Molti anni fa ho conosciuto un monaco teologo, molto particolare, fondatore di una comunità. Molti di voi, certamente lo conoscono. Questa persona mi colpiva, pur non essendo io credente, per la forza che emanava. Mi raccontava la sua vita impossibile, fatta di viaggi continui e con poco sonno, masticando peperoncino per tenersi sveglio Lo faceva con molta serenità ed un pizzico di compiacimento. Come fosse una condizione raggiunta da cui partire per fare altro. Ma non parlava della risorsa della meditazione, della passione, dell’approfondimento, e dello studio applicato su di sé, le considerava, cosa che non è, cose intrinseche all’uomo. Serio, diceva che ai 40 anni non ci arrivava, ma che era un misurarsi con la propria resistenza per una buona causa. E’ ancora vivo vegeto e importante per sé e per gli altri, segno che le passioni forti non consumano, ma in tutti questi anni, ha usato la lentezza per spaccare la roccia del pregiudizio. L’ ha usata su di sé e sugli altri per entrare davvero in profondità. Lo fa costantemente con articoli, libri, interviste e cambia il modo di vedere. E’ una persona che ha trovato una ragione forte ed il suo sereno vivere, applica su di sé l’univocità tra pensiero, parola, azione. L’unico segreto che consente una vita libera e davvero mobile nel mondo, perché priva di paura.
La parte interiore conta molto, allinea a livelli più alti i bisogni e soprattutto li soddisfa. Non è questione di quantità, anche la qualità diviene priva di senso, perché non si tratta di misura, ma di adesione a sé.
Ho pensato spesso, in questi anni, ai percorsi di chi come me non ha fede nell’ aldila’,eppure prova il bisogno di misurarsi su terreni più elevati della semplice soddisfazione dei desideri. Che sia la meditazione, oppure lo yoga, o ancora la ricomposizione della mente e del corpo, le discipline orientali, e molto d’altro come via laica alla serenità interiore, ne ho sentito parlare con dileggio, come rinuncia, oppure minore esperienza, perdita rispetto alla vita fatta di desiderio/soddisfazione. In realtà questo aspetto non è per nulla assente solo che non si rinuncia né al corpo né alla mente, anzi, ma la ricerca si articola nel trovare cose che durano, acquisizioni permanenti. Per questo non riesco ad essere indifferente di fronte alla banalizzazione di chi cerca sé stesso. In questi casi, ascoltare e non condividere non mi riesce, e queste voci mi danno fastidio. Come mi infastidisce chi pensa che ogni star bene dipenda sempre e solo dalla nostra volontà. Guarisci, sembra l’invito-promessa che ogni uomo rivolge a sé stesso e agli altri, che poi significa: non disturbare. E cosa c’è da guarire, la normalità inesistente? La medietà che non infastidisce? Oppure guarire è solo star bene e questa risorsa bisogna cercarla dentro, ma anche fuori di sé ?
Domande.
La leggerezza è ancora lontana, e che la strada è lunga come la vita.
Non essendo credente ho compreso bene il punto del tuo discorso….. personalmente credo che la ricerca di sè stessi….in sè stessi, il viaggio interiore…… non abbia niente a che fare nè con l’essere cattolici, ma questo è solo un pensiero personale. Buona serata.
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neppure io sono credente e questa ricerca fa proprio parte di sé. Ognuno la cerca dove vuole e dove la trova. Se la cerca…
buona serata a Te
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Sulla mancanza di paura, necessaria per stare bene, sono totalmente d’accordo: ci vuole una buona dose di fiducia in sé per non averne e la fiducia si ottiene non scendendo a patti con altri.
Sull’univocità invece dissento: mi da l’idea di un monolite, che non viene scalfito da quel che succede intorno. Guai ai troppo sicuri di sé, a chi pensa di avere trovato la pace interiore, a chi pensa di poter essere immune da tentazioni, errori, egoismo e altri sottili maligni tumori dell’animo. Siamo umani. Per fortuna. L’età aiuta di certo a discernere, a levigare eccessi e intemperanze. Di mio aggiungo che ci vuole una buona dose anche di incoscienza curiosa del mondo, per sentirsi vivi. Tra vivi. Per capire ed amare l’Uomo.
