I partiti sono strutture di pace che non funzionano in tempo di guerra e questo e’ un tempo di guerra che si esercita su un sistema crudele. Chi l’ha detto che la democrazia e’ buona? Non e’, né misericordiosa né giusta, è solo, sinora, il miglior compromesso elaborato per non divorare una minoranza. E questo suo fraintendimento iniziale (in aggiunta, per sua natura, è incline al conservare ciò che esiste) funziona ancor meno nei tempi d’ eccezione. Credo che tutti noi vorremmo una democrazia più giusta, ma passando ai fatti: quali sono oggi le nostre idee per uscire dalla crisi e far ripartire un paese?
Non ho aderito al liberismo come panacea dei mali degli uomini, non mi sono iscritto al partito di Merkel e Sarkozy, se devo stare zitto ed accettare che non parteciperò al mio presente ed al mio futuro, non ho bisogno di un partito. Ma io un partito ce l’ho, finché dura e se capisco la solitudine del suo gruppo dirigente, se capisco molto di molto, ho anche colleghi che resteranno senza lavoro e senza pensione a sessant’anni. Facile dire a una persona riciclati, lavora, scegli il nuovo, ma se non funziona a trenta, come funzionerà a sessanta. Per avere un poca d’equità, bisognerebbe almeno avere delle norme in deroga che tutelino i licenziati anziani, accompagnarli fuori dal lavoro dignitosamente. Credo che un sottosegretario al lavoro che abbia lavorato in fabbrica, farebbe bene ad un governo di persone che, quando vanno in pensione a 75 anni, pensano d’ aver subito un sopruso. Sono lavori diversi, ma penso alle donne che verranno tenute a forza nei posti di lavoro, oltre i 40 anni di contributi, oltre i sessant’anni. E’ l’Europa si dice, ma altrove ci sono strutture ed accessi multipli al lavoro talmente diversi da dare libertà sconosdciute in Italia. Se si pensa che le donne assommano normalmente l’attività di cura al lavoro, a 60 anni, lasciamo loro almeno la scelta. Per chi lavora due volte qualche pensiero si dovrebbe pur fare nel senso dell’equità.
Penso poi a come si pagherà la crisi della finanza, non parlo per me, sto bene senza particolari ricchezze, pagherò, ma in assenza di una patrimoniale vera, senza un sequestro dei beni degli evasori, in questo momento, dov’è l’ equità nei confronti delle persone che si vedono ritirare il fido, ridiscutere il mutuo, vendere la casa per debiti?
Non e’ un problema solo italiano, dicono. E’ vero, ma noi abbiamo fatto di più e meglio nel debito e nella crisi, e per restare tra quelli che contano adesso ci viene detto, che in due mesi si devono recuperare 10 anni, che l’Italia deve salvare se stessa e l’euro. Mi pare un compito immane e senza solidarietà non so che Europa verrà fuori, di certo, pensando a quale Italia pagherà il costo del salvataggio, ne uscirà un paese stremato, diviso, incattivito. Possiamo dire che queste sono le ricette e le richieste della destra, dei mercati finanziari, allora ciò che m’ impressiona è la carenza di elaborazione alternativa. Il riformismo occidentale tace e non dice nulla sulla sua ragione fondante, ovvero come pensa di assicurare diritti, tutelare i deboli, creare una società più giusta e partecipata. Non parla di come verra’ affrontato il problema del lavoro e dei giovani nel mercato globalizzato. La terza via di Blair e’ fallita, anche quella di Zapatero ha fatto una fine ingloriosa, Obama, non ha una via liberal per uscire dalla crisi e delude, dipendendo troppo da regole che non riesce a scrivere, ciò significa che il riformismo, senza una propria visione della società che comprenda eguaglianza e giustizia, termini che significano disciplina e leggi di governo dei mercati, non esiste. Sistemi economici, sovrastrutture si scontrano. Oggi sul mercato c’è una massa di denaro pari a 6 volte il pil mondiale, che compra la democrazia, impone governi e dittatori, piega aziende e mercati delle merci, condiziona le vite, i desideri, i bisogni dell’intera umanità. La finanza non è al servizio dell’homo faber, ma a servizio di se stessa. Pensare che la produzione, il benessere degli uomini, il pianeta siano governabili in queste condizioni, senza regole, è demenziale. Cosa racconteremo, noi che siamo di sinistra, che siamo riformisti, o semplicemete ci rendiamo conto di ciò che sta accadendo, che questo mondo e’ irriformabile? Nel redivivo Candide, interpreteremo il Pangloss della situazione, sostenendo che questo e’ il migliore dei mondi possibili?
