Credo che al di là dei nominalismi, del fascino delle parole d’importazione (indignados o altro), un sinonimo per la quasi perduta generazione, dei venti-trentenni, sia offesi.
Questa parte del paese è offesa perché privata di un orizzonte comune, di un ambito in cui poter dimostrare quanto vale. E deve valere, questa generazione, altrimenti non essa, ma il paese non ha futuro. Nei racconti, più o meno horror, della nuova chirurgia sostitutiva, si evoca ciò che potrebbe alimentare le banche d’organi, ovvero la donazione coatta o peggio. Ecco nel caso di questo nostro corpo sociale, una parte, quella giovane, sta coattivamente alimentando altra parte del corpo sociale. Sostituisce braccia, cuori, cervelli e capisce d’essere solo organo, non organismo.
I dati inps sulla gestione autonoma del popolo ( che è un modo per prendere in giro delle persone obbligate ad avere meno diritti) partite iva, informa che questa parte della previdenza, è in forte attivo: oltre 1.3 miliardi. Si dirà facile, questi contribuenti sono giovani, non hanno pensionati da sostenere, ma in questo caso non c’è accantonamento per le pensioni future, il gettito alimenta le altre pensioni, quelle dell’Italia dei pensionati baby degli anni 70-90, quelle dei trattamenti privilegiati e normali. Normale che che le persone attive assicurino i diritti maturati dalle persone in quiescienza, anormale che i primi non abbiano un orizzonte di diritti eguali.
Non mi interessano le guerre tra poveri, ma la questione del lavoro e della sua relazione con la vita privata e sociale dell’uomo, è il problema principale di questo paese. Senza una soluzione a questo problema anche l’evoluzione politica dell’Italia è bloccata, consegnata ad una sterile diatriba, tutta interna ai partiti, mentre cresce il partito dei no party, ovvero dei senza partito, dei senza storia, dei senza ideali. I bisogni non creano una nuova classe politica, ma certamente possono scrivere l’agenda delle priorità. La grande beffa è che in questo momento la crisi economica occlude tutto, e chi è più colpito dalla crisi dovrebbe fare lo sforzo di diventare un gigante, un soggetto che conosce il linguaggio sociale, che diventa alternativo e si struttura per restare permanente e alternativo. Gli esempi non mancano in Europa, i Grünen tedeschi, il nuovo governo Islandese, fino ai movimenti che stanno nascendo un po’ dappertutto, motivati dalla deprivazione di presente e futuro, ma anche da una carenza di evoluzione dei vecchi schieramenti storici di destra e sinistra, incapaci di affrontare una visione glocal del mondo.
Mi sono chiesto perché non c’è una protesta strutturata in Italia, perché ci sia sempre un ondeggiare tra entusiasmo e depressione, con vampate, che poi si spengono in fretta. Credo si tratti di una coscienza forte del proprio disagio senza un nemico certo, quindi priva di alleanze patitetiche, che manchi di base popolare (ma questo non è un problema, la storia viene spesso indirizzata da elites più sensibili) e che al tempo stesso, questa protesta, sia inserita in un sistema che sta ancora aggiungendo risorse private. Cioè il fondo del barile è nella famiglia, nei pochi risparmi disponibili. Ma anche nell’ideologia individualistica che è penetrata in questi anni di berlusconismo poco contrastato sul piano sociale e che porta il problema nella soluzione individuale, non collettiva.
Ci si lamenta della scarsa reattività dei partiti di sinistra riformisti, ma ciò che vive deve credere in sé. E se questo vale per il nuovo, vale anche per le strutture ormai moribonde, per le quali la credibilità verso se stesse è necessaria per conservare i privilegi. Bisogna saperlo e contrattare con questa esistenza, oppure avere sufficiente forza per ribaltarla. Molto spesso tutto finisce per inclusione e la protesta non assume sostanza politica di cambiamento. Una coscienza collettiva dell’offesa, può cambiare le cose, se ha la capacità di inserire le ragioni della protesta nella politica. E soprattutto se è in grado di pervicacemente insistere, mostrare, far diventare moda (in senso statistico) ciò che è percepito come marginale. Mi sono chiesto spesso cosa manchi all’Italia perché si attivi una vera protesta, non ho risposte, casomai sensazioni. Una di queste è, la discontinuità della protesta, la sua episodicità che sembra non testimoniare un problema vero. La seconda è la mancanza di una piattaforma comune e di obbiettivi raggiungibili. Il tutto deve essere esplicito, alla luce del sole. Non importa quanto alti siano gli obbiettivi, ma chi li propone dev’essere convinto che sono raggiungibili. La terza condizione è che i movimenti, forse per preservare una purezza presunta, non cercano alleati con cui parlare da pari a pari. La quarta ragione è che solo una ristretta minoranza di giovani è convinta che il proprio futuro passi attraverso una propria protesta collettiva, gli altri sembrano occupati in altro. Tutte queste condizioni possono essere mutate, ad esempio quanto ho citato sulle pensioni mi fa pensare che possibili alleati naturali per la soluzione dei problemi della generazione senza diritti, dovrebbero essere i beneficiari di questa situazione, cioè i pensionati. Ma per far questo non basta la giustezza delle ragioni, serve la capacità di tessere alleanze, il non isolarsi. Molti, come chi scrive, è dalla parte di questi giovani, disponibile a battaglie comuni e sente la loro condizione come offensa. Creare alleanze con i padri è forse la novità e il discrimine di questa stagione del mondo, ma si può fare. Si può fare.
Nei prossimi giorni ci sarà una manifestazione nazionale sul precariato, se accanto alla protesta “ufficiale” dei sindacati e dei partiti di sinistra, ci sarà una presenza grande dei senza partito, dei diretti portatori di bisogni, ordinata, con il silenzio di chi è senza parola in questo Paese, senza furia ed incidenti che alienano ogni consenso, ci sarebbe un enorme impatto ed un segno di identità e di forza. La vera premessa per quel partito nuovo, il no party progressista e risolutore dei problemi che non solo i giovani vogliono.
p.s.esiste un blog che parla di queste cose, imparo molto da ciò che vi leggo: http://noclaps.wordpress.com/
Non lo sapevo, mi interessa molto……sono anni che aspetto una cosa del genere, vado subito a visitare il blog, grazie per l’informazione!
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Bello l’articolo su Noclaps.
E nel tuo esprimere ho un po’ rivissuto mio padre.
DIS.
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magari mio figlio non ha la tua stessa opinione. O forse sì, mi conosce bene ed è un critico amorevole e severo, glielo chiedo 🙂
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Tieni vivi i neuroni e questo me gusta.Ciao baby-over Besos,Bianca 2007
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nei miei tunnels tengo allegri i neutrini 🙂
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Allora, ho letto il tuo post praticamente appena l’hai pubblicato. E’ da allora che il tuo offesi in grassetto risuona nella mia mente. E’ una definizione interessante anche se la mia riflessione mi sta portando a un termine diverso. Poi ti dico, anzi scrivo, che per ora sono abbastanza confusa.
Grazie Will.
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