un passo oltre il limite

 

Prendiamo farmaci per conservare la memoria,  in palestre tecnologiche attiviamo endorfine per dimenticare. Procedendo per ossimori navighiamo decisi verso l’infelicità come condizione vitale, mentre le volte che siamo felici, l’ossimoro è scisso e ne scegliamo la parte immemore: quella del qui e ora.

Bisogna accettarsi, fare un passo oltre il limite che ci si è posti – è passata quasi un’ora – fanno 100 euro.

Quando si è stati troppo dentro di sè e si riemerge, intorno le cose hanno dimensioni strane: le facce, le ore non son giuste e l’aria taglia il viso e le mani e stupisce perchè non è lei quella che conosciamo. E offende, anzichè accarezzare, e risveglia senza garbo, togliendo una goccia di saliva dimenticata al bordo della bocca, così, di malagrazia. 

Appena fuori, le gocce scorrevano e sbavavano le luci. E’ solo tempo perso -pensava- è solo inverno, anche dentro, ché di primavera la luce accende la pioggia, colora l’incolore e la porta verso il verde. Basta guardarla che, tiepida, ripulisce dentro. In questo freddo, l’acqua è incongrua, nè carne, nè pesce, è solo fastidio.

Ma così si pensa ad un passo oltre il limite dell’autunno. I dolori, in primavera non sono meno feroci, c’è solo l’attesa dell’estate che salva, del sole, del corpo immerso nell’aria e nel calore, delle giornate lunghe che neppure sembrano, perchè la notte non basta e il giorno corre.

Con cerchi oscillanti andava verso una decisione a termine: sapevo che sarebbe durata finchè non ci fosse stato un nuovo singulto di memoria. Che a raccontarlo fanno 100 euro. Siamo fatti malamente, ci manca troppo il nulla che non c’è per sua natura, eppure dovrebbe -o potrebbe- esserci e così si frusta la convinzione d’essere impermeabili, di aver veduto e vissuto a sufficienza per imparare. Mentre il freddo non si impara e imbeve tutto e piega la bocca quando ti parlano d’un sentimento guizzante. Di qualcosa che appena lascia scia e profumo e tu sai che è quello che conta, ma che non si può dire, perchè vorremmo essere orafi ed invece facciamo i manovali.

Mentre tornava, pensava come le gocce: facendo finta di rigare il vetro. Ci si atteggia, ma non siamo di vetro –pensava- o forse sì, a volte, quando ci lasciamo andare – e una consapevolezza s’era fatta strada, tra l’acqua che cadeva già sporca, inzaccherando uomini e cose – il mondo è una pozzanghera, ma è passata la nottata, non conta più, per domani si ricomincerà da dove s’è lasciato.

Magari no, non proprio, meglio da un passo prima del limite.

 

9 pensieri su “un passo oltre il limite

  1. gli sciamani dell’anima indicano strade a 100 euro l’ ora. mi chiedo se non si stufino, a volte. di indicare rette vie che non verranno mai imboccate, che magari la migliore è quella stortignaccola, che devia a sinistra, e noi lo sappiamo da sempre, ma farci dire prendi la retta ci pare la soluzione.
    ho frequentato sedie di psicanalisti, fino a che una mi ha detto che era ora la smettessi, che dovevo solo rispondere ad una domanda fondamentale , cosa fare per rendermi felice, e lei non aveva una risposta per me.
    mi è sembrato un bel proposito e mi ci sono applicata. non so quale sia il mio limite, dove siano i bastioni di orione.
    vivo. sorrido. a volte sono triste. mi riprendo. mi arrabbio. mi passa. ascolto il vento. sono il vento.
    e già mi pare una gran cosa.

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  2. Oggi costano così tanto?
    La mia prima ed ultima esperienza si concluse nel maggio del 2000. Sembra passato un secolo. Col senno di poi ho capito che certi meccanismi si sbloccarono, dopo anni di stasi, ma che la soluzione della nostra vita è solo nelle nostre mani.
    bella fregatura, eh?

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  3. la mia esperienza è legata al 2007, quando scoppiò la crisi più devastante della mia vita. si è conclusa nel giro di pochi mesi. costava troppo (80 euro per 50 minuti, 3 volte la settimana) e non vedevo dei reali benefici. ma nella mia famiglia, nella mia stretta cerchia familiare, è quasi una consuetudine (madre e sorella). Io come sempre sono la pecora nera. Io faccio di testa mia e naturalmente sbaglio.
    Ora, forse, sto pensando a qualcosa di diverso ma che mi dia una mano a gestire il “dolore” contingente, quello che sembra soffocarti. A gennaio parteciperò alla presentazione di un corso. Poi si vedrà.

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  4. Mannò, la mia terapeuta era una ragazza bionda, giovane ed estremamente graziosa. Ed io ne ho un buon ricordo, anche se ad un certo punto ho lasciato la terapia perché non capivo più dove volesse arrivare – ma era passato un anno e mezzo.
    Lei mi ha insegnato a guardarmi dentro impietosamente: e non è poco.

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  5. è un po’ che ti volevo lasciare qui una citazione di sebastiano vassalli. e no e sì ma non c’entra ma sì. bè adesso è sì.

    “Io sono un fanatico dell’Aspirina”, le dissi. “Quei dischetti bianchi, dentro alle loro scatole bianche e verdi, sono una delle poche certezze che ci ha dato questo nostro secolo. L’utopia socialista è crollata, la fede nel progresso è crolata, ma l’Aspirina, per la mia generazione, è un punto di riferimento incrollabile, e non mi deluderà mai. Se non credo nell’Aspirina, in cosa posso credere?”

    brano tratto da Archeologia del presente.

    ciao willy qui c’è tanta bella neve.
    bè tanta tanta no. però.

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  6. Ma lo sai che hai proprio ragione Neru, io ci credo nell’aspirina, è una delle poche cose su cui poggiare presente e “circolazione” delle idee. Grazie per la citazione, Vassalli è uno dei miei scrittori del cuore.
    Neve molta, assai. Le case sono calde e la luce della sera azzurra, che ti entra dentro e ti dà voglia di luce gialla e di fuoco.
    ciao Neru

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