Dei tre diritti fondamentali, la democrazia così interpretata, ma ancor più il riformismo, e’ in grado di assicurare solo la libertà di pensiero e di parola. Per questo è necessario, impellente farsi domande, esserci. Voglio essere ottimista e pensare che nel dopo Berlusconi si apra una grande stagione di confronto, in Italia, sull’idea di modernizzazione e di futuro, che venga individuata una strada per portare il paese in Europa, verso una unione di fatto e di diritto, che finiscano le pagliacciate sui secessionismi e le piccole patrie senza luogo, che nel confronto tra destra e sinistra ci sia la consapevolezza che l’intero edificio è un valore.
Ma nell’attesa, vorrei anche partecipare al presente, avere la possibilità di discutere della crisi dell’economia e dei partiti, cioè dei due vincoli che governano la mia vita, non essere in una democrazia di guerra che zittisce. I presupposti su cui sono nati i partiti maggiori in Italia erano diversi. Non solo i partiti non servono in guerra, ma è la situazione in cui sono nati che non prevedeva tale e tanta gravita’ e cambiamento. Francamente nessuno oggi, anche se lo spera, vuole sentirsi raccontare di non preoccuparsi, che passera’ e che tutto sarà come prima. Per questo credo che, nel ribollire delle urgenze, ci sia uno statu nascendi da creare, che l’equità immediata sia necessaria come la privazione, che l’abbattimento del privilegio, porti a nuove regole di pulizia nell’essere sociale. Nell’attuale, incredibile situazione di democrazia alterata, è compito di chi vorrà governare poi, dire subito cosa accadrà, dare un senso ai sacrifici, stipulare patti vincolanti, introdurre la comprensione della realtà accanto alla tensione dell’orizzonte verso cui si vuole andare.
Ricostruire regole e convivenza, spazzare via il vecchio che ha portato a questa situazione, riprendere in mano il proprio destino, non ci può essere solo accettazione supina, questo lo deve sapere il corpaccione vecchio della politica, e lo deve sapere anche il governo dei tecnici a cui è chiesto, non di fare ciò che altri non ha avuto il coraggio di fare, ma di trovare strade nuove e poi lasciare il campo perché è finita l’epoca del governo dei generali e torna la normalità.
La democrazia non è buona, ma la dittatura della finanza è peggio.
Nessuno ha alternative migliori, a quanto pare. Questo è un governo liberista, non c’è dubbio alcuno. Così come non vi sono dubbi sul fatto che in Italia non esiste uno stato sociale. A voler essere ottimista, non so quanti anni serviranno per risollevarci. Se questo è ottimismo…
Ci dovremmo preoccupare delle alternative.
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già, le alternative…
discuto e ragiono, con molta libertà su quanto sta accadendo, ho luoghi che hanno una percezione diretta della situazione, quello che mi sorprende è che il mix proposto si compone di due elementi che escludono una decisione autonoma: l’ineluttabilità della situazione e l’incapacità di proporre alternative a quanto si sta facendo. Una sorta di assoluzione preventiva per qualsiasi cosa possa accadere, ma se così fosse tanto varrebbe sacrificarsi. Si evoca, in cambio, lo spettro del default e dell’uomo forte, il tracollo economico e democratico. La dissoluzione. Io, che non sono masochista, vorrei capire come, pagando, posso uscire dal girone, magari finché sono al mondo. Di questo chiedo ragione: della mancanza di una proposta che mi dica come sarà il futuro.
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rimango molto colpita dalla lucidità di questo post. in questi giorni, di facile demagogia e di ricette semplici solo per chi le pronuncia, la tua è un’analisi puntuale, feroce eppure posata. La leggo riscoprendoci dentro parte delle mie tensioni, dei miei timori – forse nascenti da tempi e spazi differenti-, di ciò che in questi anni non mi è mai tornato e non certo per una lungimiranza politica che forse non mi appartiene, ma per scrupolosa e sincera osservazione della realtà attorno: a volerla penetrare con umiltà appariva persino ovvia.
