segni

Saggio la morbidezza del pennino: traccio segni. Prima linee rette, poi spirali, riempio spazi, rendo forma alle macchie. Mi basta un angolo di foglio, quello in alto a destra. Di preferenza.

Le macchie si raggrumano in caratteri. E’ proprio questo il verbo: raggrumare, perchè sembrano insetti o formiche, attratte e pronte a sciamare.

Se non avessi tanto rispetto per i significati che stanno sotto la buccia delle parole, lascerei che le lettere si disperdessero nel foglio. Assieme alle spirali e ai grafismi generati seguendo un pensiero. Come bimbi in ricreazione. Pronti a correre e ridere d’ogni cosa. Anche di sè.

mocha

Post particolare, da perditempo: in rete ci sono altre perversioni e intelligenze. Quindi non lamentatevi in caso di lettura. 

Mocha è un inchiostro Parker. Il colore è tra il caffè a tostatura media e la castagna.

Sulla pagina bianca o avorio, accompagna bene la scrittura ricca di rotondità. Dipende dalla granulosità del foglio e dall’assorbenza, ma lascia una densità irregolare ai contorni delle lettere che ne accresce il fascino. Usualmente lo adopero con pennino medio, a taglio diritto, sufficientemente morbido, su stilo Omas, Parker Mosaic, Aurora oppure sulla classica Pelikan nero-verde. Quest’ultima è la stessa della mia infanzia. Su questa penna si potrebbe scrivere assai: ha accompagnato sgorbi infiniti e scritture veloci, disegni al tratto e marginalia, ha coinvolto giacche e camicie in disastri, si è lasciata mettere in disparte contando sul suo fascino da ragazza. Ripresa, non si è lamentata e l’amore è ricominciato. Associo questo inchiostro a queste penne, proprio per la morbidezza di colore. Altre pennini e penne danno il meglio con altri inchiostri e colori. Ad esempio la Montblanc si esprime bene su colori decisi: il nero, il blù-nero Pelikan, il rosso rubino. Naturalmente, sono opinioni ampiamente contestabili.

Devo giustificare tutto questo, che è vaniloquio per molti? Non credo, la scrittura con pennino su carta adeguata, fornisce sensazioni apprezzabili per chi non giudica lo scrivere a mano un esercizio inutile. Della serie o si conosce e piace, oppure non c’è verso. Regalare una stilografica è impegnativo e spesso inutile. Una stilografica non perdona, diventa faticosa e non regge a nessuna comparazione: è utile solo se è un piacere, una passione. Nello scrivere con la stilografica le lettere sono più lente e dense, il tratto medio o il fine, dopo uso prolungato, permettono di apprezzare meglio le parole nel significato singolo e nel contesto, fosse solo per la necessaria lentezza di scrittura. Anche chi disegna ottiene effetti particolari. Nel caso del mocha, si evocano echi di sud, caldo, ricerca d’ombra, interni.

Una passioncella innocua? Non tanto, visto lo spazio che occupano gli inchiostri e le penne nei miei cassetti, ma limitandosi nell’acquisto, si può convivere. E come per i piaceri che devono restare tali, senza schiavitù, si usa alla bisogna.

Con poca cura le stilo, sono amici fedeli e restano, hanno una loro identità, ma prendono l’impronta di chi la usa, assecondano l’inclinazione e il peso di una mano. Modellano una scrittura sulla personalità di chi scrive, si lasciano ammirare, ma sono per sè, non per altri, specie se disattenti.

divagare

La parola ha suono profondo, è avvolta di buccia e di seta, ma il disattento la ingoia senza piacere. Spesso non ne sente il gusto e l’adopera come sasso, come pezza, come incarto. La parola genera significato, stabilisce un legame tra il sentire e il capire. La sua sezione aurea è nel sussurro, quando è al limite della comunicazione interiore ed esteriore. Non molto oltre il parlar tra sè.  Avete notato come modula la voce un narratore naive, quando non dà voce ai personaggi: il racconto è piano, a voce bassa, parla all’ascoltatore, lo avvolge e conduce. Nella parola ci si lascia ammaliare, anche quando raccontiamo a noi stessi. E la malia emerge dal suo contenuto, dallo scintillare evocato. Ad ascoltare, la parola appare trama  di seta, velluto, raso, mai tela, oppure rame, argento polito, mercurio, ferro ossidato e ancora quercia, frassino, abete, ginepro, sia in legno che scorza. Pietre parole scabre o lucidate dall’acqua e dal vento, pesanti alla vista, da giocarci con il tatto. Nella contaminazione tra sensi l’udito interiore, ascolta e trasferisce alla vista e agli altri sensi, emozioni. A volte è importante il ritmo, altre la musicalità. Il significato è da gourmet, non occorre avere tutto, ma nella parola senza attenzione, si butta via la polpa, ci si ferma alla superficie.Forse è la necessità di continua crescita economica che ci porta al consumo immemore, più che all’uso. La velocità assume caratteri positivi, la lentezza è vista come incapacità. Che sciocchezza per la vita. E’, forse, per questo che la cultura orale non sedimenta più, persa com’è sui valori e sulla necessità di tempo? Provate a pensare cosa si agita sotto una fiaba raccontata e commentata, quali potenze positive e negative vengono scatenate. A volte il saper leggere lascia un bimbo di fronte ad un testo che non governa e tempo fasullo al genitore. Mettere insieme le abilità è amore e apprendimento reciproco. Nel mondo adulto, un buon manager sà evocare speranze, fa intravvedere felicità, ridimensiona pericoli, alimenta coraggio, crea valore. Quindi esiste un fascino del narrare che continua, solo che non è pratica di massa, diventa fonte di ammirazione perchè la tecnica è smarrita. Nel corpus sociale odierno ospitiamo antitesi tra necessità e piaceri e il piacere viene confinato nell’oggetto, si toglie la comunicazione, ci si affida all’immagine. Il piacere dello scrivere con l’inchiostro è residuale, la scrittura manuale è fatta per essere tradotta in scrittura digitale, non per essere tenuta per sè. Nella mia logica dell’appunto, lo scrivere è una estensione-complemento del dire, che non può esaurire la flessibilità e forza del raccontare ad alta voce. Scrivere con un buon pennino e un inchiostro scelto è un piacere multi sensi che si unisce alla parola che prende forma, ma questa è un’altra storia da raccontare, fatta di inchiostri, pennini, carta di vario peso, marginalia.

Ho una consapevolezza:mai abbiamo raccontato così tanto a tanti, come oggi, attraverso il web e mai c’è stata tanta contaminazione.

Qualcosa resterà