orizzonti

“Il profitto deve essere reinvestito per il benessere della comunità”.     Adriano Olivetti

 

In questi giorni ricorre l’anniversario della morte di Adriano Olivetti: passerà come tante altre date soverchiato da questo quotidiano che non lascia traccia e cancella ogni cosa. Se vi capita di andare a Matera, visitate il quartiere di La Martella, resterete delusi perchè oggi del disegno di Quaroni resta poco più di una piazza, ma lo spirito visionario per cui, in una parte d’Italia considerata vergogna del paese, si radunarono tanti e tali ingegni da pensare possibile un sogno, è ancora presente. E’ il sogno di un’umanità che trova un rapporto positivo tra lavoro e crescita individuale, dove l’affrancamento dalla fatica e dalla miseria non è lo scivolare nella corsa individuale al profitto. Questo spirito, se commettete la fatica del vedere, lo troverete disseminato per Matera, presente nei Sassi, nel museo e nelle opere lasciate da tanti artisti alla città. E’ presente nel coraggio dell’associazione culturale “la scaletta” che continua ad insistere sul rapporto tra luoghi ed arte, è presente negli occhi che si illuminano e si inumidiscono pensando alle semplici, grandi imprese gratuite fatte ed alla difficoltà attuale di mantenere la stessa spinta. Adriano Olivetti era  anzitutto una persona per bene, oltre che un grande imprenditore, e nel far crescere un’aziendina fino a farne un gruppo a livello mondiale, continuò a sognare cose belle e a realizzarle. Diede vita ad un gruppo dirigente prima sconosciuto in Italia, mettendo assieme intelligenza, crescita ed equità, il suo stile aziendale influenzò tutti gli altri grandi gruppi. Che si confrontarono, fosse solo per fare diversamente.

Ad Ivrea, era il luogo principale dell’elaborazione e del produrre dell’Olivetti, ma in Italia e all’estero sorsero fabbriche, centri di ricerca, che mettevano assieme crescita ed un modo umano di vedere la fabbrica. Credo che la sintesi di Adriano Olivetti sull’idea del produrre fosse rinascimentale ed illuminata allo stesso tempo. Questo rapporto tra il lavoro, la crescita sociale, il dentro e fuori la fabbrica, partendo dall’architettura, dalla pulizia e dagli spazi, fino alla visione di una comunità cooperante e solidale, diede vita ad una stagione irripetibile. Il movimento di Comunità ne fu una delle propaggini, ma ciò che oggi non riesco a vedere è la contaminazione che allora investiva ogni parte della società italiana, e che cambiava un paese agricolo e pittoresco in un paese europeo. Il sogno era che la cultura servisse davvero a qualcosa, che assumere come dirigenti di fabbrica, intellettuali, esperti dalla visione ampia, fosse il modo per dire che erano vere le cose che si pensavano, scrivevano e sognavano. Sono state persone che hanno cambiato vite, segnato il modo di vedere il presente e il futuro, che hanno portato una positività nell’agire oggi sconosciuta. Tutto questo circolava e altre figure come Aldo Capitini, Danilo Dolci, don Milani, insieme a tanti altri, vivevano in quegli anni, discutevano, facevano, erano presenti, anche attraverso contrasti  vivi e cambiavano ciò che stava loro attorno. Adriano Olivetti, in un ambito fino allora incongruo, l’impresa, fu uno di questi, ed un organizzatore del cambiamento. Qui dovrebbe subentrare il lamento per l’oggi, ma che ci si lamenta a fare, se non c’è memoria non c’è futuro di continuità, ed il presente è troppo squallido per lasciare traccia. Forse è l’unica nota positiva di questi anni: non resterà traccia di questo vuoto di sogni.

p.s. ho letto due post in questi giorni che mi hanno fatto pensare alla funzione del lavoro, ne riparleremo.

http://gittiepoi.wordpress.com/2010/02/20/detto-tra-noi

http://no.blog.kataweb.it/2010/02/23/per-inciso

 

 

13 pensieri su “orizzonti

  1. ecco vedi Willy! questo è il capitalismo di cui parla Max Weber, il capitalismo di origine calvinista, che faceva riferimento a valori precisi, come quelli di Olivetti. ma è una componente ideologica diventata decisamente minoritaria. il capitalismo trionfante è ben altro ( Marx sarà obsoleto, ma mica tanto in certe cose). purtroppo la forma dominante del lavoro è lo sfruttamento e l’alienazione. questo è quello che vedo. vedo miei ex alunni che si ammazzano in giro per il mondo rincorrendo la carriera , il prestigio, il successo, per arrivare spompati , ma dove? anche le donne, coinvolte in questo gioco al massacro, si credono che lavorando realizzano se stesse, sì ma poi la vita ti dimostra che così non è… arrivare a casa alle otto di sera, per finalmente rivedere i figli e mettersi a lavorare in casa, che soddisfazione i è???

