immaginate

                                                                                                                          barbagiaImmaginate dei padri, ormai attempati. Immaginate storie tristi che hanno scosso famiglie spogliandole di gioie semplici: l’appartenenza, la vita, i giochi che fanno crescere, sorridere, preoccupare. Immaginate il tempo interrotto eppure il tempo che continua. La necessità di non lasciarsi andare perchè altri hanno bisogno. Tutto questo con il riserbo di persone che parlano poco anche nella vita e nelle storie conosciute. Qui la domanda non può avere punti interrogativi, dev’essere lieve come carezza e forte come abbraccio. Un poeta scrive una ninna nanna per il suo bambino. Le parole sono il luogo dei desideri, da recitare ogni sera, come storia e preghiera. Mentre scende la luce i suoi occhi vedono il futuro, i giochi, i doni, le bellezze che il bimbo avrà. Ogni cosa possibile e impossibile gli verrà portata, perchè sia felice e importante per sè stesso. La ninna nanna si snoda e davanti agli occhi del bimbo, che ormai si chiudono, scorrono i colori: l’oro, il rosso, il blu intenso che si screzia d’argento, il verde prato. Poi il nitrito di un cavallino, un piccolo fucile per sembrare più grande, un uccellino che canta il risveglio al mattino. Ci sono gli odori della cucina, il profumo del cortile, lo zucchero che caramella e riempie l’aria e la bocca. Il bimbo adesso dorme e sorride. Il babbo lo rimbocca e bacia piano. 

Su questa poesia, la musica è stata scritta dopo un lutto così grave che solo una cosa bella e profonda poteva diluirlo e quando il coro la intona, gli occhi si inumidiscono, la voce si rompe in pezzetti di cristallo. Sono vecchi padri, conoscono le vite di chi sta accanto, hanno partecipato allora alla disperazione muta ed ogni volta sono pronti a stringere spalle dentro braccia forti.

Libera nos a malo.

  

5 pensieri su “immaginate

  1. Non ho proprio ben capito, ma mi pare una dichiarazione, seppur mesta e sottotono, di speranza. Chè se non ci fossero i piccoli ci si sentirebbe già finiti, probabilmente.

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  2. Qualche spiegazione la devo, visto che per ora non sono riuscito a postare la ninna nanna di cui parlo registrata. Nei giorni intorno al 1 maggio ero in Barbagia. In questo territorio lavoro da anni ormai e per qualche motivo oscuro, i rapporti sono diventati di amicizia tra persone. Non è solo l’ospitalità dei Sardi, è qualcosa di più che porta a raccontare vicende familiari, aspettative. In alcuni momenti il lavoro non c’entra più e il 1 maggio ero sul monte Spina, in un ovile con persone che in buona parte vedevo per la prima volta, ma ero amico di amici e non c’erano barriere all’accoglienza. Ascoltando durante il pranzo le storie si sono intrecciate col presente, raccontate piano. Erano storie di dolori, di figli perduti e tanto presenti, di famiglie numerose rimaste senza un pezzo importante. C’era il maestro compositore di un coro, alcuni coristi: sapendo che anch’io avevo cantato in un coro, il padrone di casa voleva farmi ascoltare i loro canti. E questi si sono susseguiti, tradotti per me veneto, distante eppure vicino. Il rapporto è diventato così intenso tra storie, canto e vite che più volte mi sono commosso con loro. Veniva da stringerli forte quegli uomini, così schivi e dignitosi. Ma questo era in più, così ho cercato di capire e di dirglielo, con meno parole possibile. E poi sono stato zitto.
    Credo che stiamo perdendo pezzi di vita se non riusciamo più a piangere e a provare speranza. Quello che ho sentito tra queste persone con forza, voglia di fare, come sa chi conosce il lavoro duro quotidiano. E si dedica a sè per lasciare quello che ha a chi resta.
    Grazie arya, è una canzone che significa per me, ora come allora. 🙂

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