I giapponesi sono per la stragrande maggioranza shintoisti. Non si preoccupano dell’aldilà:
il loro divino è in quel che possono sentire e percepire.
Le catastrofi non li annientano, perchè si piegano come giunchi e si rialzano, sentendosi accompagnati dai loro kami.
Grande insegnamento, grande forza interiore, grande risorsa per ricominciare.
C’è una cosa Willy che mi ha colpito del nostro relazionarci al dolore dei “terremotati”: l’osservare e ammirare la loro dignità. Ove con dignità si intende il non strapparsi i capelli in diretta TV. Mi stavo domandando chissà poi perché abbiamo così tanto bisogno di vedere gente che affronta il dolore in maniera “composta”?
@ Faty: la nostra ammirazione credo dipenda dalla sensazione di equilibrio e pudore che viene da questo popolo, una educazione interiore ai sentimenti che si contrappone al disequilibrio in cui viviamo. Enfatizzare ciò che non ci appartiene culturalmente è sempre sbagliato e non fa onore a chi ammiriamo, piuttosto rende evidente la sguaiataggine nell’esprimere le emozioni, i desideri con l’esibizione di questi. E non è cosa che data da molto.
@ Ghibli: condivido tutto, anche il fascino che suscita una applicazione così profonda e concreta del sentire il divino nel vivere.
IL ROSMARINO,
forse non è che la mediazione tra la realtà della vita che procede e il compimento della stessa avvenuta dal singolo per il suo personale cammino,per catastrofi naturali o…per mano di altri.Intreccio di leggi superiori,di destini,di pathos più o meno visibile o occulto,col rosmarino che parla di continuità al di fuori d’ogni umano volere.
In questo periodo ho poca disponibilità a soffermarmi su quanto scrivono i blog amici,ma quando lo faccio,come ora,non ne sono pentita.Un’EVVIVA al rosmarino e agl “altri” che ne hanno cercato di minarne prematuramente la vita affido la “condanna” alla coscienza esercitata dal rigore di un’etica e a quel Dio che solo attraverso la Bellezza riusciamo a percepire che c’E’.Bianca 2007
I giapponesi sono per la stragrande maggioranza shintoisti. Non si preoccupano dell’aldilà:
il loro divino è in quel che possono sentire e percepire.
Le catastrofi non li annientano, perchè si piegano come giunchi e si rialzano, sentendosi accompagnati dai loro kami.
Grande insegnamento, grande forza interiore, grande risorsa per ricominciare.
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C’è una cosa Willy che mi ha colpito del nostro relazionarci al dolore dei “terremotati”: l’osservare e ammirare la loro dignità. Ove con dignità si intende il non strapparsi i capelli in diretta TV. Mi stavo domandando chissà poi perché abbiamo così tanto bisogno di vedere gente che affronta il dolore in maniera “composta”?
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@ Faty: la nostra ammirazione credo dipenda dalla sensazione di equilibrio e pudore che viene da questo popolo, una educazione interiore ai sentimenti che si contrappone al disequilibrio in cui viviamo. Enfatizzare ciò che non ci appartiene culturalmente è sempre sbagliato e non fa onore a chi ammiriamo, piuttosto rende evidente la sguaiataggine nell’esprimere le emozioni, i desideri con l’esibizione di questi. E non è cosa che data da molto.
@ Ghibli: condivido tutto, anche il fascino che suscita una applicazione così profonda e concreta del sentire il divino nel vivere.
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IL ROSMARINO,
forse non è che la mediazione tra la realtà della vita che procede e il compimento della stessa avvenuta dal singolo per il suo personale cammino,per catastrofi naturali o…per mano di altri.Intreccio di leggi superiori,di destini,di pathos più o meno visibile o occulto,col rosmarino che parla di continuità al di fuori d’ogni umano volere.
In questo periodo ho poca disponibilità a soffermarmi su quanto scrivono i blog amici,ma quando lo faccio,come ora,non ne sono pentita.Un’EVVIVA al rosmarino e agl “altri” che ne hanno cercato di minarne prematuramente la vita affido la “condanna” alla coscienza esercitata dal rigore di un’etica e a quel Dio che solo attraverso la Bellezza riusciamo a percepire che c’E’.Bianca 2007
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