scie di buio

Improvvisamente la luce se n’è andata. Si sono accese le luci d’emergenza all’esterno. Il frigo, la caldaia, la pompa dell’acqua hanno taciuto. Così è cominciata l’attesa. Nell’oscurità si capisce che il tempo è soggettivo, rallenta, rarefa quando l’attesa di qualcosa d’imminente diventa il pensiero principale. I gesti quotidiani, le sequenze preordinate, così automatiche, diventano difficili. Capisco perché nelle difficoltà le persone s’aggrappano alle abitudini, invertono le priorità, si dedicano al marginale. Mettere a posto un orologio, sistemare una cosa fuori posto, cercare un oggetto, il tutto per rifugiarsi in uno spazio a-temporale dove non accade ciò che sta accadendo. L’ho visto nei momenti di pericolo, e mi torna in mente adesso, mentre cerco di capire che fare al buio. Il cellulare funziona, ci scambiamo notizie, ma la luce non torna. Comincia a far freddo. Il buio non governato è nemico, oppure bisogna accettarlo senza correzione, e non ho a disposizione un gesto di volontà che lo rischiari come vorrei. Accendo una candela. La sfera di luce genera ombre, rassicura, ma non permette di fare nulla di quanto programmato. Attendo. Mi siedo e lascio che il tempo rimodelli quanto dovevo fare, sposto appuntamenti. Spengo il cellulare. Attendo  e mi adatto al tempo. Penso. Quietamente penso. Un tempo era sempre così ed il mondo si muoveva con questo ritmo, sotterraneo e silente. 

Verrà l’ooooh liberatorio dal vicolo, ma adesso non ho fretta.  Quasi mi dispiace, è diventato prezioso questo spazio.

 

7 pensieri su “scie di buio

  1. sai willy, il mese scorso a milano sono stata invitata ad una cena presso l’istituto dei cechi:
    “dialogo nel buio”
    …bellissima esperienza, buoio totale, proibiti cellulari, accendini, pile, borsette tutto lasciato in un’armadietto, la chiave di questo al collo, una collana talismano per ritrovare la luce.
    solo la compagnia delle voci, dei sapori da scoprire, la leggerezza di affidarsi alla guida amica del cameriere, che posandomi una mano sulla spalla e sfiorando leggermente il velluto che la rivestiva è riusciito a capire di me più cose di chi mi conosce da tanto.
    sensazioni diverse, prima l’euforia un pò impacciata di una gita scolastica, poi tanti silenzi…e tutti penso abbiamo capito di quanti inutili orpelli ci circondiamo.
    quello che contava era solo la voce…le parole un peso diverso.
    ascoltare veramente è bellissimo.
    ..uno spazio prezioso, appunto.

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  2. sai che lo penso ogni volta che leggo al freddo. Mi viene in mente che Dickens scriveva a letto, sotto le coperte, senza muoversi per giorni, perché non c’era una stanza calda e il buio arrivava prestissimo.

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