per un’amica

Ti sei presentata,

la bella testa altrove,

parlavi e chissà cosa vedevi. 

Poi, inopportune,

come solo le lacrime san fare,

m’hai lasciato ad arginar parole.

E mi son perso tra silenzi, amicamia,

perchè le storie poi, sono banali:

nella tua danza, io

chissà dov’ero,

ma ci si perde

a cercare i nostri uguali.

Filari di parole,

a proteggerti da un vento, e

nell’abbraccio stretto, tu a dire:

sai ancora sorreggermi e stupire.

Lasciano carezze d’acqua le mie braccia,

e ti credevo forte amicamia,

ma ti credevo

e non ho imparato mai.

don chisciotte

Auguri a tutte le dame e ai cavalieri che non hanno paura della vita, della follia, della passione, della sofferenza, della felicità, della battaglia.

lasciare

Al bar li osservo da distante: io con il mio caffè e loro che parlano ai miei dubbi. Ragazzi, adulti, la voce prima alta, poi zittita, lei  piange, il silenzio, gli occhi si abbassano. Sono partecipe: leggo un vuoto di pensieri: ” vorrei fosse finito già, vorrei essere da un’altra parte”, davanti c’è disperazione: ” già mi manchi e sarà sempre peggio”.  Si è interrotta una possibilità, una vita da vivere.

La casa di fronte, stanotte, ha una porta con una luce che illumina niente e nessuno, solo la notte, ma spezza la solitudine, la paura del buio che c’è intorno. La verità di un amore finito è un peso che non si può evitare: la luce si spegne e allora non c’è più nessuna scusa, solo asimmetria di sentimenti. A volte ricomincia, quasi sempre è inutile: si è già rotto tutto. Non ora, ma prima, quando non ci si è capiti, quando non si è voluto vedere. Succede di lasciare. E’ pesante: mi racconto che è peggio di essere lasciati, perchè bisogna dire che un percorso si è concluso. Ma sarà poi vero, che questa vita interrotta non continuerà a deviare percorsi?. Per avere una vita nuova, si paga subito; il pensiero tornerà su ciò che non è stato, ma sarà solo un attimo: la vita è quella che abbiamo in mano.

Succede di lasciare, sto lasciando.

amorosi sogni

Non ho voluto vivere passati, che non fossero miei: li ho ritoccati, a volte, ma poco poco. Eppure ho sogni d’altri. Qualche volta la felicità, inconsulta e senza nome, altre volte la privazione d’amore, violenta e scura. Mi direte: ” non è possibile, aver sogni a prestito”, eppure è così. E se ci pensate, anche voi avete sognato qualche sogno non vostro. Non nel vostro dominio d’azione.

Se vi è andata male, era una pena, un amore sconcluso, ma nel caso felice, vi ha preso un’ euforia  trascinante. E quando vi siete svegliati eravate comunque contenti del giorno, anche se l’impressione di aver sbagliato vita, era rimasta.

E’ quella signora, che non se ne va. Guardatela negli occhi senza abbassarli, ma non se ne andrà: è ciò che non è nato o non è stato.  

non è il caso

Non è il caso di mettere abiti pesanti:

è l’autunno che chiude finestre

per la quiete d’amori ormai spenti.

Se l’aria vibra,

non chiudere gli occhi,

a cancellare brividi importanti.

Non è tempo d’abiti pesanti,

con l’autunno che nelle piume,

soffoca i sentimenti.

Sui vetri 

vapore di luce:

caffè attendono,

contrappunti di sguardi

su parole danzanti.