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  2. sono andata a leggere i post che hai segnalato e quello sui down con le passeggiatine l’ho trovato umiliante.
    quanto al commento lasciato dalla tua ospite qui sopra penso che le donne abbiano tutti i diritti di lavorare senza pensare di essere dentro ad un gioco al massacro, che se lavori ti puoi anche pagare una colf che ti aiuti in casa ed evitare di stirare fino a mezzanotte, e che per i figli è meglio una mamma realizzata che una piazzata davanti ad un asse da stiro a guardare beautiful (parlo per esperienza). Non mi sento sfruttata nè alienata, il mio lavoro mi piace, lo faccio con passione, quando arrivo a casa se sono stanca mangiamo toast o 4 salti in padella…così quelli che lavorano alla findus hanno il posto assicurato 🙂

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  3. Mi sfilo dalla discussione per indicarti un post di Luciano che ripercorre il tema dell’etica pubblica, partendo da un punto di vista e di osservazione particolare: le differenze di comportamento tra le società a carattere di prevalenza protestante e/o cattolico.
    Mi sembra uno spunto di riflessione importante, che trascende l’essere o no credenti (io posso dire di non esserlo, per esempio) perché, che lo si voglia riconoscere o no, tutti siamo permeati della cultura in cui siamo vissuti fin qui.
    Ed è un tema che si riallaccia al tuo poiché l’etica di Adriano Olivetti e degli altri imprenditori non-come-lui trova radici anche nell’impronta “religiosa” della nostra società.
    Sottolineo ancora, per chiarezza d’intenti, il mio ruolo di osservatrice e di persona che riflette anche su aspetti dei quali cui non partecipa, come l’appartenenza religiosa.
    Leggi qui:
    http://lucianoidefix.typepad.com/nuovo_ringhio_di_idefix_l/2010/02/una-donna-seria-il-vescovo-protestante-margot-kaessmann-si-dimette.html

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  4. IMMAGINA IL SOGNO REALIZZATO E AVRETE DI PIU’…!
    Questo l’ho sempre pensato ma…
    IL PROFITTO DEV’ESSERE REINVESTITO PER IL BENE DELLA COMUNITA’.Bello ma…
    Ricordo qualche spezzone del Capitale di un utopista poco capito contraddittorio nella vita pratica che aveva vista lontana ma…
    Riporto quello che m’è restato impresso.
    Domanda
    “Che cosa intende lei (Weguelin governatore della Banca d’Inghilterra) per FLOATING CAPITAL?
    Risposta
    “E’ il capitale disponibile per prestiti monetari a breve termine” (biglietti della BI…delle banche provinciali e l’ammontare di denaro che esiste nel paese)
    Domanda
    Non sembra,secondo le disposizioni rese dalla commissione che,se per “floasting capital lei intende la circolazione attiva dal momento che si possono verificare delle oscillazioni molto considerevoli anche se tuttavia sussiste una forte differenza secondo che questa circolazione attiva venga anticipata dal capitalista finanziario oppure dal capitalista produttivo stesso
    Risposta
    Io includo nel “floating capital” le RISERVE dei banchieri per le quali si hanno delle fluttuazioni importanti in quella parte dei depositi che i banchieri NON hanno di nuovo dato in prestito ma che figurano come loro riserva e in gran parte come riserva della BI presso la quale essi si trovano depositati ecc ecc
    Gerghi camaleontici e trasmigranti il “senso” stesso per cui tutto è e tutto è il contrario di è!
    RE-INVESTIRE sarebbe assolutamente necessario qualora NON ci fossero RISERVE- EGOISMI e senza capitale in eccedenza ma…resta da vedere se non si ha a che fare con “sensali di merce” sfruttatori di crani tritacarni indefessi cinici e spietati.
    La funzione del lavoro (IN TEORIA) dovrebbe tenere conto delle capacità personali nonchè delle risorse umane impiegarle per il bene proprio dei singoli della società ma…questa è l’utopia dei POETI più che degli economisti.A loro (economisti) è dato far frullare a tutta velocità il frullatore sghignazzando se il frullatore si rompe.Sarà SOSTITUITO con la stessa fredda tempestività con cui l’hanno comprato e al costo più basso.
    Postilla
    Se le donne amano il lavoro che fanno e sentono la RAGIONE dell’utilità ben venga tutto ciò che fanno a piacer loro e a danno loro che questo si saprà solo strada facendo se non alla fine ma…se anche NON l’amassero fossero invece solo COSTRETTE a fare per sopravvivere a ogni tipo di brutalità di gabbia o di NECESSITA’ pena la pena di altri ebbene povere e care donne FATEVI CORAGGIO ANDATE AVANTI CON FIEREZZA E CHE LA VOSTRA FORZA SIA CON VOI E DIO INSIEME.
    Personalmente NON amo la competitività sfrenata come la sfrenata ambizione ma…non faccio testo.
    Ho scritto troppo e di foga.Errori ce nè saranno a iosa m’auguro non sia stato mutilato il SENSO.Bianca 2007

