Il camion lituano ancheggia davanti alla punto di noleggio. 18 metri per 3 hanno un fascino soggiogante, in specie quando si muovono a 90 all’ora ed occupano l’intera carreggiata di questa strada iblea. Guardo intorno, i suoi stop, la strada: è un trapezio rovesciato nella montagna. Gli ingegneri non hanno faticato molto, un taglio e via, come prendere una donna di strada, appunto, senza creanza nè riguardo, pagando. Hanno pagato sbancando il necessario e sono rimasti ai lati, pezzi di collina incongrui, non hanno accarezzato i fianchi, hanno scavato con il minimo della fatica. Ma incurante della ferita, il verde irrompe, marezzato di fiori gialli. Qualche ciliegio e susino fiorito ricordano allegramente la stagione. Il camion non demorde in salita, dev’essere vuoto. Immagino l’autista che canta in cabina, pensa al mare di arance che caricherà e al lungo viaggio di ritorno: tre giorni fino a Riga passati in parcheggi e caffè notturni: con 350 euro mese si può vivere al margine della strada, ma c’è molto lungo le strade: vita, colore, compagnia, disperazione che fa capire che con pochi euro e un camion non si è così in basso. I nomi dei paesi si susseguono, Lentini, Carlentini (bisognava salire d’estate per evitare la malaria ed allora il paese aveva il suo omologo in collina), Francofonte, belli questi nomi, suonano come damasco medioevale, gli Altavilla, il velluto per dame, Federico II. Alle spalle ho lasciato Biancavilla, Belpasso, Gelso bianco; nomi che temperano la pietra scabrosa del vulcano, che puntano sul colore che cresce tra la lava, sul persistere del bianco per allontanare il pensiero della terra che ribolle. Ragusa è terra di terremoti e di barocco, ad Ibla la distruzione ha creato un’ unitarietà di stile e di pensiero inimitabile. Intanto il lituano s’inerpica ondeggiando, forse punterà a Vittoria, chissà se avrà tempo di confrontare il mare con quello di casa. Ormai c’è un serpentone dietro di me, alcuni impazienti tentano l’azzardo, qualcuno spaventato rientra. Che giova abitare in un posto così bello se la fretta acceca ? Fino a giugno, l’interno della Sicilia è verde, un pastello di fiori, dorato a maggio, se i colori fanno star bene, questo è il posto giusto. Gli stop si accendono, il serpente imita, il camion accosta, si ferma. Dalla cabina il lituano saluta, ridendo. Le auto sciamano, libere finalmente di correre verso uffici, case, stazioni di servizio. Non accelero: vorrei stendermi sul muretto a Marina di Ragusa, ascoltare il primo sole che tira la pelle e pensare che è febbraio, che stasera mi fermerò a Modica per il cioccolato,e a notte prima di dormire annuserò dal balcone il lago di Pergusa.
iblei
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