Parliamo di cose generiche, alludiamo, diluiamo riferendo di sguardi e di sensazioni. Qualche volta, quando fa più male, le emozioni circolano allo stato puro. Com’ è consentito, secondo educazione e rispetto della privacy altrui, che di questo in fondo si parla quando si lavano i panni: di me posso dire, ma degli altri è necessario tacere. Si parla della ferita e non del coltello, ma basta? Naturalmente ognuno ha il suo stile, però quel che è chiaro è che, mentre si piantano picchetti per difendere il proprio orto, lasciamo porte aperte in cui tutti entrano attirati da un misto di comunicazione/aiuto, contemplazione narcisistica del sè visto all’esterno, approfondimento dell’ introspezione personale. Questo nasce dal fatto che scrivendo capisco di più di me stesso, e scrivendo d’altri vedo le loro relazioni con me e con il mondo. Scrivendo mi misuro con la parola e la incollo sulle sensazioni e sul reale, attraverso la parola riproduco e creo il mio mondo. Scrivendo mostro le mie nudità e gli abiti suntuosi, ma a chi sto parlando e qual’è il limite del riserbo? Ci sono più piani comunicativi, fino alla conoscenza diretta, terrò conto che se il riserbo è eccessivo il contenuto è privo d’interesse, giocherò tra il mostrare e il velare, ma non basterà. Oggi ogni mio percorso è tracciato, l’intimità è violata ripetutatemente da telefonini, macchine fotografiche digitali, password trascritte, pubblicità che scruta le mie preferenze, archivi che posseggono il mio nome e stabiliscono relazioni, mi interrogano ed ora mi leggono. Questo è il salto di qualità dell’intromissione sulla comunicazione libera, dove l’interesse è morboso e sganciato da me, perchè è chiaro che non sto parlando solo a voi, ma a molti altri che conosceranno il mio umore e le mie debolezze e, come riporta l’articolo allegato, potranno usare queste informazioni contro di me. La piazza digitale non è più virtuale e da libera si sta trasformando in qualcosa di diverso, ne devo essere consapevole e se la libertà non viene tutelata, diventerò sempre meno libero nel dire, mi uniformerò a chi presumo legga fino al silenzio. Ricordate i Tre giorni del condor? Qualcuno legge tra le righe e cerca di capire chi sono, dove vado, chi frequento oltre quello che dico. E’ questo che voglio?
Ecco, la risposta a questa domanda racchiude tutto quello che posso pensare di chi mi governa o vuole governarmi.
Ma perché confessarci, esporci, mostrarci ci piace. E quindi confondiamo spazio privato e spazio pubblico
questo l’ho copiato e incollato dall’articolo che ho letto seguendo il tuo link. perchè questo è.
noi che scriviamo post in fondo ci confessiamo a cielo aperto. o almeno io lo faccio, non mi nascondo. che se no non avrei un blog. o avrei un blog su come allevare le formiche in papuasia.
non sono su facebook, ma pensiamo a questo : esiste una community (vista da me) che ha il seguente nome ” a noi ci piace tanto farlo alla pecorina ” : iscritti oltre 1000 persone. che con la loro foto e quindi faccia vanno li sopra e raccontano come fanno sesso.
ora se fai una cosa del genere non puoi appellarti al 1 emendamento o alla privacy o a guariniello : sei tu che hai scelto di entrare in quella community, di mettere la foto sul tuo nick e di raccontare come fai sesso.
non si salvano neanche quello che non hanno blog o facebook..perchè pagando si hanno tabulati con tutti i numeri di cellulari fatti da un numero in partenza. pure questo provato sulla mia pelle.
si potrebbe dire : non vuoi questo? allora via dal blog via dalle e mail via da facebook via dai cellulari , vivo al di fuori di tutto questo
oppure
sostanzialmente me ne frego.
ve la racconto io per prima la mia vita, e se volete sapere altro venite a chiedemerlo.
non è una ricetta.
ma ormai neanche nonna papera è più quella di una volta :))
cristina
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linko un post di autrefois:
http://lp42.blogspot.com/2009/02/legalita-su-internet.html
che si muove su spazi paralleleli ed altrettanto preoccupanti.
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Non immagini quanto questo tuo post tocchi il mio, e quello che ci ho buttato dentro alla rinfusa. Amo essere come sono, cioè NON MI AMO, ma mi piace, narcisisticamente, il fatto che chi mi legge si scervelli, anche solo per un attimo, per cercare di comprendere cosa io volessi dire davvero.
Ho scritto un post che assomiglia ad una bomba: spero che qualcuno non se ne abbia a male.
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hai ragione. anche per questi motivi sono diventata insofferente alla gente, sai? me ne sono accorta ultimamente.
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io, forse, sono fissata con la riservatezza.
per questo, forse, non uso mai sul web il mio vero nome, il mio indirizzo, la mia faccia.
non perchè abbia qualcosa da nascondere, ma proprio perchè m’infastidisce l’idea di essere spiata a mia insaputa.
pensa che, a volte, uso anche dei proxy anonimizzatori, così per scherno e schermo.
però c’è un neo in tutta questa privacy perseguita ad ogni costo: gli appelli, le firme.
lì uso il mio nome e cognome e, da quando qualcuno mi ci ha fatto pensare, mi vengono sempre in mente le liste di proscrizione, tutte là, già belle e pronte senza nessuno sforzo.
ma io sono fissata, si sa.
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affatto D.
non sei fissata, o perlomeno non lo sei solo tu.
ultimamente ci ho pensato spesso anch’io, che pure firmo con nome e cognome, quando lo trovo giusto.
paranoia?!… speriamo.
🙂
buona serata a willy e a chi passa
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Il problema delle “liste di proscrizione”, visto l’andazzo, mi sembra tutt’altro che peregrino, ma di fatto non me ne sono mai preoccupato.
Al momento mi pongo di più il problema di raccontarsi, quanto, come, perché.
L’anonimato, che pure ti sembra una premessa indispensabile all’inizio, è diventato col tempo sempre meno importante (sarà che il lavoro che faccio non mi richiede di essere “un bravo ragazzo”. Per ora). Uscire dall’anonimato, foss’anche solo per qualcuna delle persone che ti leggono, significa però cambiare comunque registro, alludere, dare per buona una certa conoscenza reciproca.
E’ un altro stadio, un’evoluzione, di un processo di scambio che mi sembra comunque ampiamente inesplorato.
In ogni caso, preferisco comunque rinunciare all’anonimato se e quando lo voglio io.
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