dire di no

In quei colloqui tra padre e figlio, dove emergono le paure del primo e le sicurezze del secondo, gli dicevo che quando ci si incasina la vita, nulla è mai definitivo, e che basta dire di no. Quando ci si vuol salvare, basta dire di no. Lo so che il no è una parola difficile, ci insegnano da piccoli ad abbandonarla, e quando si è dentro fino al collo, quel no, quella corda che ci potrebbe tirar fuori è ardua. Ma riconoscere che c’è una alternativa, che c’è speranza di star meglio, è un fermarsi a pensare, il presupposto per prendere un’altra strada.

Questo me lo dico, in questo periodo, dove lo star meglio è difficile, ed è una battaglia personale che corrisponde alla mia visione della vita. In passato, spesso la speranza l’ho usata per dire di sì, anche quando non ero convinto appieno. Il contrario della speranza, la disperazione, l’ho usata per il consumo, per non perdere le occasioni, per compensare ciò che mancava, ma così futuro non ce n’era, l’avevo negato in nuce.

Oppure ho usato il raccontarmela per evitare la rinuncia, e anche in questo caso sapevo cosa faceva bene e cosa perdevo, ma qui soccorreva l’onnipotenza e quella corda ardua del no la lasciavo perdere, dicendomi che tanto era meglio vivere e poi sarebbe visto. 

Finalmente è arrivata l’ora dei no per stare bene alle mie regole e ricostituire le riserve. Anche quelle perché, in fondo, nulla è usurante come i sì.

11 pensieri su “dire di no

  1. E’ vero dire no è scegliere.
    In “no” è la vera alternativa.
    Anche se costa tanto e a volte è straziante pure.
    In alcuni casi è indispensabile ed è l’unica via che fornisce una soluzione quando non è più sostenibile proseguire su una strada che non si percepisce più come nostra.

    Dicendo di sì non si sceglie sempre, capita che sia solo adeguarsi e non osare, oppure convenienza (sì, anche).
    O non voler scontentare.
    E quest’ultimo è l’acconsentire che personalmente trovo faccia più male.
    Si arriva ad un punto che ci si rende conto che se non si cambia non ci si riconosce più.

    Splendida e intensissima la foto del cancello che si apre su un panorama fantastico, delicato e sfumato e che trasmette infinita tranquillità.
    E’ una foto di grande speranza e fiducia, complimenti, beneaugurante per la tua nuova “avventura del no”, Will!

    E chi era quello che non riusciva a trasmettere emozioni attraverso i propri scatti?
    😉

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  2. http://www.youtube.com/watch?v=eThGx4wWeLM

    passiamo i primi anni della nostra vita ad imparare a dire si ed il resto a tentare di liberarci di questa accondiscendenza.
    e quando ci si riesce, dobbiamo stare all’erta perchè nessuno perdona il “no”. perchè il sì basta che sia sì, il no invece pretende delle spiegazioni dettagliate, delle giustificazioni al diniego.
    in questo momento penso ad un sciocchezza: quando si lascia qualcuno o veniamo lasciati la domanda è sempre “perchè? spiegami, motivami…”, ma quand’è che abbiamo lo stesso coraggio di questa domanda nel momento in cui qualcuno dice d’amarci?

    ci si lascia fare per non discutere, ma il benessere, non solo quello emozionale, ma anche quello psico-fisico, è nell’essere esattamente quel che si è, nella pienezza di noi e dei nostri nostri ai quali abbiamo imparato ad autorizzarci.

    ciao Willy 🙂

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  3. giusto ieri sera leggevo una cosa sul fatto che il “no”, a detta di Emily Dickinson, fosse la parola più sovversiva al mondo

    e non solo in senso politico ma soprattutto circa il processo di disvelamento della propria personalità

    vero, il sì può essere sudditanza acritica, inettitudine, didinteresse al coinvolgimentom tante cose…

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  4. Sì che predano energie, ma anche arrivare ai no non è uno scherzo.
    Il dopo, forse, pur provati, pacifica.
    Un saluto affettuoso

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  5. Il no incute un po’ paura. In certe situazioni bisogna arrivarci gradualmente. Tra il sì e il no, c’è il “vediamo”, spesso pronunciato per tergiversare fin che è possibile. Un po’ di praticantato qualche volta è necessario, almeno fin quando il “No” con la maiuscola non soffre di mutismo selettivo.

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  6. Ci sono momenti in cui il no non ha alternative. Ma per gestire ciò su cui non ho le idee chiare, uso spesso il non lo so, e non lo so davvero. Sarà che ciò che mi viene chiesto è poco importante per prendere un impegno, sarà che scavalcato il muro dei sì, bisogna pur mantenere qualche rapporto, fattostà che l’ignoranza paga e mantiene aperta una porta. Si vedrà.

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  7. Il “Si” è impegnativo… il “No” disimpegna a prescindere… anche in assenza di logica. Questo appartiene alla casta delle “paure terrene”… e non ci si può sottrarre. Neanche la logica ci aiuta… credo che l’equilibrio migliore sia sempre quello dettato dalla coscienza e dal cuore spruzzati entrambi da calici di fiducia ! Quando questi motori di ricerca interiori vanno a tutto vapore… non c’è Google che tenga, amico mio… sono a prova di figlio!

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  8. E’ vero Blu, il sì è impegnativo per chi vuole impegnarsi, forse per questo adesso lo adopero con giudizio. da queste parti si parla del muro dei sì ovvero di quelli che ricevono un sacco di sì, ma non accade nulla. Invece il no viene inteso come un rifiuto della persona, non è così, anzi credo sia un parlare tra pari senza cercare di compiacere. I no di cui parlavo con mio figlio sono quelli che fanno uscire dalle prigioni, ma bisogna aver voglia di uscire davvero perché, in fondo, i carceri della mente sono luoghi terribili e protettivi, usano il piacere come catenaccio, qui il no è difficilissimo e il sì la cosa più comoda e facile, ma per fortuna questa necessità non c’è.

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