saveur bébé

La bottiglia dell’ Orangine è meno slanciata di quella più alta, femminile, dai fianchi sinuosi, dell’aranciata San Pellegrino. Però consumata all’ombra di una cattedrale, con gli occhi di qualche bambino disfatto dal caldo e dai genitori che ti guarda, ha il potere di evocare l’infanzia. La mia infanzia anagrafica è lontana, era un tempo in cui molto veniva vissuto per antagonismi, ma quali erano i miei sapori bambini? Facendo una selezione sui sapori desiderati, su cui si poteva piangere e far capricci (e comunque esterni alle preparazioni di casa) ne è venuta una mappa:

L’aranciata San Pellegrino fresca e consumata su tavolini tondi di alluminio, era l’estate, la scelta dei genitori e una sosta per quei bimbi sudati e riottosi. L’ho amata come una carezza della mamma.

Il chinotto Recoaro, dalla bottiglia scura e agile, era l’alternativa salutista alla Coca Cola (gli americani erano così bambinoni e trasgressivi da giustificare qualche dubbio nei genitori) e un peccato di gola temperato dall’amarognolo. Che, come si sa, fa bene anche allo spirito. E’ un gusto che resta ed ancora lo cerco anche se, adolescente lavoratore, mi causò qualche problema intestinale da eccessi, ma questa è un’altra storia.

La principessa era la Cedrata Tassoni, maiuscola sin dal nome, non si associava a nulla, viveva in sè e si lasciava bene con condiscendenza. La bevo anche adesso, a volte per vedere la faccia del barista.

La birra in modica quantità la bevevano anche i bambini, soprattutto se c’era un nonno che te la faceva assaggiare. C’è un sapore che d’estate amo ancora ed è  quello della birra alla spina corretta con un poco d’anice. Anice e acqua in questa parte d’Italia si sono sempre consumati assieme. Addirittura al Pedrocchi era un diritto degli studenti, servito gratis, assieme al quotidiano. Ma nella birreria Pedavena, sul tavolino di marmo, era un sapore da uomini. E cosa vuol di più un bimbo, se non diventare uomo prima del tempo?

La spuma nera, chiara, arancio, rossa, puntava sui colori che dovevano  farla essere altro. Era già un passo in più rispetto alla gazosa, ma lo sapevamo tutti che era l’alternativa povera alle bevande blasonate. E che non ci raccontassero storie…

Le acque frizzanti venivano preparate in casa, la San Pellegrino era riservata ai pasti al ristorante. Qui c’erano due scuole di gusto e pensiero: l’Alberani e l’Idrolitina del cav Gazzoni. A me piaceva la prima, sembrava frizzare di più e a casa d’amichetti le discussioni, bevendo, fervevano, spesso sfiorando la rissa.

La carne in scatola: Simmenthal e Montana, trascuro i beef, pastoni americani, che non hanno mai sfondato sul serio. Con la prima riuscivano perfino a farmi mangiare l’insalata, mi piaceva la gelatina e il salato anche se di carne nelle scatolette, ce n’era poca.

Il cremino Ferrero. Eh sì cari miei, prima delle tavolette e dei Kinder, la Ferrero faceva cioccolata con chissachè dentro, ma si sentivano le nocciole ed era sapore cioccolatoso da pane fresco. Merce da fornaio, per fami pomeridiane da strada.

Il budino Elah, il principe dei dolci estivi, freddo come un assassino, a cucchiaiate larghe e tonde, direttamente dalla zuppiera o dalle scodelle. M’hanno sembre beccato quando facevo le incursioni prima di cena, chissà perchè. La nonna ci faceva anche una zuppa all’inglese con l’alchermes Bertolini. Anche quella servita fredda e un po’ preclusa alle grande quantità visto che era alcolica, ma si rubava più facilmente essendo pareggiabile, eccome si rubava…

La stessa Elah faceva una caramella mou da appiccicare a palato e denti. Credo fosse finanziata dai dentisti poveri, per la loro gioia e per le nostre pene domenicali e notturne. Chè le carie sono di  loro natura malvagie e scelgono i momenti più devastanti per manifestare la presenza, ma questo non si impara. Neppure con l’esperienza

La Coppa del Nonno Motta, era il massimo dei premi serali, una passeggiatina da piccolo lord,  l’apparente star buoni, l’arrivare composti tenendo a freno le gambe. E si gustava seduti. Però… pensandoci la classe indotta mica era una fantasia.

Gli altri gelati e cioè il pinguino, la cassata, la pallina di cioccolato e vaniglia/crema erano confezionati dal gelataio. Così come l’altro principe dell’estate, ovvero il ghiacciolo che si mangiava e succhiava fino all’ultimo residuo di ghiaccio, utile da buttare giù per la schiena all’amichetto vicino. Crescendo si sarebbero scelti altri percorsi per il ghiaccio.

Fece allora, la sua apparizione un gelato che non era, né Motta (buonissimo il fiordilatte), né Alemagna (una coppa discreta), era il Camillino di una certa Algida. Si diceva che, pur essendo buono, non le avrebbe permesso di fare molta strada. Poi è andata come è andata…

Una citazione speciale la meritano i Lazzaroni, non perchè fossero biscotti estivi, anzi d’estate i wafer erano a rischio scioglimento, però per forma, fattura, crema e contenitore (scatole di latta, con il coperchio col vetro) erano l’eccellenza biscottosa. Li andavo a prendere dalla fornaia e a far mettere in conto, a numero, non a etti. Sono ancora il mito della mia infanzia.  Ma al mattino, col caffelatte, imperversavano i petit beurre, le marie, gli oswego, tutto in modica quantità in modo da non far cessare il desiderio di peccare col barattolo.

