je pense

IMG_2201

Credo che per una parte non piccola di persone acculturate, per le quali il benessere è stato parte del vivere vissuto o desiderato, vivendo l’età media, sia per esse, più facile sapere ciò che non vogliono anziché ciò che vorrebbero. Prese da un conflitto semi permanente tra desiderio e stato, che si alimenta di convinzioni che nascono e si sciolgono, cercano di capire l’inquietudine e i suoi sbocchi.

Magari è sempre stato così, ma la caduta dei dogmi e dei principii, che tali non erano, credo abbia facilitato questa condizione e che le età dell’uomo, sempre meno definite, l’aiutino. Certo è che l’indugiare, il restare nella zona grigia dell’indecisione diventa un modo d’essere. La realtà s’incarica di risolvere poi per suo conto le domande sospese, ma nell’attesa tutto sembra possibile. E penso che, pur senza gli stereotipi così cari al pensiero di genere, a vivere di più questa condizione, siano gli uomini. Forse perché la società e il comune sentire è nei loro confronti, genericamente, sottrattivo. Si tolgono giustamente ruoli, punti che sembravano solidi cessano di esserlo e le parità, così naturali, sono terre sconosciute, anzi l’uomo viene sollecitato ad essere differente. E non sapendo bene il da farsi, o l’essere, fa i conti con una situazione di anomia crescente. Anomia e confusione, ma la vita nel frattempo continua, apre e chiude porte, sollecita senza dire una direzione. Eppure tutt’attorno, il lavoro, gli impegni, i ruoli restano e chiedono determinazione, decisioni rapide. Ma dentro che accade? Come in ogni apprendere c’è una fase di passaggio, un ignorare che prepara ad altro, e come in un treno che corre, i passeggeri portano ad un fine sé stessi, mantenendo sentire e battaglie interiori.

Mi faceva riflettere una frase di Ulf Hallberg su “…quanto ridicolmente poco sappiamo del mondo, a quanto ogni attimo sia immerso nella complessità dei sentimenti, nei veli delle illusioni, e con quanta forza è intrecciato alle catene e ai vincoli della quotidianità.”

Ne ho colto il senso di una stagione che portava dentro i limiti propri, accettava le decisioni e sfumava il sentire. Stagione diversa da questa, un passare che parla per parole senza futuro, agisce con non poca rozzezza e pensa per sentire acuto. Così mi pare ci sia necessità d’ apprendere con pazienza, e leggere almeno la direzione in cui avverranno le decisioni. Occorre tempo, insomma.

3 pensieri su “je pense

  1. Verissimo,almeno per ciò che mi riguarda. Quando lasciai Roma, apevo quello che NON volevo nè avrei più fatto. Solo questo sapevo e tutto era ignoto. Ora che sto per ritornare nuovamente a Roma perchè ritengo conclusa l’Esperienza che mi condusse in Emiliai,so cosa NON voglio esattamente come allora e la “spinta” (misteriosa) verso l’ignoto è la medesima di quella d’allora. Sono lenta e precipitosa insieme, ma quando ho deciso NON torno mai indietro e il nuovo mi mette nelle vene,quel giro di valzer come quello della fotografia se NON fosse per la pesantezza d’organizzare il tutto. Mirka

    "Mi piace"

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.