Mi parlava del seno arrogante, della bellezza della sua amante, l’avvocato. Rideva, e gli occhi si inumidivano, commossi dall’attesa ricca di certezze. Con lo stesso gesto da difesa d’infamoni, ben usato in tribunale, insinuava il dubbio. Tanto convincente da sapere che non l’età, era più vecchio di me, ma il ruolo giocava molto in questo rapporto che a lui restituiva anni e a lei, interesse. Lo diceva, con le giuste sospensioni, quel confidenziale da giuria, fascinoso e ironico. Forse lo stesso che usava con lei e con chissà quanti ancora. Mi aveva spiegato che no, non fingeva in tribunale. Si convinceva prima della giuria e poi si lasciava andare nel mestiere. Gli veniva naturale anche fuori, come se nel tribunale della vita fosse possibile ottenere un’assoluzione per insufficienza di prove, oppure la non condanna per incapacità mentale di capire. Mi parlava del bisogno di sicurezza, di certezze che intaccano la realtà, le “prove”, del fatto che siamo uomini che parlano ad uomini. Questa del sesso era una sicurezza, una serratura per la sua vita, una conferma. Banale, vero? Me lo diceva conscio che in certi casi sappiamo tutto, come in tribunale, e che la parola attenua una sofferenza, rende leggera una consapevolezza, ma non la toglie, la accantona appena, cercando di rendere compatibile una realtà con l’uomo.
In realtà era come per l’attore, che vive molte vite che hanno una durata limitata, ma poi la propria la deve riconoscere.
Disse così, e mi riparlò dell’amante.
Non vorrei sembrare bachettona, perchè non lo sono (e poi ognuno è responsabile delle proprie azioni per sè ma anche nei confronti di chi gli è accanto),
ma se il tipo raccontava di un’amante, vuol dire che teneva pure una moglie … 🙂
E della finzione della sua vita e della sofferenza della di lui moglie, nessuna parola?
Conta solo l’esibire?
E il proprio personale tornaconto?
Come si fa a riconoscere la propria vita se una parte è celata o è divisa in più vite?
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probabilmente per chi è abituato a fingere e a dire, la maggior parte delle volte, fesserie è sicuramente normale…… Ti auguro un buon fine settimana!
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c’è un racconto molto intrigante su d di rep di oggi, scritto da chiara gamberale. uno di quei racconti che vorrei aver scritto io, che mi rende gelosa di lei. e parla di lui di lei dell’altra e di natale. non so se questo tuo post , che inizia provocatoriamente con la figura di un’amante e ce la ritroviamo pure alla fine volesse parlare di questo o più semplicemente ci descrive, come fanno i pittori con una pennelleta di colore, un personaggio.
ma ondina porta l’attenzione sul personaggio che apparentemente è muto, l’amante, e su quello che lei vede dietro una tenda, la moglie. perchè la moglie deve essere sempre sofferente? possiamo pensare che rimanga con suo marito per comodo, godendosi una posizione di privilegio, magari avendo a sua volta lei stessa un amante giovane con cui passare bei pomeriggi e raccontando alle sue amiche delle sue performances? questa foto della moglie sofferente è un po’ datata, penso.
buon week end robertì.
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Ha postato la mia canzone preferita in assoluto.
Grazie.
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@ missminnie:
può capitare pure che sia il marito a soffrire per l’amante che la moglie si è fatta ….
non trovi?
ho parlato di moglie perchè il soggetto principale, dotato di amante, è un maschietto, altrimenti avrei parlato della sofferenza del marito della fedifraga. 🙂
Certo, hai ragione, ci sono mogli che, pur a conoscenza del tradimento del consorte, non lo mollano per comodo o per altri motivi di interesse
ma per quel che mi riguarda e quindi parere personalissimo, in quel caso non è più un matrimonio … ma uno squallido uso reciproco.
