Ci sono angoli preclusi all’uomo, luoghi dove non entrerà mai, sia che si sforzi ed agisca per convinzione o prepotenza.
In Cina nacque una vera lingua, con letteratura, insegnamento parallelo, sogni e realtà d’un mondo altro, segreto e interdetto all’uomo. Che del resto non se ne curava, tronfio nella sua convinzione d’essere superiore e domino.
In Grecia, ed ancor prima, forze telluriche si ripetevano nei misteri dionisiaci, mondi potenti e paurosi, segreti veri, in grado di fare a pezzi l’autorità e la convenzione del ruolo maschile.
In maniera molto più immediata, oggi, nel mondo dei blogs, molte donne hanno una vita diversa e propria, segreta rispetto a quella quotidiana. E parte del loro mondo viene finalmente narrato, esposto sulla soglia della penombra, generando soddisfazione senza mostrarla, concretezza al sogno, nel mentre, al massimo, gli uomini cercano la realtà.
Coltivare il segreto alla luce del sole, è un invito all’essere nascosto e vero che alberga nel profondo a superare la soglia della confidenza. Al leggere tra le righe, all’alludere e all’ intuire, in un gioco di rimandi che maschera l’esplicito, lo confina quasi a mera superficie. Solo le confidenze tra donne, altra pratica che gli uomini non capiscono, al massimo temono e solitamente rimuovono, possono avere tanta esplicita alterità.
La potenza di internet è di poter essere altro per essere sé stessi, e supera le convenzioni, l’educazione, la norma del lecito definito. Chi più delle donne, oggetto massimo di convenzioni e limiti, poteva intuire la forza scardinatrice di una “stanza tutta per sé” esposta ed al tempo stesso segreta?
Le donne immettono potenziali seduttivi sconosciuti, emerge un don Giovanni femminile ignoto anche a chi lo esprime. Esse stesse assistono, con meraviglia, ad effetti che hanno legami labili con la causa, come venisse letto il pensiero prima che si formi, il desiderio inespresso, l’allusione finalmente colta nella sua potenza ammaliatrice.
Gli uomini, al massimo, possono seguire, intromettersi prepotenti, ostentare forza, intelligenza o stupidità con lingue povere, ricche solo di codici banali. Coercendo e parlando d’altro, come accade in casa, quando basta alzare la voce, deviare il discorso, usando priorità ch’essi stessi hanno bisogno di credere più forti della comunicazione. Quante volte la differenza è lo sport, oppure la politica, o il discorso volgare, oppure il lavoro mai compreso, ma comunque più importante? Qualsiasi peculiarità “maschile” viene assunta a diversità equipollente, basta illudersi sia sufficiente a ristabilire distanze e supremazie, come pensare che basti possedere un uccello per fare la differenza.
Penetrare la testa delle donne è una presunzione, un tempo si pensava bastasse ridurle a schema compreso nel ruolo, oggi anche il silenzio, suprema risorsa del capire, è insufficiente. E le donne lo sanno, quelle interessanti lo sanno, e sorridono, giocano, parlano tra loro e a chi intende, nella lingua segreta dei cicli, dei sottointesi, della seduzione del diverso alto. E lasciano che gli uomini intuiscano la loro minorità, l’esclusione inclusiva, il vedere senza capire davvero. Così, senza cattiveria, solo per coscienza e diversità.
p.s. per capire, anche solo malamente, bisogna fare fatica e considerarlo utile, altrimenti il parlare diventa rumore di fondo.
AFRODITE
e il suo mito si ripropongono giocando col bersaglio intuendo di conoscerne il centro prima ancora di averne coscienza nel mentre psiche se la ride e ride.
Ciao,maschio.Bianca 2007
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Posso permettermi, Willy, dall’alto del mio essere donna?
Io eviterei parlare di superiorità, sai, e anche di farne balenare l’idea, per le donne esattamente come per gli uomini: esseri profondamenti diversi tra loro, certo, ma diversi e basta.
Tutto quanto tu osservi è vero e ne convengo con te: la lingua segreta delle donne e il loro relazionarsi cifrato è una realtà, ma non è un aspetto legato a doti genetiche superlative, piuttosto è quasi sempre il risultato di secoli di nascondimenti, di sentimenti e voli soffocati, di intuizioni inespresse: la risposta creativa alla storia oscurata dell’altra metà del cielo, quella spesso segregata, spesso senza voce.
E’ stata la nostra salvezza creare spazi espressivi così “abili” e sofisticati, sì, la nostra risorsa eccellente, ma è stata anche una scelta obbligata e oggi forse potrebbe trasformarsi nella nostra più tragica sconfitta, intesa come incapacità di mostrarci alla luce, con una lingua comprensibile a tutte ma, soprattutto, a tutti.
Le donne devono ancora imparare il coraggio e la temerarietà del parlare diretto, del fare a meno del sottinteso, dell’espressione della propria volontà e del proprio desiderio in termini netti, depurati da ambiguità e allusioni, usando e osando anche parole e concetti crudi, se necessario.
Invece spesso molte di noi si rifugiano ancora in certe trame opache di parole, si auto-infliggono e rinnovano all’infinito lo spazio della segregazione; certo, spesso vi sono ricacciate anche dal giudizio severo del mondo, quello che si condensa in un “è poco o per niente femminile”, detto a proposito di donne che parlano e pensano schietto.
Ti scrivo queste cose poiché ho piena fiducia nella tua buona fede, ma penso che sia giunto il momento di togliersi di dosso le maschere e le contraddizioni dei ruoli, cominciando a divenire consapevoli del fatto che certi condizionamenti residuali passano per viuzze segrete, per trame sottili, apparentemente innocue, roba che ti ritrovi addosso senza accorgertene.
