nostalgia dell’eden

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Nella geometria delle nostalgie, quelle vicine con le quotidiane non scelte e quelle distanti col cosa saremmo se…, la nostalgia dell’eden è equidistante come un rumore di fondo conosciuto. L’eden è il possibile pensato, ad un passo dall’essere vissuto, se un errore d’equazione, la realtà, non l’avesse reso utopia. Per questo con buone volontà e vite spese, non si è realizzato. Forse non era possibile, oppure era solo un sogno applicato all’uomo, ma il conoscere non ci aiuta. Anzi. E colpisce guardare oggi, quelli che vedono e sanno e dicono, inciampare sul ciglio d’ un marciapiedi conosciuto: la contraddizione.

Nessuno ci salverà da ciò che sappiamo. Possiamo puntare sull’oppio della critica perenne, oppure sul momentaneo piacere della conquista, ma quella proporzionalità diretta tra conoscenza e insoddisfazione non ci abbandonerà: più hai sceso l’infero di te, più conosci ciò che manca. Non è un caso che l’indignazione si applichi ad altri.

Siamo costruttori di puzzle in cui a forza i pezzi entrano, ma il disegno non corrisponde. E la linearità delle vite ordinate, degli amori senza domande appartiene ad altri, e non ci è dato pretendere di piegare la curva delle cose. Lo sappiamo e così non è dato.

7 pensieri su “nostalgia dell’eden

  1. DEL “PARADISO PERDUTO”
    si avrò sempre infinita nostalgia.Ed è per questo che ci s’incanta a guardare un cielo stellato in una sera di d’agosto inoltrato o di primavera che ancora deve sbocciare.Bianca 2007

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  2. boh a volte si è solo sbagliato puzzle. è che ti ostini vedere quella casetta in canadà e non ti accorgi che stai rifacendo un quadro di monet. apropò passi da queste parti a vedere la mostra? ho visto il giardino quello vero questa estate ed era un bell’eden…
    dai willy (it’s just a) jump to the left -citazione colta- e guarda di nuovo.

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  3. io credo nelle casualità, caro willy.
    non nei disegni prestampati.
    credo poi è una parole grossa per me, quindi diciamo che ho stima ecco.
    ho stima nelle casualità.

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  4. Credo che la nostra perenne insoddisfazione nel misurarci con improbabili perfezioni sia una dote molto sopravvalutata. E che questo sia un logico prodotto del pensiero e della coscienza mi sembra tutto da dimostrare.
    Preferisco comunque le felicità imperfette ma possibili.

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  5. mi sono perso tra ricordi del possibile che un tempo sembrava reale e il reale che è così distante dal possibile. Poi è vero Emma che affidarsi a ciò che accade senza disegni preordinati è una buona strategia del vivere. Di sicuro le attese sono più cogenti. La perfezione è in agguato, pur conoscendone il limite, Rob e sulla promessa della felicità, che poi è l’altra faccia dell’eden, scriverò qualcosa a breve. La mia generazione ci ha creduto alternativamente pensando che potesse essere un patrimonio collettivo. Mi piace l’idea della casetta in canadà, Neru, anche se immediatamemente nella mia testa si è trasformata nella casetta di Le Courbusier, credo di essere irrecuperabile. Miei care/i credo che siamo tutti esigenti per come vi leggo e conosco. E non raccontatemi storie consolatorie, sulla fatica di mettere assieme ciò che si conosce con ciò che accade. 🙂
    Buon tutto M. 🙂

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