Lieta di aver potuto scambiare qualche pensiero con te, missminnie, grazie, buonanotte, ciao
E grazie anche al proprietario del blog che ci permette di farlo… 😉
Buonanotte Will, ciao
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Spesso dal tono della voce si capisce anche ciò che la parola non dice. Il sesso come serratura e bisogno di sicurezze non è soddisfacente. Mi convince più il discorso sulle “molte vite”. La contraddizione è connaturata al desiderio e si fa beffa di ogni definizione dell’amore, nel tempo che passa si capisce che non l’amore, ma “gli” amori sono ultimi a se stessi in ogni istante nel divenire continuo della vita. Non la libidine, non la vanità, ma ciò che si ama, quindi gli amori che si fanno amare perchè sono belli, anche quelli che scivolano tra le identità che si confondono, nel rifiuto di ogni definizione, nel non detto, nelle velature. La trasparenza diventa illusione, l’ambiguità si avvicina alla verità, e tutto si trasforma di continuo. E’ sentirsi a proprio agio. Il ballo delle maschere che cercano il diletto è roba da baraccone. Il tono dell’avvocato mi pare quello.
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Scritto con l’abilità di un avvocato e gli avvocati si sa…anche se a volte possono commuoversi dell’aringa come dell’arroganza di un bel seno.Mirka
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giorni fa leggevo un piccolo saggio sul dopo ’68, e sugli effetti di quegli anni per quanto riguarda il rapporto con il sesso. E’ un tema che mi interessa assai. Ad un certo punto si sosteneva la necessità del giudicare per dare sostanza alle persone, per procedere oltre la permissività, ovvero non tutto può essere eguale. Questo devo dire che non mi riesce, non almeno in questa sfera. Posso dire ciò che mi va bene e ciò che mi perdo volentieri, ma il discrimine si ferma qui.
Della moglie che esiste, non dico nulla, credo che Minnie abbia ragione, nel senso che una propria vita ce l’ha, e del perché stiano assieme, di certo ci sono molte buone ragioni, anche affettive.
@Mòra: che nel sesso ci sia molto bisogno di conferma e sicurezza è cosa che penso. Credo anche che questo non sia una diminutio, ma parte del contenuto di ogni comunicazione profonda. L’amore è altra cosa e l’avvocato non era innamorato, almeno allora e non credo si sia accaduto nel frattempo, lo vedo nelle occasioni affollate ed è sempre una persona piacevole, ironica per il proprio successo. In fondo non ha molte identità, ne interpreta una in più della sua, quella del viveur un po’beffardo, che ha bisogno di raccontare perché, credo, la consapevolezza di essere il proprio successo ha necessità di pubblico selezionato.
Credo che tutti abbiamo bisogno di raccontare, ma non a tutti e non solo i successi. Questo lo riserviamo a persone in grado di capire i sentimenti e magari senza troppi pregiudizi. E’ solo una mia asserzione, senza pretesa di verità, ma ci penso molto, soprattutto quando si parla di ciò che è davvero importante. Passato compreso.
Condivido con te che l’illusione della trasparenza allontani la verità, è solo una scorciatoia per non far fatica con la complessità delle persone, ed è poi verissimo che gli “amori sono ultimi a se stessi in ogni istante”. Di questo, spero, riparleremo.
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Impeccabile commento,
signore della casa,abile quanto il “raccontar” dell’av. o del “processo a Giulio Cesare” sulla morale che a lui poco importava o sulla necessità di salvare roma costi quel che costi,spettacolo che solo pochi giorni fa ho visto e anche un poco interpretato.Commento ricco di logica e di “scienza quantistica” ma che difficilmente potrà accordarsi all’assoluto di un sentimento che ai compromessi sfugge pur comprendendone la “prassi” di ogni logistica logica.Ma non tutti sono poeti e donne “autenticamente” libere che,anche qua si sa,ai primi è dato il morir di fame e solo ai posteri la gloria imperitura,mentre alla seconda, tutti i prezzi da pagare confacenti alla libertà del volo coerente con la specie.
Mannaggia.Solo ora mi sono accorta che ho le dita macchiate d’0inchiostro fresco.Stavo scrivendo con la stilo,poi attirata dallo sbattere di finestra dello studio dove sta il computer ho sbriciato anche qui e ora anche i tasti sono macchiati d’inchiostro.Mannaggia a me che so curiosa e troppe cose insieme voglio fare.
