Spesso parlando di una persona morta giovane, si dice quanti anni avrebbe ora. Bobby Sands, ha ancora 27 anni. Li aveva il 5 maggio 1981 e li avrà per sempre, almeno finché qualcuno si ricorderà di lui, in Irlanda o altrove. Allora, come adesso, accade che la forza di un ideale, di un sopruso patito, cancelli l’età, renda così alta la testimonianza che non saranno necessari altri messaggi per rendere evidente l’ingiustizia. Era accaduto ed accade, penso alla mia generazione, con i morti di Reggio Emilia, con Jan Palack a Praga, a Parigi e a Berlino nel ’68, ma anche con i bonzi che si davano fuoco a Saigon e in Cambogia, con i giovani a Teheran prima e dopo la rivoluzione, in Palestina, a Pechino, e potrei continuare verso il Cairo, la Tunisia e la Libia di questi giorni. Una scia giovane di scelte che trascinano i popoli e cambiano gli stati. Non importa in quanto tempo, ma rimuovono la gora dell’acquiescienza, rendono evidenti i problemi.
Bobby Sands morì dopo 66 giorni di sciopero della fame, e dopo di lui morirono altri 9 militanti dei due movimenti irredentisti dell’ Ulster, tutti detenuti negli H-Blocks del carcere di Long Kesh. Bobby era deputato al parlamento britannico da 25 giorni, il primo ministro inglese era Margaret Thatcher, né l’uno né l’altro cedettero, ma vinse Bobby. Difficile ricordare, cosa arrivò allora, in un mondo non ancora globalizzato, certamente quella che sembrava una questione importante, ma locale, divenne l’ennesima dimostrazione che lo scontro tra Davide e Golia era possibile e che il debole non era automaticamente vinto. Si disse, quello che sento ripetere ora per i movimenti nei paesi del mediterraneo, ovvero che si può opprimere il popolo per anni, addormentarne la rabbia, togliere la speranza del cambiamento, la cultura e la percezione del vero, ma alla fine il movimento tellurico si scatenerà, e ciò che era impossibile improvvisamente diverrà insufficiente.
Bobby Sands, non era l’incarnazione del bisogno di tutti, certamente non del pensiero dei protestanti, ma evidenziava un problema di oppressione. E lo faceva difendendo la dignità della propria idea di un’Irlanda unita. Aveva un percorso fatto da scelte forti, iniziate presto. Chissà quanto avrà pesato la Bloody Sunday di nove anni prima, su di Lui. Era giovane, ma non aveva età, nel senso che gli ideali e i principi straripano rispetto alla normalità delle vite. Non era un trascinatore, lo divenne perché non tornò indietro rispetto a ciò che riteneva giusto. Forse voleva parlare solo agli irlandesi e agli inglesi, in realtà parlò al mondo di allora, dicendo che la speranza di chi spinge in avanti la storia vince su chi bastona e uccide. E qualcuno di noi, che allora era giovane, amò la sua forza e fiducia. E anche Lui e la causa irlandese.
Bello, bello, bello. Punto.
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mi ricordo di Bobby Sands. I giorni scanditi, ancora uno, poi l’altro, poi l’altro. Lasciato morire. Ho letto recentemente che pare che il governo abbia cercato di trattare con la parte politica dell’IRA ma non ci fu verso. Avevano bisogno di un martire e rifiutarono la trattavia. Chissà se è vero. Come per Moro. Lessi anni fa un libro della Faranda che ribadiva che fino all’ultimo le Br cercarono una trattativa, una via d’uscita per tutti, ma la DC non ne volle sapere. I martiri servono per stampigliare le loro facce sulle bandiere e farne ammazzare altri. Che Guevara insegna.
Anche Ian Palack, anche i monaci buddisti che si bruciavano per le vie di Saigon…quante vite immolate, Willy. Pensiamo che siano serviti : almeno è consolatorio.
buona notte.
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Dopo Bobby morirono altri nove militanti carcerati. La protesta nasceva due anni prima, quando fu rifiutata ai prigionieri la qualifica di prigioniero politico e fu imposta la divisa carceraria. Prima dello sciopero della fame ci furono gli scioperi delle coperte e dello sporco. La lady di ferro non cedette, e neppure i militanti. Non so se ci fu un’azione preordinata, di sicuro Bobby, ufficiale di collegamento voleva mandare un messaggio forte. Chi mette i ritratti sulle magliette non e’ mai in prima linea, e’ solidale. Per me Bobby, come molti altri rappresenta i giovani che non si preoccupano troppo se qualcuno li strumentalizzerà, ma credono ad un’idea e si comportano di conseguenza. E’ una specie umana che non muore e che da vita al resto del mondo.
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sai Roberto io amo la vita più che la morte. sarà che sto entrando in reparti dannati di ospedale e lì è la morte che non chiedi mai, la morte dei veri eroi.
non so se è servita la morte di Bobby Sands : da vivo, forse, avrebbe potuto fare qualcosa di politicamente importante per il suo paese. E per se stesso.
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“Beato il popolo che non ha bisogno di eroi” (Brecht)
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Non credo che si possano fare graduatorie di eroismo.
Credo invece che la vita normale di noi tanti debba comunque molto alla follia di quei pochi.
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Sento e condivido quello che dice Rob, la normalità ha bisogno d’eroi, come le chiese hanno bisogno di santi. Bobby Sands amava la vita,come ogni giovane e se è uscito dalla normalità era per mandare un messaggio. Forse era follia, ma quel messaggio è arrivato a molti. Ha prodotto effetti, sono state cambiate leggi e trovati accordi, ha aperto gli occhi a molti. Questo penso.
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