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  5. Interessante il tuo post che mi fa viaggiare dai Sassi, di straordinario impatto emotivo, a quel vuoto di sogni di implacabile verità.
    (ti ho linkato anche io con grande piacere)

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  6. vorrei raccogliere le idee dopo i vostri stimoli, cercherò di sviluppare un ragionamento sul significato del lavoro per me con un post dedicato. Sull’etica imperante, già i vizi privati e le pubbliche virtù sembrano un modello di virtuoso comportamento. Ma non vale lamentarsi.
    Olivetti era di ascendenza ebrea, profondamente laico: un prototipo di quell’uomo alternativo che vive e dialoga con diverse sensibilità a-religiose oppure religiose e rispetta chiedendo autorevolmente rispetto. Weber, di cui ho amato la lezione, è diventato un luogo comune, del resto il legame tra l’etica protestante e lo spirito del capitalismo, non regge all’analisi storica, ma su una sensazione, una minoranza di questo paese è d’accordo e cioè che altrove esiste un’etica pubblica mentre in Italia, la moglie di cesare batte beatamente il marciapiede con piacere suo e di tutti quelli che aspettano il loro turno e tutto lo dicono. Di Weber mi piace molto, oltre alle lezioni sulla storia, la riflessione sulla burocrazia e sul suo ruolo di garanzia. Anche su questo ci sarebbe da riflettere e sui servitori dello stato trasformatisi in gran commis, come fu un tempo per i Capetingi, ma allora eravamo prima dell’anno mille e i secoli erano meno illuminati.

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  7. …di olivetti mi era rimasto impresso il bellissimo ritratto che ne fa la ginzburg nel suo “lessico famigliare”.
    quello che dici nel post mi conferma la prima piacevole impressione sull’uomo.

    …post interessante, willy, anche il commento di sintesi.

    @ bianca:
    mia figlia maggiore si chiama caterina, e la prima tesina che fece a scienze politiche fu proprio su max weber…!
    lo ricordo perchè le trovai l’immagine di un quadro di rembrandt per la copertina:
    “i sindaci dei drappieri”
    ah…non è proprio una zarina ma ci sta provando!
    😀

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  8. Un bellissimo articolato ricordo di Adriano Olivetti è stato condotto lungo la scorsa settimana a radio 3, con ‘intervento, tra gli altri, della figlia Laura Olivetti.
    Credo che il richiamo al Rinascimento sia giustissimo. Basti pensare al rapporto strettissimo di Adriano Olivetti con intellettuali e artisti. Se penso che a fare il selezionatore del personale chiamò Ottiero Ottieri mi commuovo!
    Anche io ho trovato interessante il recente articolo di Luciano che, del resto, torna spesso sul tema dell’etica del lavoro e no.
    Quanto alle donne e al loro rapporto con il lavoro a me, vecchia femminista, non sembra proprio che il nodo produzione/riproduzione sia stato finalmente sciolto. Le donne vi sono ancora avvinte e persino soffocate. Un ahimé
    grazie
    marina

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  9. PER ARYA,
    Caterina è un nome bellissimo ma non è il mio.Mi fa piacere che lo porti tua figlia.(Il destino nel nome?…)Saluto il padron di casa e tutti con l’ombrello e senza ombrello che almeno le scarpe ci sono e le abbiamo.Bianca 2007

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  10. ciao willy, se passerai da me c’è il volantino delle giovani studentesse liceali che parla anche del lavoro femminile. E non ne parla come ho letto in qualche blog e commento come qualcosa che le soffocherà e a cui devono rinunciare : rivendicano il diritto del lavoro giustamente pagato, che deve essere spazio di libera espressione, che la cura della famiglia non deve essere ritenuta una dote naturale femminile….crescono le piccole streghettine, che hanno mamme che hanno trasmesso non solo assi da stiro e stanchezza, ma orgoglio di quello che si fa, e che si può essere madri e lavorare, stirando una camicia in meno , e mangiando un toast in più …

    collettivo AlterEva….bei ricordi, Willy…belle queste ragazzine che non vogliono fare le veline 🙂

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  11. ULTIMA COSA E POI SCAPPO IN VERITAS-MENTE.
    Rari sono i POETI molti quelli che si arrabattono a fare soldi pochi quelli che li sanno fare.Un’Evviva a questi ultimi che un “domani” “saranno i primi” se sapranno REIN-VESTIRLI NON ASPETTANDOSI neppure un grazie e neppure un’Ave Maria SEMI però sicuri che cresceranno anche dopo una terra bruciata liberi dove il vento ha voluto portarli e che incrociandosi germineranno spighe o legno da ardere o da riposo.Perdona la fretta dell’invasione in-completa d’un pensiero in fuga di sosta.Bianca 2007

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