torta margherita

I nonni materni abitavano in periferia, avevano un piccolo orto e il pollaio ad integrazione della dieta. Per un accordo tacito stipulato tra le galline e mia nonna, queste facevano uova facilmente rintracciabili e lei le difendeva dagli istinti del nonno, più incline al brodo che alla frittata. Con molte uova fresche a disposizione in primavera-estate, frittate con verdure e asparagi selvatici, in autunno-inverno le feste erano scandite dalla torta margherita. Ne venivano confezionate a nastro. Se venivano parenti, se si andava a trovare parenti c’era il rito dello scambio della torta margherita, nel senso che chi veniva in visita portava una torta e ad accoglierlo trovava una torta della stessa specie. L’abilità di confezionamento, su cui si incentrava il grosso della comunicazione positiva (perchè poi parlavano di malattie e di morti), era sulla sofficità della torta. Perchè la torta margherita si fa senza lievito eppure è un dolce etereo, incurante della materia da cui proviene, soffice e ardito nella crescita. Chi cuoceva o non sbatteva abbastanza gli albumi forniva torte sciancate, lasciando ad altre prove più felici la dimostrazione dell’abilità.  La fame infantile, incurante della forma faceva sparire velocemente il corpo del reato. Eravamo sempre al limite del soffocamento, perchè l’anima eterea toglieva il respiro a quella umana, ingozzando nel conflitto d’anime. Credo abbia soffocato più anziani la torta margherità che i tanto vituperati serial killer. Per la mia bambinitudine la torta è stata inprinting, educazione, rigore, perchè sotto le feste le torte venivano confezionate  una o due settimana prima e messe al fresco. Il posto fresco e presidiato della casa erano le camere da letto (solo la cucina si scaldava), per cui dormivo immerso nel profumo di zuccherouovafarina. Il mio cervello è stato cablato con questo profumo, alcune sinapsi margherita, anche adesso, avvertono la presenza della torta a distanza imbarazzante. La pavloviana associazione divieto di consumo-posticipazione del premio è stata devastante nella mia formazione sociale e politica.  Per me la torta margherita nella sua casalinghitudine è l’emblema della casa accogliente e disponibile, con pochi mezzi. Per questo propongo che in questo periodo di difficoltà ad arrivare alla terza settimana del mese oltre ai pollai di condominio venga incentivato l’uso della torta margherita: è la speranza della povertà accogliente e sincera, non doma e fidente nell’avvenire. Una lex margherita per propiziare il domani e stasera tutti a vedere che mangiano i bignè.

Ricetta

8 uova, 350 grammi di zucchero, 250 grammi di farina fecola

separare albumi dai tuorli e montare a neve gli albumi:deve restare ritta la forchetta ( a dimostrazione che solo con fatica si raggiungono i risultati)  I tuorli vanno sbattuti con lo zucchero fino a scolorare dall’arancio verso il giallo, si unisce la fecola e infine gli albumi.

Il tutto in una tortiera imburrata e prima cosparsa di pan grattato.

infornare a 190 gradi in forno caldo e dopo 20 minuti abbassare a 170 gradi. cuocere in tutto 40 minuti. Sorvegliare la bimba in forno sia nel suo crescere e sia nella parte finale: le bruciature pregiudicano lo sforzo precedente.

Lasciare in forno semi aperto e poi cospargere di zucchero a velo. La leggerezza non disdegna compagnie poco alcooliche, sia dolci che secche. Per i bimbi caffelatte. La coca cola è una bestemmia.

auguri

la scienza degli addii

“Abbi cura di te”: le parole per sciogliere un abbraccio mentre il legame è ancora forte.

Quando si pronunciano non c’è ancora la notte, il freddo è un pensiero e il cuore è sbilanciato. E i pensieri si rincorrono:

Vorrei essere diverso.

Mi manchi, ci sei ancora di più nei miei pensieri.

Non volo.

Prenditi cura di te, amore, anche se non ci sono, prenditi cura di te. Adesso è la prima notte in cui non ci sarà neppure un messaggio, uno squillo, una carezza. Il ricordo non deve prevalere sul futuro, è giusto così, è meglio così…

Abbi cura di te.

Domattina quando ti svegli, pensami un poco.

Abbi cura di te, non c’ero nei momenti giusti.

Abbi cura di te, non ho coraggio: il mio abbraccio s’è  sciolto per paura.

Non cercarmi. Oppure sì, ci sarò.

Abbi cura di te, sono senza parole, ti voglio bene, ti amo e non ho più voce.

Abbi cura di te, ogni giorno, ogni notte. Fammi male con la tua felicità.

Abbi cura di te, solo di te.

