Finché parlavo, con distratta solennità della mia formazione, citando maestri e compagni, oppure, sinteticamente dicevo: “sa, di formazione sono un chimico e poi un sociologo”, mi veniva da ridere. Non era vero niente, non mi ero formato, l’avevo fatta franca. Solo ad ingegneria, non l’avevo fatta franca, la abbandonai, come una donna che costringe, al quinto anno, per fortuna di entrambi, ma poi (esiste il contrappasso), mi sono ritrovato a fare un lavoro da ingegnere, con ingegneri che capivano poco e avevano, fortunatamente, molta formazione. Costretto a dire ogni volta: guardi, non sono ingegnere..
Quando mi ero posto il problema della formazione (tardi, molto tardi), il dilemma era stato: posso colmare le mie lacune oppure mi dedico ad altro? Mi dedicai ad altro.
Dal gruppo di intelligenze vivide che eravamo, la vita ci ha diviso ed unito, ma con entusiasmo, siamo andati verso...
no, troppo pretenzioso sembriamo il gruppo di via Panisperna.
Del gruppo di sciammannati, copiatori di compiti e scansafatiche, alla fine ognuno ha vissuto e molti ce l’hanno fatta.
Neppure questo va bene, anche se è più vicino alla verità. Gli intelligenti, nel gruppo, si capiva chi erano, ma non ho mai capito chi davvero facesse i compiti da copiare, ed escludendo l’intervento della divinità, tra noi, un traditore dell’ignoranza, c’era.
Riproviamo:
Del gruppo di ragazzi pieni di speranze, zeppi di fantasie, discretamente arrapati ed insoddisfatti, sognatori in cerca di posto fisso in cui dare il meglio di sé, ovvero oziare e fancazziare, costretti, non per indole o per scelta, comunque a frequentarsi, si sarebbe potuto dire molto. Partendo, ad esempio, dalla necessità di un maggior uso di sapone allo zolfo, e dal miglior uso della giovinezza e del sesso. Ma non era questo che si sarebbe proiettato sul loro futuro, in realtà, ciò che sarebbe emerso nella vita era, il tragico, enorme, sbilancio tra aspettative e pratica possibilità di realizzarle. Insomma quella compagnia di sodali, avrebbe voluto fare molto, come singoli e come gruppo, ma le risorse messe in campo erano drasticamente limitate. Per censo, attitudini, composizione di desideri, obbiettivi. Avrebbe dovuto sopperire la formazione, ma qui faceva aggio la mancanza di una rigorosa disciplina calvinista: eravamo tutti cattolici in prossimità d’ateismo, credevamo nella salvazione e non nelle opere. Qualcun altro ci avrebbe riempito l’intelligenza residua, dopo il gioco di vivere, con quella formazione che suonava così bene dirla in un college inglese e così strana da noi, che al massimo avremmo diretto un reparto di fabbrica. Per dirla brevemente, molti di noi tentarono di vendere l’anima al diavolo in cambio di un minimo di onniscenza per colmare i buchi cognitivi accumulati, ma eravamo tanto poco promettenti, che nessuno rispose.
Fu così che, piano piano, maturò singolarmente, e con una strana concordanza, anche nel gruppo (strano litigavamo su tutto), l’idea che la formazione, il sapere fatto di nozioni, accademico, era un impedimento alla libera crescita dell’individuo. Che codificando regole ed apprendere, si impediva alla fantasia e all’ingegno di stiracchiarsi dopo il lungo sonno, alzarsi con calma, prendere il caffè dell’ottimismo della volontà e poi, trionfalmente uscire nella vita, per piegarla, plasmarla, condurla verso il nuovo. Era tutto così naturale da essere inscritto nel nostro dna, e quindi perfettamente confacente all’uomo (noi eravamo l’uomo), alla sua crescita, alla sua felicità. Anche economica. Ci preparavamo duramente studiando altro, interessandoci d’altro, facendo altro. Questo gruppo, e i singoli, poteva aspirare a guidare qualsiasi cosa, era scevro di legacci, pronto all’entusiasmo ed all’azione, ma anche meditativo, quanto basta, per non aver voglia di far nulla. Una masnada di leoni (avete mai visto i leoni, non fanno nulla se non hanno fame, sono consci di sé e basta) con una diversa fame di sapere. Ed effettivamente si studiava tutt’altro, rispetto al programma scolastico, chi azzardava lingue morte medio orientali, chi si dilettava di filosofia, altri di discipline tecnico motoristiche, tutto andava bene, purché al di fuori del normale corso di studi e vicino all’estro personale. Fosse il teatro nò, oppure il cinema canadese d’avanguardia, l’hi fi costruito in casa, la musica dei trovatori tardo provenzali, la letteratura di fantascienza sovietica. Qualunque cosa era più interessante di quelle banalità scolastiche (si pensava facilmente recuperabili), che insegnanti stanchi ci impartivano. La formazione discussa nell’etimo e nelle fondamenta, per poter davvero dire: mi sono formato. Dove, in cosa? Che domande banali: mi sono formato, adesso compratemi così come sono, se ci riuscite.
