canto terrestre

A non credere ci son vantaggi,

e solitudini senza luce,

fatte di quel bujo che aspira la vita, e toglie alibi ed appigli,

al salire e scivolare e riprovare,

nella sequenza infinita del Sisifo che non muore.

La terra si scuote,

vibra sempre tutta, di noi indifferente,

se non sappiamo leggere o capire,

e l’uomo, appeso al ciò che crede, sussurra di non chieder conto di ciò che accade.

Ed intanto,

riparare, consolare, nella paura che resta e si confina nella fede.

Di cosa e di chi? E dei fili strappati che dire, allora?

Se le vite cancellate entrano nella contabilità del fato, resta l’ansia del giorno,

l’insicurezza che nulla e nessuno, per noi governi,

et non nobis domine, perché

ci toccherà davvero solo ciò che c’accade.

A noi.

Ciechi pazzi solitari, senza speranza,

mentre dovremmo stenderci sulla terra,ed amarla.

Amarla  d’ attenzioni tenere, ogni giorno,

sentirne il flusso ed il respiro unisono,

capirla ed esserne tutt’uno.

Congiungersi nella morale della terra, che non usa e non è usata,

morale d’essere, religione dell’esistere priva di domande che portino altrove

paura e responsabilità.

Noi, qui, adesso, senz’alibi di vestiti, a vibrare assieme

e muti di parole, sentendo,

anche la paura sentendo, quella che fa stringere i cuccioli,

che abbandona le cose e corre nello spazio aperto,

quella che stringe ciò che è caro, e posa e capisce,

non la furia tua che non esiste, ma l’ amor tuo indifferente,

di maestra senza ammonimenti, che rimette in ordine le cose,

e noi, consegnandoci ciò che importante è davvero.

Nelle mani, aperte, che sanno d’erba e di terra, di roccia e d’alberi,

di pelle e di ferite, di piacere e di respiro,

palmi da aprire e posare, per ascoltare non per dire,

e poi portare al viso, ed annusare,

respirare te, che vivi con noi, e non per noi.

A te non chiederò ragione, di te mi fido,

non ho nulla da credere, posso solo amarti e scoprire,

qualcosa, oltre ciò che vedo, sentendo, ascoltando,

e so che di tutto questo tu farai di me uno, come hai sempre fatto.

E tanti.

E di questa unicità che non si trasmette, lascerai traccia per riconoscere chi,

come me ti ama, e condivide,

e resta uno, e non solo.

 


Un pensiero su “canto terrestre

  1. condivido lo stesso sentire, con una differenza: in questo sentirsi parte del tutto, figli della Dea Madre, io non mi sento una (e una sola), ma sorella, figlia, un infinitesimo arco del cerchio della Vita ( a cui, da donna, ho in parte contribuito con la mia discendenza)
    bisous

    "Mi piace"

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.