Un’attenzione non richiesta e non voluta, imbarazzante. Si ricorda di me, me lo dice, scava con fatica nei particolari. Si corregge, mi dà ragione se preciso, verifica se mi ricordo di lui. Mi ricordo, sorride e mi stringe ripetutamente la mano. Cerca una condivisione ed evoca trascorsi miei, importanze che non ci sono mai state o che, forse, non ho percepito appieno.
Sto aspettando. Lui lavora lì, bussa, entra e mi raccomanda. Non ho chiesto nulla, arrossisco. Mi devo schermire, difendere. Mi siedo e sorrido alla signora che mi sta fianco.
Non voglio priorità. Dico. Mi piace aspettare, se posso. Sono così pochi i momenti di quiete.
La signora mi guarda e restituisce il sorriso.
Si vede che non ha nessuno che l’aspetta.
Già, è così. Intanto esce, mi saluta e stringe ancora la mano, ammicca.
Alla fine, oltre all’imbarazzo, ho ceduto anche il posto che mi spettava.
Mi merito l’attesa, me la godo e la traccia di rossore che sento, la confino nel sole di questo marzo, che è altro. Che vuol essere altro, non io.
: )
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E’ vero, è bello riuscire a godersi qualche attimo di pausa e rallentare, io di solito ne approfitto per leggere 🙂
Proprio ieri in ufficio mi chiedevo (a voce alta) cosa sarà mai tutta questa corsa, a cosa serve e cosa si vuole dimostrare. Ceeerto, ad … arrivare primi!
Contenti loro (i capi), ma poveretti dico io.
Naturalmente io riesco sempre ad essere O.T. 😦
Buona giornata Will 🙂
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…..come diceva Totò in un film……”Signori si nasce”….. buona giornata!
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è il segno che un segno l’hai lasciato, willy: quando ti viene offerto qualcosa senza che tu abbia chiesto nulla. chi dà, prima o poi riceve, senza chiedere. chapeau 🙂
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ho avuto dei compiti, credo di averli fatti secondo quello che sapevo, ma era allora, non adesso e ognuno di noi conosce le sue insufficienze, quello che avrebbe voluto fare e non ha fatto. Che qualcuno si ricordi, mi fa piacere, ma ciò che mi stupisce è che si preoccupi di farmi qualcosa che è distante dalla mia testa.
In casa ciascuno, per onestà e orgoglio, si è tracciato una strada per suo conto, perché sembrava, e sembra, l’unico modo per essere eguali.
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