Il cielo non è per tutti, neppure il trasalir d’amore lo è, ma accade, spesso quanto serve. Gli anni fanno cadere i sogni a chi vuol essere vecchio, ma per chi non smette di vivere, l’emozione del sentire diviene diversa da quella del provare. E sogna. A questo serve una mano nella mano, la dolcezza dello star svegli guardando un buio che s’illumina di pensieri che hanno un volto e un nome. È bello che l’amore sia così.
La primavera, è quasi estate nel giugno,
è il rosso dei papaveri che confonde il grano e alimenta il cuore?
Oppure è il cucchiaino che s’avvolge pensoso nella tazzina:
è pensiero che indugia,
abbraccio che non si stacca,
dolcezza che segue nella sera
e risveglia la mattina.
Non finisce e penetra nei sogni
con foglie che suonano i venti,
cieli che attirano lo sguardo,
lì avvolge tenero,
e indugia in silenzi infiniti di dolcezza.
Se in quella notte, in cui c’erano tutte le prime mie donne attorno, e gli uomini che come sempre assistevano, si fosse pensato che la vita che mi regalavano era un infinito generare, ne sarebbero stati ulteriormente felici. A loro, inconsapevoli, bastava quella felicità del nascere, quella speranza che la vita sarebbe stata comunque bella, diversa e migliore. E tutto si condensava in sorrisi con la fatica già alle spalle. E speranza, molta speranza allietata da una grande luna di giugno che di certo portava buono. Fu un innamoramento a prima vista e della loro felicità non mi hanno mai fatto mancare il sentire. Così non finirò mai di restituirla quella felicità con l’amore che tutti li comprende e distingue. Grazie.