Dizionario interiore: festa dell’unità

Le sensazioni, i sentimenti pubblici, i valori sono questioni personali, a maggior ragione passato il tempo in cui questo sentire era collettivo ed indiscutibile. Parlarne ora sembra discorso da vecchi, non c’è discussione e spesso viene usato ciò fa ancora più male: la lama dell’irrisione da parte di chi, guarda caso, aveva sempre saputo. Non è rimozione e tantomeno vergogna, è il pudore della propria giovinezza, degli atti e dei pensieri convinti, l’affermazione che gli amori non muoiono mai del tutto. Buttare la propria storia significa buttarsi via e giova aver capito, al contrario di molti politici, che il rinnovarsi non è facile, esige comprensione e non ammette scorciatoie. Almeno per chi vuol essere parte di un cambiamento collettivo. Oggi, assieme ai distinguo e alla confusione, circolano pensieri semplici e sintesi complicate. I pensieri semplici fanno riferimento ai pochi principi che dovrebbero sovraintendere lo stare assieme, nulla più di quanto mirabilmente veniva detto nella rivoluzione francese: eguaglianza, fraternità, libertà. Poi serve qualche attuazione politica chiara in termini di diritti: il lavoro retribuito, le opportunità reali per tutti, l’assistenza egualitaria perchè si è cittadini, ma soprattutto persone, il rispetto per il pensiero singolo e libero, la legalità come modalità del vivere, la laicità come professione di tolleranza ed indipendenza, il rispetto degli uomini in quanto tali. Su queste attuazioni incespicano le sintesi che con difficoltà fanno capire il nesso con i principi. Si dovrebbe lasciar fare, ma condividere le regole.. Facile e si dice anche, che non è necessario essere comunisti o liberali per rendere vitale tutto questo (vitale mi sta stretto e userei il termine professare come fosse una religione in senso crociano, ma queste distinzioni sembrano essere diventato anticaglia buona per stravaganti). Ma allora perchè non si attua nella prassi della politica progressista questa presunta eguaglianza dei termini alti del governo della società e tutto si svilisce in prassi bizantine ed ingiuste?

Molti anni or sono, ero a Napoli assieme ad un esponente dell’allora partito liberale, per strada incontrammo un sindacalista conosciuto da entrambi. Erano anni in cui essere della C.G.I.L. connotava vita e carriera e bevendo un caffè si cominciò a parlare dell’economia, ma soprattutto del lavoro a sud, degli sprechi, dei prenditori che si spacciavano per imprenditori, dell’iniquità dell’essere retribuiti non in ragione del proprio lavoro, ma in relazione  al luogo e al bisogno. Si scaldava il confronto e l’amico liberale, professore universitario, disse: l’ingiustizia di chi prevale sulla libertà altrui, non mi piace ed è anche per questo che sono anticomunista. Ci fu un momento di silenzio, il tempo per accendere una goluase, e poi il sindacalista, rispose: ed io invece, che non sono antiliberale, non posso fare a meno di protestare e battermi, non ho alternative perchè l’ingiustizia satura tutto ciò che mi sta attorno, e se stessi zitto sarei a mia volta ingiusto e connivente. Ecco forse in quel tempo essere comunista era anzitutto non essere connivente, pensare che l’ingiustizia fosse talmente pervasiva da modificare la possibilità di cambiamento di ognuno e di tutti. Forse nella coscienza dei più, oggi non è così, si pensa collettivamente che il bisogno sia una condizione transitoria, che tutti staremo comunque meglio, che i diritti individuali non siano proprio così determinanti, che la libertà sia un termine privo di connotazione se disgiunto dalla possibilità di avere, acquistare, prendere.

Nel mio territorio, ormai, di feste de L’Unita, ce ne sono poche, una importante con molte decine di persone che vi lavorano in agosto e si ostinano a chiamarsi compagni mentre cucinano o fanno i mille lavori della festa, ha raggiunto un compromesso chiamandosi festa de l’Unità per il partito democratico. Non credo che ci sia ironia, forse la cosa a cui tengono di più, è proprio quell’unità senza la quale è tutto più debole, anche il superamento dell’ingiustizia. Sono persone che non si sono più iscritte, néanche al PD, ma che continuano ad aspettare che qualcuno riprenda in mano idee semplici. Stanno male perchè qualcosa si è guastato, e non è un problema di comunismo, è il mondo intorno a loro che si è guastato e se non si rassegnano è per avere una speranza che sia la logica del vivere.

Un pensiero su “Dizionario interiore: festa dell’unità

  1. C’E’ PASSIONE CIVILE
    in ciò che iltuo dizionario esprime e questo mi emoziona sempre in profondità.
    M’auguro che questa passione risorga presto in molti,auspico con tutta l’intelligenza e il sentimento del cuore che,il “senso” del vivere non sia governato dalla burocrazia e neppure dalla rassegnaione che ha deposto le armi ma dalla speranza di rendere fertile ogni più piccolo angolo della terra dove spunta un fiore un frutto un’albero sempre verde da cui trarre frescura l’estate nell’inverno guardarlo con orgoglio e tranquilla serenità.Velocemente un abbraccio annegato in quella SPERANZA che fa continuare il viaggio del pellegrino in cerca di fuoco vero..Bianca 2007

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