non sono mica cose serie

 

 

Due disinteressati della vita. Una donna e un uomo. Non si conoscono, spesso mi telefonano. Li chiamano aspiranti suicidi, ma non è il loro modo di sentire, semplicemente non gli interessa più vivere. Si lasciano andare.

Oltreché ascoltarli, non so che fare, sono vite diverse dalla mia, ma neppure tanto, potrei essere al loro posto. La donna è in crisi d’amore. O forse l’amore è il punto acuto della crisi. L’uomo è in crisi per il lavoro, ed anche in questo caso il lavoro è l’epifenomeno di un disagio precedente. In realtà non sono fallimenti, ma incapacità di vivere il presente, di affrontarlo ogni giorno. Bisognerebbe andar via dalle case piene di memoria, azzerare il peso di questo vivere troppo pieno di modelli di felicità. Glielo dico, ma non ascoltano. E questo contesto non aiuta, sta intossicando con l’indifferenza e l’isolamento ed aggiunge veleni ai veleni autoprodotti.

Di sesso e amore non so parlare con leggerezza e neppure di lavoro: dalle lenzuola stropicciate vengono rumori e sentori particolari, impronte che parlano d’altro. E delle mani e dell’intelligenza dei lavori a progetto cosa vuoi che resti? E’ tutto così labile.

Non posso parlargli di me, ascolto, forse vogliono anche quello, ma l’esperienza e il mio ottimismo non gli basta. Hanno tirato i remi in barca ed io non riesco a rispondere nulla sulle richieste d’aiuto. Allora mi prende uno scoramento, una tristezza infinita da inanità, come fossi il rappresentante di questo mondo che tutela la vita a parole e spinge nella disperazione le persone. Non possiamo salvare tutti. Non possiamo salvare nessuno, tranne noi stessi e dare una mano. A volte neppure quella. E non girarci dall’altra parte. Quanta tristezza in tutto questo.

8 pensieri su “non sono mica cose serie

  1. com’è come non è… il fatto è che non possiamo salvare nemmeno noi stessi.

    scherzo 😉 però il pezzo è bellissimo.

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  2. Sai, guardo queste immagini raccapriccianti di devastazioni, ripenso alla povertà in mezzo a cui mi sono spesso trovato viaggiando, alle energie che sanno tirar fuori certe persone veramente bersagliate dalla sorte.

    Il resto non sono appunto cose serie, o non lo sono altrettanto. La noia della vita mi sembra spesso figlia della sazietà.

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  3. La sazietà genera noie mortali, dolori senza soggetto ne’ oggetto, ma non per questo meno crudeli. Cos’è che ci trattiene dal precipitare, Rob, te lo sei chiesto, immagino. Certamente non le disgrazie altrui.

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  4. sono succhiatori di energie altrui, gli eterni aspiranti suicidi, i depressi cronici, sempre in prima fila ad alzare la manina e sgomitare per non perdere la pole position dei dolenti. Io li sopporto poco, pochissimo. giusto la dit nei suoi momenti down, che poi tornano up, grazieadio. si può pensare di morire per amore? ne sono già morti a manciate, non hanno bisogno di emuli. e per lavoro? daaaai willy..io quei personaggini li manderei obbligatoriamente un paio di mesi nelle corsie degli ospedali dove i bambini muoiono di cancro, o di aids…o nelle bidonville dei sud del mondo. Poi vengano ancora a menarcela con i loro amori finiti o altre pippe del genere.
    l’esaurimento è una malattia? bene, la curino. E facciano qualcosa di utile per gl’altri.
    missminnie-tranchant

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  5. come sai Minnie sono molto meno tranchant di te. Cerco di non tirarmi in disparte se mi tirano la giacca. Credo che in questi casi in cui la depressione deriva da problemi reali, interni ed esterni, queste persone cerchino qualcuno su cui concentrare la disperazione. Qui l’esaurimento è curato farmacologicamente e psicologicamente, ma non basta. E’ vero che tolgono energia, e certamente non pescano solo su una persona, fanno anche cose utili, ma non basta. Andare in africa, o in una corsia esige forza e ottimismo sul vivere, si può consigliare, dire, e lo faccio, ma con la mia testa non con la loro. Credo che problemi ne abbiamo tutti, con la mia malinconia ho imparato a vivere, la considero una parte buona di me, ma c’ho impiegato molto e mi ha insegnato il senso del relativo, del contingente. E se l’ottimismo è sempre tornato credo sia dipeso anche dal fatto che in fondo non mi sono mai sentito solo a lungo. Parlo della solitudine dove gli altri non esistono e non possono modificarci, non interagiscono con noi. In questa solitudine che l’altro soffra, viva o muoia conta poco, perché non interessa più nulla. Comunque sono d’accordo con Aspettatore e con Rob, è difficile salvare sé stessi, gli altri non si salvano, se non ci si nega troppo a volte si salvano da soli.

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  6. ho fatto domanda, e dovrebbero prendermi, per andare al sabato pomeriggio a leggere negli ospedali. mi piacerebbe , a me malata, che qualcuno arrivasse e per un’oretta mi leggesse qualcosa di bello, per non sentire il male.
    penso che mi servirà, come al solito fare queste cose serve molto a chi le fa. per sentirmi ancora una volta fortunata ad essere sana. massimo rispetto per chi soffre di esaurimento : le cure possono fare molto, qualche devoto ascoltatore pure.
    non sono fatta per sentirmi ripetere all’infinito le stesse cose, senza il fare qualcosa.
    è un mio limite, forse.
    quando avevo neanche 30 anni , due bambine piccolissime e un cretino per marito, avevo delle crisi di panico mostruose : nessuno della mia famiglia mi cagava più di tanto. ciucciavo lexotan dal botticino e andavo avanti, quello che non ti ammazza ti fortifica 🙂
    non è una ricetta. però io mi sono obbligatoriamente salvata da sola.
    buona serata……..

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