E mancava ancora tempo al ’68, leggevo Quindici, andavamo alle mostre di pittura contemporanea per guardare e fare domande intelligenti, del tipo: ma tu l’acrilico lo dai di polpastrello? ed ascoltare risposte infarcite di cioè, fumo e colpi di tosse, mangiare al rinfresco, per poi sghignazzare in osteria.
Il mio compagno di banco, copiava da me, prendeva voti migliori, dormiva fino alle 10 in classe, poi tirava fuori un panino di frittata con la cipolla e faceva colazione. A volte si riaddormentava, ma il pomeriggio giocava a biliardo da dio, voleva diventare giocatore professionista, mi raccontava del mondo suo ed io del mio. Il giorno dopo, bruciavamo assieme, per compiti e per noia, si studiava l’ultimo mese dell’anno. Non hanno capito niente, l’hanno bocciato. E’ diventato presidente della Parmalat spagnola, girava in Ferrari e, ho controllato, non era tra gli indagati. Altri, più conformisti, hanno fatto aziende, soldi, sono diventati professori, ricercatori, professionisti, politici. Hanno cercato posti fissi e sonnolenti, oppure cavalcato onde di intuizione, fatto e sfasciato famiglie, patrimoni, speranze, delusioni.
Nel gruppo di ragazzi che eravamo la formazione ha contato tantissimo, l’abbiamo evitata, ci siamo misurati, abbiamo acquisito dimestichezza con l’ignoranza, insomma, siamo figli di quella formazione.
Ringraziamenti.
Titoli di coda.
Musica.
ciao willy. l’avevo capito. è una ricapitolazione. ma non so perché. ri-capitolazione. forse che la vita e la memoria di essa ci porta a spirali sovrapposte di tempo e intuizioni e desideri e peccati? non so. potrei scrivere quasi scrivere le stesse cose, con una decina (?) d’anni di differenza. seppur di annate diverse, molte persone condividono percorsi simili su sentieri temporali diversi. per questo, per esempio, mi piace Erri de Luca e, non essere sopraffatto dal paragone ( 😉 ) tu.
Il confronto tra l’immaginario originario (quello della gioventù) e l’immaginario proprio di adesso insieme a quanto vissuto ed esperito è una pratica di ribaltamento. Apriamo il petto al tempo. E vediamo che succede.
Siamo sempre uguali eppure altro. Tsunami di noi stessi ci cappottiamo di sentimenti e passioni. E ciò che resta non è distruzione, ma una nuova configurazione. Che ci fa dire che il nostro paesaggio (proprio paesaggio) è ancora bello, seppur diverso. Da costa a costa, da monte a monte, in veste di tempo.
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io adoro i commenti di aspettatore…
quasi quasi ne faccio collezione
ciao, ad entrambi
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Non ho nostalgie, il presente, fatte le dovute tarature, è piacevole, triste, allegro, impegnativo, Ri visitare ciò che sono stato e la vita, ogni tanto, è un modo per non perdermi di vista .
Stasera tutti al bar a sparlare e poi da me, ho champagne e un grande rosso, acciughe, formaggio e pan biscotto.
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Questo amarcord mi piace proprio un sacco: schietto e ironico quanto basta, odora di pane e salame ( di quello di casa,
roba che io apprezzo tanto)
Il video di ecce bombo completa l’opera a dovere. Ricordo d’averlo usato anch’io, l’anno scorso credo, in un post sulla scuola.
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Dimenticavo! Adesso capisco il riferimento all’osteria di un commento sul mio blog!
Sei un vecchio abituè di quel luogo di perdizione!! 😉
Scherzo,
avevo un’amica il cui padre era proprietario di un’osteria. Ho bellissimi ricordi legati a quel luogo a persone di quel periodo
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le osterie ormai non ci sono più, ho qualche bar fidato, al Portello ad esempio, o sotto casa. Posti da perditempo o sognatori. Vieni? 😉
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eh! Adoro padova e proprio di recente ho scoperto angoli niente male. Solo che adesso mi spaventano i fatti di cronaca successi in questi giorni. Tu che mi dici? Hai “sentore” di questo clima pesante? L’esercito fa la ronda anche in pieno centro storico, è un pò preoccupante la cosa…mi sto tenendo lontana dallo struscio in via Roma anche per quello
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Letto il tuo post, letto il commento di Asp… credo che per oggi sono felice così.
Proprio in questi ultimi giorni rispolveravo il passato, ma con spirito diverso.
Meno critico e con molto meno rimpianto.
Provo affetto per ciò che è stato, ma vorrei molto, ancora molto,dal futuro.
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Ti lascio un link… stanotte è in sintonia con la mia voglia di leggerezza… ma un filo conduttore secondo me ci sta…
notte
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