Quasi tutti hanno gli occhi chiusi o altrove. La macchina fotografica è entrata nella casa, già ha modificato i rapporti tra l’apparire e l’essere. Atteggiarsi è più importante per dare misura dell’essere consoni al ruolo. Ognuna di queste persone ha una vita propria diversa. Siamo in Spagna, prima della grande guerra. L’interno è quello di una casa borghese, già si è superato il limite dell’affetto ottocentesco, il lei appartiene più ai genitori che ai figli. Il giovinotto segna il distacco pur mantenendo il legame. La posa, la camicia con il colletto rigido , il panciotto dal taglio elegante, lo fanno più adulto e un po’ zerbinotto. Ha già avuto le sue esperienze, i suoi amici lo attendono al caffè, è in apprendistato per il vivere. In Spagna ci sono i casini, i circoli dei borghesi, dei nobili, della caccia e via dicendo, ma fa fatica ad espandersi il cabaret, soprattutto in provincia. La ragazza si affida alla casa, ai genitori, le troveranno un marito, ma i suoi occhi diretti, gli unici che guardano l’obbiettivo, fanno presupporre una ingenuità, mista a coraggio. Forse il marito lo proporrà lei, anzi il pensiero è già presente. Si esce di casa presto, per maritarsi e per riprodurre l’agiatezza da cui si proviene. Lo status è un contenitore in cui le vite si sviluppano, un incubatore. Sopra l’ottomana, simmetrici ci sono i ritratti dei nonni, probabilmente entrambi morti, sono numi tutelari del ricordo di ciò che si è. I genitori sono intorno ai quarantanni, forse più giovani considerata l’età dei ragazzi, ma già molto maturi entrambi, infagottati negli abiti che diventano corazza verso gli altri e verso se stessi. I mobili, la tappezzeria, l’ampiezza della stanza e le suppellettili, testimoniano una condizione agiata. Adesso possiamo chiederci quali pensieri si aggirano nelle teste, quanto il fotografo abbia celato nel mestiere e quanto abbia lasciato trasparire nelle pose, nella noncuranza del marito sul bracciolo, nel comporre un ritratto rassicurante, che si avvicina più a quella del pittore che a quello di chi ruba lo sguardo e il lampo di pensiero. C’è un’apparente calma e unità, ma avverto una tensione che diverge, ogni persona ha un obbiettivo proprio. Quella che sembra con meno futuro, ovvero con un presente solido da riprodurre, è la madre. E’ ancora nell’altro secolo e la figlia cerca in lei l’affetto, non lo specchio. I due uomini si stanno rincorrendo, il padre tiene a bada, ha un buon controllo della situazione familiare, il figlio avrà le libertà che lui deciderà. Complessivamente l’affetto circola, non sono assieme per caso, la fotografia deve testimoniare un’unità, un come eravamo che sia esemplare. Se ci riesca o meno poi ognuno è libero di pensarlo. Mi interessano i pensieri, li sento tutti diversi, l’unità è il vincolo familiare, ma le vite divaricano.

Descrizione piena, per una fotografia d’impatto forte, per me.
DIS.
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Le vite divaricano com’è giusto che sia nel pieno riconoscimento della propria individualità,allora come ora. 🙂
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O come conosco questo bel “quadretto di famiglia “borghese”!,come so bene!
dove alla base del legame familiare,agisce il legame con lamadre (fattrice-produttrice)Idea che anche Goebbels sfruttò a suo uso e consumoMadre-patria-famigla.E fu proprio su questa ideologia che “scelse” le sue parole come motto dei suoi 10 Comandamenti nel calendario del popolo nazionalista del 1932.Indubbiamente,senza conoscerne i profondi nessi.”La patria è la madre della tua vita”.E fu da quelle parole lapidarie che si aprì la FESTA DELLA MAMMA (1933)
So invece di famiglie popolari che lavoraroro duro e insieme ci stettero solo per responsabilità d’amore.Ovviamente non per tutte fu così.Ma almeno lo “schietto” c’era e l'”apparire” corrispondeva alla sostanza della dignità del dentro che usciva dalla fronte e dagli occhi.Bianca 2007) Mirka
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Il padre è distratto, la madre, ben lungi dal sembrare una quarantenne, si guarda attorno con aria un po’ arcigna. Il ragazzino è palesemente in posa, atteggiandosi ad ometto, e la figlia, come hai giustamente scritto, è l’unica che non finge, e che guarda l’obiettivo.
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Pur amando la fotografia in genere e pur piacendomi molto le foto di un tempo, in questa qualcosa mi inquieta:
tutti sembrano in tutt’altre faccende affaccendati, tutti presi d’altro e per niente interessati al fotografo.
Insomma, non mi arriva nessuna idea di unità in questa foto e pertanto modestamente presumo nemmeno in questa famiglia …
Buona serata Will
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Trovo che sia una foto molto moderna. Non la posa ma la vita che traspare, e quello che di solito non si vede e la foto osa mostrare. E’ una foto oscena, nel senso di fuori dalle scene.
Secondo me dice tante cose interessanti. La donna appare molto vecchia per l’età che credo abbia. Mi ricorda alcune foto di mia nonna che impressiona per l’aspetto invecchiato. L’aria non è certo elettrizzante, serpeggia un atteggiamento indolente, come se fossero stanchi delle pose. Forse si sono a lungo preparati per questa foto, hanno indossato i migliori abiti, scelto con cura la disposizione dei mobili. Chi sa perchè avranno deciso di fermare con un fotogramma proprio “quel” periodo. La sensazione di un cambiamento nell’aria, una malattia, un matrimonio, chi sa… chi sa…
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A mio avviso il centro dei pensieri si concentra sui ragazzi, molto divaricanti da quel che percepisco, anche rispetto alla posa studiata. Il fotografo è davvero bravo, la sua regia si sente, ma i due soggiogati sono i genitori. La donna non arriva ai 40, e se si osserva la lunghezza delle gonne, il distacco con la figlia è pronunciato, è di un’altra epoca, e in quell’epoca con il matrimonio, salvo qualche caso, gli slanci finivano e le madri, le figlie, le nonne facevano gruppo, le vite esterne erano contigentate. E’ una cosa che mi affascina projettare sull’immagine quello che penso, le foto le ho fotografate (sic!) 🙂 in una sezione di un museo che ho visto in Spagna, ero solo in quella sala, per me era la più affascinante. Pubblicherò altre foto dell’epoca. Comunque ho anch’io l’impressione di una foto che non è solo un ritratto, ma il preludio di qualcosa e la necessità di lasciare una traccia di ciò che era.
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