dubbi e risposte

Debbo fare una premessa autobiografica: politica attiva, con responsabilità diretta, ne ho fatta per molti anni, e ancora la faccio, sia pure con molta libertà. Non ho dubbi da che parte stare e non ho mai considerato che disinteressarsi o non votare sia una soluzione alle mie insoddisfazioni. Conoscendo le difficoltà delle mediazioni e del governare, non sono neppure un malpancista, semplicemente se è il caso dico no e me ne assumo la responsabilità. Fine della premessa.

Con quello che posso capire, si è avviato un rinnovamento della politica. Finalmente, sembra, che le fasi indeterminate del passaggio dalle ideologie alle rappresentanze d’interessi, si siano concluse e che una nuova possibilità di relazioni tra cittadini e politica si stia aprendo. Resta fondamentale una divisione tra interessi preminenti dell’individuo, ovvero il dettato liberale e la destra più o meno illuminata, e la prevalenza dell’interesse generale, ovvero la prospettiva social democratica, quindi la sinistra più o meno accentuata. Riformisti si dicono tutti, quindi non è una categoria della politica distinguibile, i centristi poi, sono un’altra categoria che media tra le ali moderate dei due schieramenti d’interessi e che si allea con l’uno o con l’altro secondo convenienza. Capisco che la cosa è semplificata, ma passatemi la definizione del contenitore. Venendo al contenuto, i gradi di libertà, che pure esistono, sono minori che nel passato perché il prevalere della finanza e dell’economia sui governi e sulla democrazia (i poteri reali oggi non hanno una verifica elettorale e sono semplicemente nominati sulla base di lobbies sovra governative), hanno di fatto ridotto le possibilità di politiche radicali, anzi gran  parte delle politiche sono conservative e dedicate al rispetto di impegni sovranazionali piuttosto che innovative nella tutela dei diritti fondamentali, nella loro discussione ed evoluzione nel senso di avere più diritti reali e spendibili piuttosto che diritti dichiarativi virtuali.

Mi rendo conto che sto tagliando con l’accetta, ma per rispetto di chi leggerà non posso far di meglio, disponibile però a qualsiasi discussione nel merito delle proposizioni che ho enunciato. Voglio solo aggiungere che alla globalizzazione dei mercati e della finanza non è seguita, né tanto meno è corrisposta una globalizzazione dei diritti individuali fondamentali, della democrazia, delle libertà collettive. Questo ha enormi ripercussioni sulla sussistenza delle economie con diritti, quella occidentale e italiana in particolare, ma soprattutto corrisponde ad un impoverimento crescente delle persone che vivono di lavoro e non di rendita o di speculazione, dei servizi collettivi, del mantenimento del Welfare, della  stessa possibilità di esercizio dei diritti democratici conquistati. Una consapevolezza dell’internazionalismo dei diritti fondamentali, un ruolo della politica che guidi l’economia e non viceversa è un atto di tutela della possibilità di non avere prossime guerre basate sulla sovra popolazione, sulla povertà sociale, sulla impossibilità di mantenere squilibri così evidenti a livello planetario.

Tutto questo è una considerazione generale in cui colloco qualcosa di molto più piccolo e insignificante, che però mi mette a disagio, anzi diciamo che mi fa incazzare. E cioè la difficoltà del mio partito, pur con grandi passi avanti di uscire definitivamente da alchimie che devono tener conto di interessi molteplici e certamente non tutti nobili di persone. Preciso che il mio partito è il PD e che non ho nessuna intenzione di cambiarlo perché c’è molta più democrazia e partecipazione dentro questo partito che in qualsiasi altro in Italia.

La mia riflessione di questi giorni era: perché non si riesce a superare una soglia, sia pur alta, di innovazione della politica che davvero liberi tutte le energie represse che ci sono nella società? Perché, pur considerando le primarie uno strumento utile e non una panacea, se questo esiste esso non debba riguardare tutti, ma solo il 50% dei possibili eletti? Perché a risultati ottenuti, devo sentirmi dire che comunque questo è il migliore dei risultati possibili, senza aggiungere che c’è stata una mediazione e che alcuni tutelati potevano benissimo essere fuori, ma sono stati tenuti dentro perché servono e allora perché non dirmi anche perché servono.

Tutto questo non mi impedisce di considerare Bersani come la persona che ha mantenuto i patti, che ha dimostrato una serietà e una sobrietà assolutamente inusuali nella politica, che pur, non avendolo appoggiato al congresso, ha gestito bene una fase di cambiamento senza sfasciare il partito che ancora non aveva leganti o identità.

Questo agire mi tranquillizza, mi fa dire che da questa parte non verranno raccontate più di tante promesse irrealizzabili, che un processo è comunque in movimento, che chi ha voglia di fare, di partecipare spazio ne ha. Ecco credo che la ricchezza possibile di questo statu nascendi possa essere proprio nel superare i compromessi attuali riaprendo la speranza nelle possibilità della politica di cambiare davvero le cose. Molto si può fare a basso o nullo costo per modificare positivamente le nostre vite, decisioni coraggiose possono essere assunte e nuove alleanze internazionali possono trovarsi su interessi globali. Se non si troveranno, il clima, la sovra popolazione mondiale, la rarefazione delle risorse si incaricheranno di far detonare il nostro modo di vivere e di crescere. Ma questa è l’occasione di ritornare alla politica, di essere esigenti, di costringere le cose a muoversi ed evolvere oltre la ruggine dei privilegi Ed è quantomai necessaria da cogliere perché non ci assolverà nessuno, se per ignavia, o paura ci ritireremo nei nostri preconcetti, nei giudizi che includono il non fare, adesso è ora di esserci, di partecipare, pretendere ed è ancora possibile e pacifico.

Se non ora quando?

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