L’arroganza e la sufficienza sono tare che pesa(va)no nelle Istituzioni più di qualunque altra e diversa forma di ottusità. Il sistema finanziario brutalmente autoreferenziale, ha trovato ulteriore e nuova forza nell’incapacità diffusa e nell’assenza di anticorpi che pure mai sono stati, neanche lontamente, ipotizzati e ipotizzabili. in questo non riesco a non leggerci una qualche forma di collusione: esser trascinati da spietate formule finanziarie,- così la nostra classe dirigente-, trascinando, a propria volta, antichi fardelli spacciandoli per ineluttabili processi storici di crisi. E’ colpa di Berlusconi? Forse non solamente, ma di certo, quello che penso io è che nell’epoca del berlusconismo siamo stati affamati e per questo sfamati da raccapriccianti rassicurazioni, dal mito, quasi naif, della cicala e della formica, sollecitati a esser più cicale che formiche perchè la nostra era una favola diventata realtà. Salvo poi ritrovarci col culo per terra, come se fossimo stati ostaggio, per tre anni, di una potentissima cura lisergica interrotta ex abrupto.
Hai ragione, il tecnicismo che contraddistingue questo governo non è chiamato a sopperire a ipotesi di pavida incertezza del precedente, nè, ahimè, delle timide rappresentazioni di cambiamento della sinistra. Eppure io credo che si stia confondendo il rigore con l’equità.
Anche Topo Gigio avrebbe saputo che inasprire la tassazione a chi le tasse le paga già e non potrebbe diversamente è più facile che cominciare a farle pagare a chi, per lo Stato, non esiste.
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A me dà profondo dispiacere lasciare ai miei figli un mondo peggiore di come l’ho trovato io. Questa sensazione è di netto fallimento, e il peggio è che non vedo all’orizzonte prospettive di cambiamento.
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già. io ho quasi ventinove anni e credimi, a stento, riesco a sopravvivere senza l’apporto di spalle dietro di me. Lavoro un numero di ore spaventose e vivo in una città, roma, brutale per certi aspetti. Sono costretta a contingentare le volte al cinema, a teatro, a concerti. E tutto sommato, sono persino fortunata; accanto a me ho coetani costretti a chiedere anche due euro ai propri genitori. Nellla voce dei miei sento un profondo dispiacere, l’atroce sensazione di avermi delusa, in un certo senso.
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Il problema di questa generazione e’ enorme, e l’incapacità di affrontarlo da parte della politica occidentale e’ tragico. Mi sento ripetere da persone che dovrebbero sentirlo come il modo per delineare una nuova visione del futuro e dell’economia, che la mobilita’ sociale sara’ un fattore residuale, che cio’ che e’ stato possibile alla mia generazione, non e’ più possibile perché la società non ha ulteriori capacita’ di crescita. Come si fosse tutto cristallizzato, e non ci fosse futuro che non sia una semplice permutazione del presente. Questa incapacità di rompere paradigmi e trovare nuove speranze e’ la colpa che si porta dietro la mia generazione, partita con l’idea di cambiare il mondo e oggi abbarbicata nel difenderlo. Il governo dei professori può solo attivare meccanismi economicisti, non può ridiscutere il modello di sviluppo, non ne ha sensibilità, prospettiva, strumenti, cultura. Studiano l’esistente, non immaginano il futuro. Se passera’ la buriana e nel frattempo la parte riformista del paese non elabora un progetto grande di cambiamento, sarà solo una tregua generale e per i giovani continuerà il calvario. La mia natura mi porta ad essere ottimista, ma il mondo che consegnamo ai nostri figli e’ molto meno ricco di quello che abbiamo ricevuto. Con i provvedimenti di stanotte il governo pescherà ulteriormente nel corpo molle del paese, toglierà denaro e sarebbe tragico se questi sacrifici, enormi per chi non ha, fossero semplicemente gettati nella fornace della speculazione. Partiamo da un paese più povero e meno ricco di speranza nel proprio futuro. Il compito del Pd e della sinistra e’ dare speranza, certezze, obbiettivi tangibili e l’equità dei sacrifici riguarda l’oggi, l’equità del futuro riguarda le reali opportunita di crescita.
Mio figlio vive a Roma, avverto attraverso le sue difficoltà i problemi immani di una generazione che anche quando ha dietro qualcuno e’ lasciata sola
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l’arte di aspettare salvezze e trovarsi con un pugno di mosche.
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si, all’interno di questo universo, non c’è alternativa.
caro willy, il tuo post mi sembra una bellissima sintesi. lo linkerò dal mio blog.
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usa pure Kiver, quello che fai va bene 🙂
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