare i vestiti. Anche oggi nella cura del riporto, nella riga che trasloca, c’è la traccia di chi non rifiutò e convenne.

Ora tutte queste teste confluiscono e ci si guarda gossipando sulle storie attuali, le precedenti son note. Un taglio nuovo, un cappello blasè su giacca segnaletica: trasgressioni in corso. Qualche scuotimento di capo invidioso, tributo alla resa della propria incapacità di sognare.

Le parole sommate ai capelli rivelano le attese, una speranza tradita, un’ inguaribile sfarfallamento affettivo. Eppure molti sono in cattedra, insegnano oppure dirigono, sono, abbastanza, padroni del loro destino, ma qualcosa li ha fatti scegliere vie sbieche alla verità. Solo i loro capelli nella costrizione, continuano ad essere sinceri raccontando storie passate, sogni incompiuti, ribellioni quiete.

calascibetta

Oggi bandiera rosa e guardo Calascibetta dalla balconata di Enna, con la meraviglia delle case che abbracciano una cima, una cresta. Capisco la sindrome di Gulliver che fa vedere cose e uomini, come fossero giocattoli vivi.  Terra marrone, screziata di giallo, silenzi lunghi con scoppi di voci rade. Un richiamo, un ordine: a chi si rivolgerà? A un uomo, un animale, oppure, come spesso accade, alla natura circostante, per rompere un eccesso di solitudine. Catania e la moltitudine del mercato del pesce è lontana. Via Etnea con la mostra speculare di persone e vetrine, qui è la festa dell’andare in città. Si va al mare per vedere e farsi vedere, ma prevale il primo sentire: la campagna abitua alla ritrosia di sè e alla curiosità morbosa del nuovo, dell’inusuale, del desiderio realizzabile. La sensualità a sud è carnalità concreta, afrore interiore, ricordo e lampi di desiderio. In autunno, il colore si accorda con le sfumature del calore che ancora permane nell’aria. Ma non sente freddo, questa strana creatura che serpeggia dentro e muta, oscilla, ribolle. Qui i sentimenti, i desideri sono più immediati: escono sbattendo porte, saltano tra passioni e ozii estenuati. Meraviglia, colore interiore, voluttà: terreno per gourmet del vivere.

w.a.s.p.

I trullallero imperversano nella comunicazione, lazzi e frizzi per chi può. Ci deve essere una interpretazione della miseria che mi sfugge, una interpretazione che ammette la cecità, l’ignoranza del circostante. Stamattina alle nove, davanti al supermercato, un uomo e una donna frugavano tra le spazzature. forse gli scarti del banco verdura. Lei ha estratto dal bidone un mazzo di rapanelli e un sedano. Li ha ripuliti con cura e messi dentro ad una borsa. Lui, a gambe sollevate, ha continuato a frugare dentro al cassonetto. Non erano stracciati, lontani dai rifiuti sarebbero stati anonimi. Ma cosa sta succedendo che mi sfugge? Anni fa ero a Kiel e vicino a me un barbone ha estratto da un cestino dei rifiuti mezzo panino e si è messo a mangiarlo di gusto. Ne ero rimasto sconvolto: come si poteva mangiare il rifiuto. Ed invece questa onda di povertà esonda, ci attornia. Scende dal nord ricco e muta, si adatta al territorio. Più le città sono grandi, più cresce la difficoltà del vivere con stabilità una condizione sociale. Ma io leggo di frizzi e lazzi nel web, la tv non parla di cose sgradevoli: i delitti di bambini diventano soap, solo la miseria è accuratamente occultata. Eppure cresce a vista d’occhio, dilaga negli ospedali, divora risorse, svuota cervelli e scuole. Il precario come condizione genera la sensazione che la dignità sia un fatto relativo e personale: beati quelli che hanno perchè non saranno minacciati nel loro benessere dal cambio di visione dei nuovi governanti. Il popolo delle spazzature sparisce e appare, come un galleggiante in mare agitato, ma non affoga. I poveri ci sono, diventano strato sociale. Ai miei tempi sociologici si teorizzava la società dei due terzi benestanti e un terzo poveri, ma la diga è stata rotta e l’ineguaglianza cresce. Cosa credete che possa pensare un ragazzo di 20 anni che vede i suoi coetanei uscire dalla discoteca, mentre lui non ha e quindi non è. Se non ha una famiglia attrezzata alle spalle, su cosa potrà contare oltre la rabbia e l’invidia. La redistribuzione della ricchezza e i meccanismi di accesso alla ricchezza sono sempre stati la condizione per mantenere la sicurezza a livelli accettabili, quando si supera il limite la persona e il patrimonio vengono messi in discussione, con i relativi reati. Ecco perchè mentre mi diverto, penso ai miei piccoli, grandi problemi di esistenza e allontano il fastidio della povertà. Ma questa mi busserà costantemente alla porta, mi costringerà a trovare soluzioni. Ieri sera ascoltavo Bach in casa e nel giardinetto sotto la chiesa due extracomunitari dormivano avvolti da cartoni. Non riuscivo a concentrarmi, finchè ho spento e lasciato dilagare la tristezza. Da un pò di tempo non mi interessa più essere commentato, magari essere letto sì, ma l’impressione di solitudine di fronte alla percezione della sofferenza cresce. Non perchè gli altri non la sentano, ma perchè non è facile raccontarla, perchè la percezione isola nell’inanità dell’agire. I lazzi me li porto dietro per la prossima festa: bello sarebbe avere posti dove essere allegri e altri dove l’allegria sia giustificata dall’agire.

corelli

Suggerimento per la colonna sonora della giornata: Corelli. Proprio Lui a far da grande tra le altre musiche del giorno (Annarella non manca mai). Omaggio a chi non ha innovato, ma ha portato all’estremo ciò che si conosceva: è stato grandissimo per questo.  Come per un organismo umano, nella musica del ‘600, ha tracciato i confini dal di dentro, proprio per lasciar spaziare invenzione e intelligenza. Servono questi Grandi che riassumono la conoscenza di quanto li precede, non rompono paradigmi ma tracciano un confine. Toccherà ad altri valicarlo quel confine. Non nobis domine. Ma senza di loro non si procede. E la folia di Corelli , dopo le tante folie di spagna e italia, serve a ricordarci che la sensatezza va temperata dalla fantasia. Lasciatevi invadere e pervadere dalle note, opera 6, canzoni, sonate e poi un pò di jazz around midnight, per sfociare in Bjork e un walzer musette. Così, perchè oggi il mare è calmo e lo spirito gli assomiglia.

gordio

Gordio, re dei Frigi, con un nodo teneva assieme il timone e il giogo del suo carro da battaglia: e’ il legame tra l’asse del mondo e il firmamento. Tagliare il nodo libera l’uomo, lo fa procedere tra il suo destino e l’esito delle sue imprese.