Ho imparato la scienza degli addii,

nel piangere notturno, a testa nuda.

-Osip Mandel’stam-

dell’abbandono 1

“Prenditi cura di te”

Dalla lettera a Sophie Calle, pubblicata su Repubblica di ieri, ai percorsi di quanti pensano queste quattro parole quando l’abbraccio si scioglie.

Azzardo senza pretese:

  1. la presa d’atto del fallimento di sè, rispetto all’altro e la richiesta di un’altra possibilità;
  2. la speranza che il legame continui con altri mezzi, come la diplomazia con la guerra;
  3. la confessione dell’incapacità di decidere;
  4. la vigliaccheria della parola vuota;
  5. la traccia del bene che c’è, anche se non è più lo stesso;
  6. il preannuncio del silenzio, perchè nulla è più adeguato;
  7. il preannuncio del silenzio perchè il cuore si è svuotato;
  8. il preannuncio del silenzio perchè c’è un nuovo amore;
  9. la necessità che il bene creato non si disperda nel vuoto;
  10. il preannuncio di ciò che mancherà e che è ancora sconosciuto;
  11. il rifiuto del ruolo della cura;
  12. la scusa per coprire la miseria delle proprie scelte;
  13. il tentativo di sembrare nobile mentre si fugge;
  14. la voglia di esserci sempre, ma alle nostre condizioni;
  15. la carezza che vuol mascherare il dolore dell’abbandono;
  16. la presunzione di essere necessari;
  17. il sogno che l’amore non finisca quando ce ne andiamo;
  18. la preghiera a chi è caro;
  19. la chiusura definitiva di un rapporto d’amore, in cui tutto è ormai chiaro;
  20. la chiusura di un rapporto d’amore, in cui ben poco è chiaro, ma non si chiarirà mai.

La mia interpretazione seguirà e come al solito, sarà specchio, per ora cerco di vedere l’atto positivo e dolente, non il vuoto.

légami

C’è un momento in cui ciò che era solido, diviene fragile e si apre un periodo di possibilità. Si può tornare indietro, ma l’impressione è di spegnersi, si può andare avanti, ma è difficile immaginare un futuro con chi non è futuro. Si può fare un esame sincero della vita e cercare assieme una via d’uscita. Ma è difficile se il legame ormai si è sciolto. Per molti il passo successivo, lasciare, fa emergere la paura. Paura di un dolore più per l’altro che per se, di un disastro per i figli, della perdita della sicurezza raggiunta, del fallimento di una vita. Ho riguardato “scene da un matrimonio” di Bergman, pensando, poi che le originalità in occidente non sono poi tante negli uomini. Percorsi usati che si ripetono. E se c’è chi ha il coraggio di prendersi in mano e dire a se stesso cosa accade, c’è anche chi questo coraggio non lo trova, anche se sa.  Si cercano legami per giustificare la difficoltà del lasciare, si enfatizzano sino a renderli importanti, alternativi all’abbandono. A volte funziona e le cose tornano in un ordine nuovo, ma spesso non è così, resta la tristezza dell’essere improprio. E allora lasciare è rispettare l’altro, oltre che se stessi. Lasciargli un’altra possibilità. Riconoscere il bene che ancora abbiamo, come un valore che unisce oltre la divisione. Difficile vero?

elizabeth

Oggi dedico la giornata a tutti quelli che hanno amato una venere di rimmel. E anche a quelli per cui la venere di rimmel era un mito, perchè hanno conosciuto di peggio. Se ne siete usciti bene, altrimenti datevi da fare, guardatevi intorno, smettetetela di inseguire la vostra immaginazione. Non è come l’avete pensata, la signora, non lo è mai stata e soprattutto non cambierà. Orifiamma rosso da battaglia. Musica adeguata: dai modena a celentano. Frank Sinatra va benissimo con un pò di scetticismo dolente. Per i raffinati, i songs di John Dowland e Stravinsky( va bene la “sacre”, magari diretta da Boulez). Film consigliati: Casablanca, così si capisce cosa si è perso davvero ed Elizabeth, perchè ci sono donne (e uomini) che valgono una battaglia, una guerra, una vita.