Correre il rischio di sbagliare è prerogativa dei forti. Forti di sé.
La leggerezza, poi, è splendida…è uno degli stati d’animo che preferisco. Nel senso che accogli senza eccessive paure quel che ti succede, lasci scivolar via senza troppi danni le tossine, impari, guarisci e non smetti di amare l’esistente.
Chi vuol essere un saggio maestro? E’ invidiabile la posizione di chi ha una risposta per tutto? Saremmo semidei.
No, meglio magnifici esemplari di homo sapiens sapiens, mai domi, in evoluzione, per tentativi ed errori. Benedetti errori…
N.
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“Siamo umani”, che bella questa espressione, quanta misericordia contiene, ma questo non è un limite, è una condizione e l’umano ha il dubbio, l’insicurezza che lo accompagna. La paura è altro. Quando parlo della condizione in cui parola, pensiero e gesto coincidono, parlo della condizione felice di chi non ha paura, è interamente se stesso, libero di mostrarsi ed essere.
Sull’essere vivi, ognuno ha una sua tesi, compresi i morti. Per molti essere vivi significa aver voglia di sperimentare, questa condizione mi piace, ma so che è una parte della vitalità, altri preferiscono la sicurezza, il governo di ciò che li attornia, altri ancora pensano di essere vivi perché parlano, si muovono, amano, a fatica tengono assieme vita, impegni, dover essere, ecc. Potrei continuare con quelli che mettono l’asticella sempre un po’ più in alto in tutti i campi del vivere e quelli che non si muovono perché cercano di capirsi, credo che vivere coincida con il riconoscere la propria vita. Ma la mia è un’opinione che cerco di applicare a me stesso.
Anche sulla leggerezza ho una mia interpretazione, la mia leggerezza è non pesare, seguire il flusso del corpo in accordo con la mente, cogliere ciò che è importante per me. E’ la condizione che cerco da sempre, nel senso che questo è il mio cammino, vado, sperimento, sbaglio, mi perdono, cerco di conquistare un gradino in più, pesare meno. Tra il molto di cui ho imparato a perdonarmi, c’è l’ignoranza, non la maschero, non la esibisco, la conosco e so che ciò che voglio conoscere è solo in parte piccola dentro i libri che amo. Non è più un peso, lo è stato, è una buona condizione che accompagna il dubbio.
p.s. l’homo sapiens è stato cannibale, ha sterminato le altre specie homo assieme a gran parte dei grandi mammiferi che incontrava e purtroppo non ha smesso. Ha bisogno di molti tentativi ed errori, è vero, guai a trovarlo sulla propria strada quando è in caccia. 🙂
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[c’è caccia e caccia… 😉 ]
è arrivato su Marte, con i suoi aggeggi
ha costruito splendide meraviglie
scritto poesie strepitose, libri che sono patrimonio di tutti, musiche sublimi
sì, siamo bestie, ma come si fa a non volerci un po’ di bene?
ah, dimenticavo, l’elogio dell’ignoranza: lo siamo tutti, ignoranti
non è bellissimo? non si smette mai di imparare
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” Cose facili” che noi complichiamo ! Se solo ci abbandonassimo, prediligendo sensazioni, percezioni,essenza, ascoltando senza commento la nostra anima, e rischiarandoci di luce interiore..? Io ci trovo qualcosa di magico in questo abbandono..
Semplice
P.S. evito saluti e abbracci.. dopo aver letto un tuo post precedente… ahhahahhah
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è perché abbiamo bisogno di dare un nome alle cose per governarle, Vera, per tenerle chiuse tra le mani. Abbondanorsi include la fiducia, un modo d’essere che solo con molto amore abbonda.
🙂
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Riconoscere la propria vita. Ci sarà un giorno importante nel quale osserveremo e potremo dire, spero con un sorriso, “questa è la mia vita”.
Ciao
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