Hai calzoni larghi e stretti alla caviglia, lino credo. Sara’ la moda di quest’anno. Tinte pastello con un verde giallo che non ricordavo nei colori dell’anno. Ti stanno bene sotto il camice aperto. Dopo tanti anni che non ci vediamo, sei rimasta dove ti ricordavo a crescere tra ambulatori di clinica e pazienti in attesa. Stamattina pensavo con fastidio ai miei molti anni di sanità, allo squallore dei nomi dei farmaci accumulati sui tavoli alle apparecchiature luccicanti di vetro ed inox, alle attese inutili provocate dalle chiacchere dentro gli ambulatori, al mio guardare da fuori, essendo dentro. Persona informata dei fatti, anche dei moltissimi positivi, naturalmente.
Ti ricordo alle assemblee, c’erano i medici democratici, gli infermieri, gli operai della manutenzione e delle lavanderie, i cuochi che facevano capannello a parte, gli impiegati. Ero più giovane, informatico e sindacalista, dovevo capire il mondo partendo dallo specifico. Ero parte di quel mondo chiuso che era un asylum bisognoso d’aria, ma ne ero fuori, come succede a tutti quelli che non fanno l’attività principale.
Spesso parlavo, mi succede anche adesso, inseguendo un’idea. Di te ricordo, voce, volto e sorriso, gli interventi si perdono. Eri specializzanda e per fortuna, ti piaceva il caffè. Il caffè è la cosa più naturale per parlar d’altro, al bar si parlava della vita. Tu della tua, ascoltavo, come sempre, e anche allora non dicevo molto di me.
Saluti, ricordi il mio nome. Il tuo l’ho ripassato sulla targhetta del camice. Mi chiedi del sindacato, della politica. Scherzo sulla mia carriera, e tu, sulla tua. Entrambi siamo andati via da qualcosa. La fortuna è avere argomenti che non siano il passato, e allora parliamo di vacanze, di Africa, di luoghi, persone, di futuro. Hai sempre una voce abbassata dal fumo.
Non siamo reduci da sogni, questo in fondo ci ripetiamo, servirebbe tempo per immaginare cos’è ora il mondo che vorremmo. E tornando verso la sala d’attesa, mi pare che le parole lascino una scia, come una guida per ritrovare una strada.
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Ciao, arrivo qui da “in parole semplici”…..ho notato solo ora che avevi un blog qui in wordpress….pensa un pò, dopo tempo che leggevo i tuoi articoli…sempre emozionanti, apprezzo molto il tuo modo di scrivere. In questo post si legge molta amarezza per ideali e sogni che poi nel tempo vengono infranti……pesno che sia così un pò per tutti, tranne quelli che continuano a vivere con il paraocchi….che si rifiutano di vedere la realtà. Bello come sempre, ti auguro una buona giornata.
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