Hai mai pensato alla splendida qualità “paritaria” dell’aggettivo consapevole/i?
Uguale al maschile e al femminile, nel plurale e nel singolare…
Un abbraccio
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Riconoscendo la superiorità del femminile, in fondo manifesto una mia forza, quella del riconoscere il diverso e la qualità,Tereza, ma io non capisco più di altri. Posso avere una sensibilità, che oscuramente mi sollecita.
Uscire dai ruoli, e ne hai ben ragione, è la sola via per una comunicazione paritaria. Ma i ruoli fanno comodo ad entrambi e se io riconosco la differenza femminile, la sento più vicina al mio sentire, al tempo stesso so ancora chi sono. Non mi confondo, mi dò ragione dell’esclusione di genere. Troppo substrato per ora pesa e non riesco neppure ad immaginare cosa sarebbe davvero un mondo paritario in cui la differenza venisse messa a disposizione dell’altro senza richieste in cambio.
Mi piace la tua analisi e anche la riflessione sul consapevole. Ora essere consapevole in me fa la differenza del sentire la difficoltà e se posso aggiungere, il tempo perduto.
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hai colto con finezza la vita segreta delle donne
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“Ma i ruoli fanno comodo ad entrambi e se io riconosco la differenza femminile, la sento più vicina al mio sentire, al tempo stesso so ancora chi sono”
Capisco, sapevo bene (ero e sono consapevole) di questo mentre scrivevo il mio commento, che non andava però nel senso del disconoscimento della diversità, qualità da preservare anzi a tutti i costi: annullarla serve solo a creare quegli orribili cloni di donne-uomini e viceversa che vediamo intorno a noi.
Parità non significa mai assimilazione di un genere all’altro, solo uguali chances per entrambi i generi, soprattutto in tema di educazione e di espressione.
Trovo ‘ perfettamente comprensibile che tu riconosca il tuo essere uomo nell’osservare la diversità del femminile: posso dire tranquillamente che il contrario vale anche per me, mi ci riconosco anch’io.
Quel che volevo “contestare” è la necessità/schiavitù/falsa potenzialità data alle donne dalle donne con l’auto-segregazione in un mondo chiuso, dotato di una lingua segreta e cifrata, fonte spesso di contapposizioni e odi interni al loro stesso genere, mi spiego?
Perché non provare a chiamare le cose con il loro nome? a voce chiara e senza sussurrare tra pareti di luoghi metaforicamente chiusi?
Si spaventerebbero gli uomini, forse?
Non tutti…
Perderemmo qualcosa, forse?
Niente rispetto alla visibilità concreta.
Sai, Willy, a volte certe prigioni che fanno apparentemente comodo a tutti, rinchiusi e osservatori, coincidono con il limite e la sconfitta di tutti, rinchiusi e osservatori.
Ciao, un abbraccio
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la scelta di un codice comunicativo è sempre un fatto escludente. Positivamente escludente, perché noi parliamo ai simili, ai potenzialmente simili, a quelli che vorremmo ascoltassero. Ciò che dici non è alternativo, si possono chiamare le cose con il loro nome,anzi si devono. Ci sono ambiti diversi dove il bisogno di verità è forte, pensa alla politica, oppure il lavoro, ma esiste una sfera personale dove non a tutti si dice tutto e le scansioni di scelta sono basate sulla fiducia. La scelta è una prigione? Non credo, anche perché la modalità per capire se l’altro ci interessa, ovvero se noi interessiamo a lui è sempre possibile. Della tua scrittura ho sempre apprezzato molto la chiarezza, il dire senza sott’intesi, è il tuo stile, ma credo esista uno specifico femminile, anche tuo, che è fatto di codici, di sensibilità, di consapevolezze difficilmente trasmissibili se non a chi ha provato le stesse esperienze. E che tu parli in maniera diversa agli uomini o alle donne, scrivendo le stesse parole. Questo in generale, ma quanto e come rivelare di sé è una libertà non una prigione. Tieni conto che il mistero, il velare e il ri-velare fanno parte di un gioco seduttivo che ha una potenza comunicativa fortissima e che si esercita molto tra generi. E in questo mondo, apparentemente virtuale, trova posto, ne fa parte e chi lo sceglie parla con sé oltre che di sé con gli altri, si scopre mentre decide quanto coprire il sé. Posso essere nudo, ma il mistero che mi circonda è intatto- Lo dico per esperienza personale, perché la nudità non comunicata nel profondo è solo apparenza, ciò di cui parlo è il comunicare le nudità senza apparenza e che l’abitudine delle donne alla confidenza tra genere ha fondamento nel genere. Una forza comunicativa che forse potrà essere ricondotta ad un codice comune, forse. Ma che non so se entrambi i generi vorrebbero.
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Posso aggiungere poco a questo dibattito, ma sono contento che sia stata una donna ad esprimere su questo argomento un punto di vista che condivido assolutamente.
Credo che questa dismissione (peraltro scomoda, controversa e incerta) dei ruoli tradizionali abbia lasciato, tra tutte le (momentanee?) conseguenze in negativo, una profonda inadequatezza del linguaggio.
Tutti i linguaggi sono convenzioni adottate per comunicare – se posso dirlo un po’ fuori dai denti, di un linguaggio che serva solo a marcare una differenza posso avere ammirazione o subire il fascino, ma alla fin fine capisco di non saper che farmene.
Come sai, leggo molte donne del web, ma talvolta le trovo insopportabilmente autocelebrative.
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sulla autocelebrazione del genere la penso come te, Rob, ma anche i maschi non scherzano. Sulla comunicazione e sul linguaggio bisogna almeno essere in due e non è detto che da queste parti si sia in due.
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