bollettino

Le parole del presidente sono scandite nel silenzio. A tratti, un raschiare, imbarazzato, di gole che scorrono la relazione, scritta con caratteri grandi e molto grassetto. Procede per asserzioni: sfide, problemi, colpe, perdite. Il governo è sotto accusa. anche se quasi tutta questa sala lo vota. Sono costruttori edili, non comunisti. Andavano bene i democristiani, quelli sì che sapevano cos’era la malta, la fatica del sole che dai campi si era trasferita sui tetti, la crescita per campanili. Questo Berlusconi ha detto che era uno di loro, ma era una finta. Mica sapeva davvero cos’era un cantiere, la malta, il sole d’estate sui tetti.

Le hostess alle loro convention sono sempre belle. Tubini neri, succinti, pochi reggiseni, tatuaggi discreti. Immagino sia il target dei sogni di categoria, l’immaginario dei figli imprenditori, perché qui il passaggio generazionale è cosa concreta come i rolex d’oro, le ferrarine o le maserati. La discrezione e l’apparenza si sposano, fanno fare affari, ma in fondo nessuno ci crede davvero e queste ragazze sono il metodo e la coscienza applicata al business. La famiglia è altra cosa.

Ma c’è crisi, rispetto agli anni scorsi sono diminuite le consorti biondissime e le Ferrari, tutte rimpiazzate dalle solitudini e dalle Bmw. Anche la sala, che era sempre strapiena, adesso ha larghi varchi.

Il bollettino continua: 230.000 posti di lavoro perduti in Italia, 2000 nella città e provincia. La CIG ha attenuato le perdite, ma sotto un certo limite spariscono le aziende. La nave non galleggia più.

Scadisce l’accuse nei confronti delle banche fedifraghe che non finanziano, pronte un tempo a lucrare sulla crescita, ora si negano agli appelli disperati, nascoste dietro Basilea 3.

Mi guardo attorno, quelli che stanno bene hanno ripreso a chiaccherare, altri ostentano sorrisi, se li guardi, e tacciono.

I cadaveri in economia, puzzano subito ed attivano un movimento innaturale che allontana la riva, una selezione per cui chi non ha forza, annega. E con lui le persone che lavorano nell’azienda. Bisognerebbe interpretare con le categorie di Nash i percorsi delle persone che si aggregano e sciolgono, il tenore dei discorsi, come si formeranno i tavoli per la cena.

Adesso il relatore, elenca i progetti dei grandi architetti che hanno firmato i progetti della città nuova. Torna il silenzio. Qui non amano i grandi architetti. Non aiutano, sono bizzarri, fanno cose invivibili e invendibili E costano. Sono solo belle e néanche sempre. Pare che in architettura ci sia una via di mezzo che assicura la soddisfazione di tutti, l’architetto medio, ma adesso non interessa più, qui sono alla canna del gas e sarebbero morti tutti, se non l’avessero già tagliato, il gas. Hanno bisogno di vendere, non di sognare e a questo  non servono più i gadgets delle convention, le amicizie, le reti.

Le parole sembrano strisci sul vetro. Non è un grande lettore il presidente, i basta si inseguono, sono troppi, si annullano, ma c’è l’atto di coraggio finale: noi ci siamo.

Già, ma chi? Mi guardo attorno, mancano conoscenti, quelli spariti quest’anno.  Capisco che ci sia un’eleganza, uno stile, anche nei naufragi. Qui lo stile è il silenzio. Molti di loro sono partiti dal cantiere, dalla piccola costruzione sino alle grandi opere. La complessità gli è nata tra le mani finché ancora queste pensavano, con il ferro da costruzione e la calce che non andavano mai via davvero. C’erano operai da spostare su più cantieri, crediti da trovare, macchine da comprare e materiali, e appalti, e costruzioni banali di cui andare fieri. Ci sono stati anni che ruggivano come una fornace, anni di sacco del territorio dove la burocrazia, le regole non reggevano la domanda, il mercato. Scempi immani permessi da quella politica che ora sembra essersi allontanata da loro. E loro non capiscono. Non capiscono come navigare, perché non ci sono stelle, non c’è direzione o piano, non c’è luce, oltre a quella che sta nei cervelli.

Gli interventi si susseguono, cresce la noia, ma bisogna arrivare all’ora di cena. Qui si mangia bene, il vino è ottimo, la conversazione sarà leggera, ricca di sfottò.

Molti padri sussurrano ai figli cinquantenni, commenti preoccupati. Il passaggio generazionale è anche questo, solo che la staffetta qui dura a lungo, come per le successioni in cui i re non se ne vogliono andare ed il principe invecchia.

Fuori stanno apparecchiando, i vetri rilucono, tra poco sciameremo tutti sul prato.

La notte sarà noiosa e lieve. 

p.s. forse i costruttori la usavano come ninna nanna

4 pensieri su “bollettino

  1. a me mettono tristezza lo sciampagnino, le ferrari,le bmw, le hostess giovani adocchiate porcatamente, i fermasoldi d’oro con gli svaroski, per l’assurdo mi piace marchionne con i suoi golf blu , ma almeno capisci che lì c’è veramente il potere e non la patacchina dorata. ll resto è molto tramonto berlusconiano.
    sono molto distante da quel mondo, grazieadio. neanche obbligata per lavoro a frequentarlo.
    ci sono cose che neanche mastercard può pagare 🙂

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  2. Ma che mondo frequenti? Sei forse un attento osservatore alieno delle convention di Confindustria o un infiltrato speciale? Dopo questo tramonto, nonostante le mastercard, quale alba?

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  3. Per compiti diversi, da molti anni sono invitato a questi appuntamenti annuali. Fa parte del mio lavoro sapere dove va la nave in cui sono. Sull’alienità condivido, per me sono relazioni aziendali, spesso mi diverto ad osservare, qualche volta m’incazzo e non mi sono mai fatto un amico in questi luoghi.
    Se mi chiedi dell’alba, non ne vedo, il mercato non lavora per il benessere, ma per il profitto. Troverà la sua strada il mondo, non una parusia che lo tolga dai problemi che solo l’uomo può risolvere.

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