dialetti italiani

 

Questo quadro, di Anton Romako, è a Vienna, alla Österreichische Galerie, e mostra l’ammiraglio Tegetthoff  sul ponte della sua nave ammiraglia Erzherzog Ferdinand Max, a Lissa. L’annuncio della vittoria Austriaca, sulla flotta Italiana, venne dato in veneto, come del resto, in veneto, venivano impartiti gli ordini sul ponte di comando. I marinai e gli ufficiali, in gran parte veneti e dalmati risposero all’ annuncio con il grido della marineria veneziana: viva San Marco.

L’altro lato della storia, mi ha sempre fatto pensare che esistano almeno due verità e che i vincitori non sempre lo sono definitivamente. A Lissa i veneti sconfissero i piemontesi, nella guerra che unì il Veneto all’Italia. Chissà se i leghisti lo sanno, ma certamente non si rendono conto della fatica e delle vite spese per dare un senso moderno a questo pezzo d’Europa. Non è fatica loro, la pappa è stata guadagnata e preparata dai loro padri, ma c’è sempre una generazione che accumula ed una che scialacqua il patrimonio. Proprio per questo bisogna far capire che vale prima di celebrarla questa unità del paese, per cercare di riunire le verità difficili che l’hanno costituita e far sentire che l’essere assieme non sopporta falsificazioni. I separatisti di adesso sono i pronipoti dei bersaglieri di Cialdini, il generale di ferro che stroncò le truppe del generale Ritucci che difendevano il regno delle Due Sicilie, ma erano gli stessi che esportarono poi, in forza di baionetta, il tesoro del regno vinto, il più pingue d’Italia, nelle casse esauste del nuovo Regno, a Torino ed incamerarono tutte le proprietà dei Borboni. Ma quando i cugini Savoia proposero di sanare il tutto restituendogli parte dei beni, Francesco II,  rispose dall’esilio: “Il mio onore non è in vendita“. Se sopraffazioni furono fatte allora, altre ne vengono fatte ora, forse peggiori perchè basate sull’incapacità di risolvere i problemi, sul dileggio e la menzogna di comodo. Mi piace essere veneto, anche se non ho fatto nessuna fatica per esserlo, ma essere italiano mi dà di più, sono parte di qualcosa di più grande. Abbiamo una parola in veneto, che definisce lo straniero: foresto, ma non si applica più come ai tempi di Goldoni, al bolognese o al napoletano, e ormai anche agli europei si fa fatica ad applicarla come categoria di pensiero.  Per me essere a casa in ogni parte di questo paese  è un valore e un impegno e sono certo che l’essere assieme è vivere il presente senza rinunciare al passato, pur vedendone il limite e la gloria. Non mi piace un futuro in cui rinuncio ad una parte importante di me, ricevuta in dono dai miei padri e cioè l’essere italiano, l’abitare questa terra, sentirne il valore e la cultura, riconoscermi ovunque. Quello che mi viene proposto è una caricatura dell’essere e per me, che ho il veneto come lingua madre, è una diminuzio.

Perchè siamo finiti in questa trappola che ci rende peggiori di quanto siamo?

2 pensieri su “dialetti italiani

  1. difronte a certe idiozie, willy, ringrazio. Di non aver più figlie piccole, di non dover veramente pensare di mandarle in una scuola dove anzichè l’inglese o il francese o il russo arrivi un cretino ad insegnarle dire cerea, dui puurun bagnà ntl’oli (massima raffinatezza del piemontese, la frase che se non sei piemontese non riesci a dire, quel legame ntl’oli fa impazzire i calabresi che vogliono farti sentire quanto sono bravi a parlare il nostro dialetto) e altre amenità del genere.
    forse per distogliere l’attenzione dalle sue porcheriole berlusconi avrà detto a bossi..umberto sparale grosse quest’estate, che così si parla d’altro.
    e lui s’è messo d’impegno ehhh…anche troppo, visto che poi deve sempre ritrattare, dire ma noooooo nonnnnn volevo dire ppprrroooppprio così….con quella bocca sciancata che se stesse zitto e facesse il pensionato seduto ai giardinetti ne guadagneremmo tutti.

    io sono italiana e parlo italiano. un po’ d’inglese-paisà e due frasi in francese imparate dalle suore alle elementari.

    non diamogli retta su queste cose, all’umberto. pensiamo alle cose serie.

    che-me-staga-bin, monsù. ( mi stia bene, signore)

    madamin minnie (signora minnie)

    "Mi piace"

  2. Ti ringrazio per aver ricordato che l’Italia del sud è stata fiorente e all’avanguardia per tanti motivi, e che fu saccheggiata dai piemontesi.
    Anch’io amo sentirmi italiana, e mi offende chi dileggia e fa sberleffi vilipendendo la nostra bandiera e, di conseguenza, tanti ragazzi andati a morire nelle guerre del nord, per un’unità che pare sempre in bilico.

    "Mi piace"

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.