L’auto si fermò sul ponte. Lui scese per primo, poi la bimba, il motore restò acceso. Il ponte era lungo, a metà cominciarono a guardare l’acqua fangosa. Il livello era sceso dopo la piena, ma la corrente spostava tronchi e grossi rami. Tutto roteava piano tra rive piene di alberi semi sommersi.
Spegni il motore, papà, per favore.
Lui non ascoltava, guardava l’acqua. La bimba ripetè, più piano, poi si appoggiò alla gamba del padre.
Le luci di posizione rosso scarlatto, occhi distanti, lui taceva, ma ora nella mano destra teneva una walther, nera, pesante, regolarmente denunciata.
Guardava l’acqua e pensava. La bimba, in silenzio gli abbracciò la gamba. Faceva freddo. Adesso sul fiume la luce calava. Il suo pensiero si soffermò sul vapore di un sospiro più lungo, poi un brivido.
La pistola era troppo pesante, se ne accorse, riponendola.
La bimba lo guardò. Si era sciolta la sciarpina colorata, la sistemò con cura, le dita per un attimo sfiorarono il viso.
Poi, prese la bimba per mano. Una stretta lieve.
Difficile commentare senza sembrare sciocchi o retorici.
Forse, almeno una volta nella vita, ci abbiamo pensato tutti.
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ma dove sei?
mai a casa eh? 🙂
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Avevo 10 anni. Ero in macchina con mio fratello, più piccolo. Ci eravamo fermati davanti ad un’armeria. Ad un tratto, sul ponte, si fermò. Scese, estrasse un pacchetto dalla tasca e lo gettò nel Po. Piangeva. Si rimise alla guida. Non corsero parole tra noi. Più tardi capii…
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