Traditore della patria, era il massimo dell’infamia. Una colpa che investiva tutta la famiglia sino al nome e lui, il traditore, era peggio dell’omicida. Tra i concetti ormai desueti possiamo porre anche questo, senza troppa angustia. Forse qualcuno si chiederà, ma tra molto, se il senso di sfiducia e negatività sociale non sia dovuto anche a questa incapacità di riconoscere una patria. Se le regole costruite senza sentire comune non risentano della mancanza di un luogo al di sopra della politica che giustifichi il fatto di stare assieme. Se la violenza che permea i comportamenti, il vociare che nasconde i soprusi, il malaffare e la carenza di applicazione della legge in parti importanti del paese non siano consegenza della mancanza di una positività ed identificazione comune. L’ hanno capito bene gli Stati Uniti che non hanno paura di essere multietnici, ma hanno chiaro cosa significa appartenere ad una nazione. Perchè se si sta assieme solo per benessere e sicurezza la festa mica dura per sempre, eppoi serviranno gli ascari o la brigata sassari per difendere le case di chi ora si scorda la propria miseria, neppure tanto lontana. In fondo mi dispiace solo per i vecchi che dopo essere stati nazionalisti oltre misura adesso si trovano a vociare per un luogo mai esistito. E che non può essere patria, ma solo minoranza ricca in un paese povero di ideali, idee e futuro. Se mi chiedessero oggi l’immagine del mio paese, la prima cosa che mi verrebbe in mente è uno spot o un logo, ma le persone dove sono finite?
sono all’inferno chiamato mulino bianco.
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E pensare che rifiutavamo il concetto di patria perché ci andava stretto.
E ormai persino la patria è diventato qualcosa che ostacola gli interessi particolari.
La mia professoressa di filosofia del liceo diceva: il pensiero, per fare breccia, deve precorrere i tempi – ma non troppo.
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