la distanza dall’estate

 

Il verbo giusto è cavare con il suo alone di forza  arcaica e dialettale. Cosa da dentisti anziani, pensiero zen esercitato nel togliere senza fatica. E’ così che Britten estrae, dal fondo scuro del mare, il colore da portare alla luce, mentre sembra aleggi un pensiero in quest’acqua verdastra, ricca di materiali organici invisibili ai nostri occhi. Il mare pullula di vite e solo gli arroganti pensano che il colore nel fondo, nero ai nostri occhi, non serva a qualcuno.

Britten cavava con note fluide d’acqua e di vento e portava alla vista, ciò ch’ era nascosto. Cavando per l’appunto, con forza possente e continua. Immaginate i nostri occhi miopi che pensano d’essere al centro d’ogni universo. Ci accompagnano su gusci di legno e metallo, pensano che l’uso giustifichi il possesso. Ed invece ciò che ci è riservato è la  capacità di meravigliarci. Così il mare, come ogni fluido, sta a mezzo e trascina, muove, mostra, indifferente, tesori cavati dal fondo. Non si cura della minaccia di alghe che si protendono verso la luce, neppure nota il tenue segno di chiglia, semplicemente sta, come questo vento che scuote alberi e  pietre, e da ieri, a Trieste, riga il mare in sequenze di ricci di spuma. In porto hanno rafforzato gli ormeggi.  Guardavo finchè, a bassa voce, m’hanno detto: stasera la bora vi chiuderà nelle case mentre noi balleremo con la nave. Si scuoterà la baia tra rasoiate di vento e voleranno tegole ed insegne. Torni a casa, Non è adatto a questo vento. 

Ed io penso ai fluidi, ascoltando la musica del dialetto, vedo il vento e il mare, che riempiono di colore cavato dal fondo, la spiaggia dei sassi, dove d’estate si prende il sole nudi. Qui assi marrone, chiazzate di smalto blù marino, là, tra i sassi, pesci morti ed alghe verdi e rosse, ancora lucenti.

Nulla di ciò che abbiamo attorno è nostro davvero e quest’aria piena d’acqua mi ricolloca al posto assegnato. Possiamo solo vedere, meravigliarci, ascoltare, e  come si riesce, raccontare, Misuro la distanza dall’estate: di marzo ancora a poco servono, pensieri e smalti d’intuizione se ciò che si racconta è assentito da ipoacusie benevole.