Bianca 2007
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Non ho afferrato il senso dell’accostamento giudizio/sostanza/permissività del saggio sul 68. Posso ipotizzare il riferimento all’opportunità di discernere tra ciò che è necessario e ciò che non lo è, per evitare quel “maggiore incomodo” che dal piacere deriverebbe ( e per non diventarne schiavo – del piacere- invece che padrone). Epicureamente. Ma non so se è questo che intendi.
Anche io penso che nel sesso sia insito un bisogno di conferma; infatti la mia perplessità nel commento era relativa unicamente alla capacità di trarre soddisfazione dal sesso a scopo di conferma che rischia di ridurlo ad esercizio ginnico. Conferma di cosa, poi, è roba serissima: non penso interessi la funzionalità organica e neppure il ricorso ad un palliativo anti-noia, penso piuttosto che il sesso produca conferma circa la propria capacità di amare, e che questo bisogno di conferma sia molto spesso inconscio. Paure, sensi di colpa, si annidano in una generica angoscia che non sempre sale alla coscienza.
E’ così che un rampantissimo avvocato può tranquillamente essere defraudato da qualunque ruolo e potere una volta a letto con una donna che abbia consapevolezza degli affetti e delle emozioni che una relazione anche solo “erotica”comporta. Visto dalla parte di lei, insomma, qualunque status dell’uomo decade e non restituisce alcun “interesse” se l’uomo ragiona nel modo in cui l’avvocato si è espresso con te.
Allora riparliamo dell’ amore come divenire, come realtà ultima a se stessa, e come contraddizione sempre circustanziale al desiderio.
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volevo scrivere “consustanziale” e non” circustanziale”
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Avvocato o amante,ci sono delle foto che posti molto evocative.Quasi familiari.E questo è strano.Complimenti comunque.Il gusto per la fotografia non ti manca insieme all’intrigo delle parole intrecciate qua e là da razionalità e visioni.Notte,Mirka
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ciao ondina..quindi il gentiluomo willy c’ha detto che la signora non è affranta, ma si fa consolare dal suo mallory 🙂 ….guarda, ti dirò una cosa che a noi dure e pure può anche far inorridire , ma alla fine avranno capito più loro, quelle che non mollano la posizione e si dilettano con il mallory di turno, o gente come me che deve sempre combattere per avere uno staccio di assegno, che arriva solo dopo i vari pignoramenti?……quanto al sesso dopo il 68 devo dire che io sono una ragazza del 77 e noi si era liberate da mò 🙂
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Con tutti i dubbi e le riluttanze verso il giudizio, sono situazioni e stili di vita verso cui non riesco a nutrire empatia.
E’ più forte di me, mi sembrano sempre una specie di metodo Stanislavskij di massa.
Con la variante che si cerca di prolungare lo spettacolo in eterno.
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Quasi quasi,al prossimo incontro, chiederò all’avvocato se è felice. Secondo me, risponderà di sì, probabilmente si sente soddisfatto delle sue vite, neppure tanto inusuali e non credo indaghi troppo. In fondo, considerate le complicazioni ed intrecci delle vite che vedo, la sua è una vita semplice, meno cattolica di altre più trasgressive, però attente agli equilibri sociali di una media città. Eppoi non ostenta troppo, forse per questo mi è simpatico.
Non è questo il posto, ma mi pare che i concetti di amore, famiglia non siano sinonimi, che dopo il ’68 si siano aperte le cateratte delle interpretazioni personali, che non si sia ancora consolidato un nuovo modo di intendere collettivo su sesso, amore, famiglia. Nel saggio si sosteneva la necessità di applicare il giudizio, costruire una nuova morale, consolidare nuovi precetti per andare verso una nuova famiglia, un nuovo concetto di sesso, piacere, amore, responsabilità. Resto della mia idea che non giudicare, ma che l’applicare a sé ciò che fa bene sia l’unico discrimine che sento di tenere, assieme alla responsabilità.
L’amore è un progetto indeterminato, nel senso che è bastevole a se stesso, e che poi trova le sue forme di attuazione. L’ultimo amore è coerente con questo punto di vista, è un progetto ed è sempre il più grande perché riassume tutti i precedenti. Ma queste considerazioni hanno bisogno di uno spazio diverso rispetto ad un commento. Buon inizio di settimana 🙂
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