M’ illudevo che i pensieri obliqui, per loro natura poco consistenti, si accordassero col colore dell’inchiostro. Questo semplicemente, li accompagnava in infedeli traduzioni, ma allora, perchè era il colore che attirava l’attenzione? Son passato ai pennini: tagli dritti, obliqui, sottili dapprima, poi medi ed infine larghi, da calligrafia, a scrivere su carte con porosità differenziate. Hanno lodato il tratto mentre le parole si svuotavano come palloncini.
Allora come un ascensore, ho provato a farmi carico, ma non ha mai funzionato come pensavo. Un poco sì, forse all’ inizio, poi le richieste aumentavano chiedendo di sostituirmi, di portare a spalla su scale ripide e poco illuminate.
Ho trovato il tunnel tra il dover essere e la vita, nascondendo gli scartafasci, così a volte ho altre vie di scampo, anche se l’ardire maggiore è trasformare l’uscita di sicurezza nel portone sontuoso in cui fare ingresso.
Sarà per questo che adesso, sbrigativamente, mi va bene essere egoista.
O forse non mi è stato chiesto nulla e ho fatto tutto da solo?
Mamma mia coyotone, ma pensare qualcosa di più semplice, anche per la mente e il cuore di un gatto, no? 🙂
Oggi sono acciaccata ovunque, ma stasera vado a sentire un bel concerto!
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coyotone deve essere il sottoinsieme del pantone, che permette la scelta dei colori della prateria: bello. me piaxe. La semplicità granpregio, ma l’alter ego come può essere semplice? star lì a sgabugliar matasse d’ego, mica è ricostruire puzzle dotati di senso: solo fili, capi e nodi e manco una forbice a disposizione.
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