Anche la Saiwa si difendeva bene e devo dire che i wafer passati in frigo erano da sballo con il caffelatte freddo. Purtroppo anche questi pochi rispetto al desiderio. In compenso, adesso, nel mio frigo ci sono sempre.

Il tamarindo della Carlo Erba, da diluire con l’acqua fredda. Era buono, faceva bene non so cosa, si beveva anche con l’acqua frizzante. A litri. Per rubare qualcosa alla mamma l’ho bevuto anche puro dalla bottiglietta, credo sia per questo che il sapore lo conservo tra le cose importanti delle vacanze al mare.

I fruttini Zuegg, compresa la cotognata, rivaleggiavano nel pomeriggio con il burro e zucchero nel panino fresco, ma avere un pane in una mano e un fruttino nell’altra da sbocconcellare alternativamente, sembrava da adulti. Anche perchè l’ultimo boccone doveva essere dolce e la funzione educativa del farsi bastare il fruttino, passava nell’imprinting.

Le sardine in scatola Arrigoni, erano il pasto della fretta (mia mamma lavorava) , ma quanto mi piacevano, anche per il loro rituale d’apertura della scatola con una chiavetta che tendeva a rompere la linguetta da avvolgere  e a rendere difficoltosa la cena. Volevo far io e lo scappellotto era d’obbligo quando per mangiare si doveva prendere la pinza.

Infine, ma solo perchè sono stanco di sapori sovrapposti, chiudo con il principe dei panini estivi: la rosetta con tonno e cipolline, confezionata al momento dal casoin, il salumiere, che veniva osservato e spronato ad aggiungere (zontare) mentre dalla scatola di tonno da 3 kg, estraeva i pezzetti. Le bave alla bocca fino al primo morso e alla prima macchia sulla maglietta. Certe patacche da sopportare con cristiana indifferenza,  ceffoni educativi  compresi.

Temo continuerà, altro urge e poi, come diceva un carosello anni ’60, con la carne Montana che stringo vengon tutti a mangiare con Gringo.

9 pensieri su “saveur bébé

  1. ti ho letto ieri notte, o forse era già stamani, prima di spegnere il mac e mettermi a fare la nanna.
    nonostante fossi stanca stanca hai portato a galla tanti ricordi.
    da bimba, in vacanza al Pocol, sulle Dolomiti: un’aranciata della Sanpellegrino di cui non ricordo il nome, densa densa e un po’ amarognola. con la cannuccia ovviamente e per merenda una fetta di strudel ancora tiepido (una delizia).
    a casa di nonna Ietta, in cucina: una biscottiera di cristallo sempre colma di gallette Oro Saiwa. e come entravo a casa sua, dopo l’abbraccio abbondante del suo corpo morbido, mi infilava in bocca un paio di caramelline dolci dolci di vitamina C (gusto frutta).
    e poi le Fiesta, possibilmente al Rum, che mia madre ci dava il sabato dopo pranzo come fossero un dolce e una delizia.
    i Ringo… separavo il biscotto bianco da quello al cioccolato, sperando che la cremina rimanesse attaccata al quello scuro. quindi mangiavo quello bianco, poi leccavo la cremina e infine il biscotto al cioccolato…
    ……
    ….

    potrei andare avanti…

    bello rileggerti

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  2. IO RICORDO
    solo il latte cremoso appena munto che mi lasciava dei baffi bianchi come un gatto/a invecchiato bene,il lambrusco rubato di nascosto ma che altrettanti baffoni facevano la spia più ancora degli occhi sgranati…e la saba dinverno che continuo ad inseguire ma che non trovo più.Mannaggia sti ricordi di primo pelo! Eppure son quelli che c’han fatto sin qui! Bianca 2007

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  3. butto lì , senza un ordine di preferenza, : paneburroezucchero, uovo sbattuto spumossissimo e dopo latte caldo per digerirlo, formaggini susanna per la raccolta dei punti e avere la bambola gonfiabile o la mucca carolina, mannite nel latte quando si andava al mare per ” rinfescarsi” (termine nebuloso e senza logica), anciata san pellegrino, krafen caldo dopo il bagno delle 4 e dopo essersi cambiati il costume e pettinato i capelli bagnati, le caramelle mou elah comprate dal lattaio sotto casa prima di andare a scuola e fatte segnare sul conto settimanale, sandaletti blu con i due buchetti con calzine bianche, cappellino da spiaggia che se no ti prendi linsolazione (tutto attaccato, cappellino e linsolazione :))

    the way we were.

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  4. i sapori dell’infanzia non se ne vanno, queli della giovinezza si sovrappongono, che sia per i ricordi ancora poco usati? Belli i sandaletti blu, Minnie, poi li ho evoluti nelle Superga, ma non era merito mio che con i sandali, sassi a parte, ho sempre avuto un amore.

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  5. Hai evocato ricordi persi nelle brume della mia memoria.
    In collegio, dopo le ore di palestra, a farla da padroni erano il chinotto e l’aranciata amara, presi da un distributore.
    E tutto il resto di quel mondo che in buona parte appartiene anche a me.
    Passando per l’Idrolitina, cavallo di battaglia di un’anziana vicina di casa, per i cioccolatini Venchi Unica, per certe stecche di nocciolato Motta da brivido, fino ai panini delle merende in collegio, con burro e acciughe o con una fettina una di crespone.
    Nostalgia e appetito: per fortuna a quest’ora della notte non ho fame.
    🙂

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