Tra me ragiono di malesseri speciali, è la stagione, Guardo la pioggia che ha intriso il cartongesso. Una parete da buttare. Guarderanno per aria, evitando lo sguardo, dicendo: chi può preveder la pioggia e nessuno pagherà la propria imprevidenza. Ma penso che tra il fango si fanno cose, spesso poco pregevoli, ma almeno si costruisce, perdio, lo dico agli animali acquattati che non sanno cos’è verde, spazio, volume. Ne hanno un’idea vaga e già sono nel coro dei pavidi che si leva a chiamar sventura. Lo sai tu quanto è bello, fare cose belle, quando la cura pervade ogni atto e non è più questione di guadagno o tempo, solo l’utilità del proprio tempo?
Questa città, un pò per volta, è da radere al suolo e rifare, col rispetto del sarto. Con pudicizia. Non sarà così, volumi, spazi, strade: hanno vincolato palazzi privi d’ogni pregio e abbattuto villini ed alberghi liberty, staccando nottetempo mosaici per i nostri antiquari. Ho visto un fregio in discarica, pronto ad essere macinato: meglio così sarebbe finito tra ricchi annoiati in case anonime e prive di cuore. Era già morto assieme all’altro non salvato.
Mi parli di rabbie, ma non mi freghi, solo l’intollerante incespica nel particolare, il mio è malessere, insofferenza, guardo orizzonti più larghi. Non mi freghi, vivo all’aperto, nelle camere alberga l’intolleranza nutrita di luci gialle e di parole acide e vuote di fare. L’insofferenza richiede eroismi civili ed allegri. E’ quella che fa alzar la voce e piega una ruga al sorriso, sempre pronta a dimenarsi per scrollare un peso.
Un giorno mi dissero: è brutto, cadrà presto. Non era vero nè l’uno nè l’altro, ma il particolare aveva annullato l’estro e cogliere la grazia dell’arco aveva bisogno d’uno sguardo largo. Se un giorno cadrà sarà per mano d’ interesse. Le pietre da discarica raccontano che il bello costa quasi quanto il brutto, solo che non ha propria voce e forza . E’ denigrato il bello, gli negano l’utilità e non si oppone. Lascia fare, ma non muore e qualche volta allegramente vive.
p.s. Sibelius pensava ad una materialità della creazione musicale e la immaginava protesa verso la scultura. Quando pensiamo ad un edificio, ad un’opera, qualunque sia il mezzo, ne cogliamo l’armonia, dapprima e poi l’innovazione ed infine la permanenza: la sua ragion d’essere per l’appunto.
”Ci sono donne che fanno il pane e il pane rigonfia sotto le loro mani; ci sono le donne a cui il pane non gonfia. Quello è un fatto puramente naturale e fisico, perché deriva proprio dal calore delle mani. Noi architetti abbiamo un pane, abbiamo questo pane da modellare, ma bisogna controllare se abbiamo il calore, il calore nelle mani. E non c’è il calore se non si ama profondamente… Amare, noi si ha una paura cane a dire: amare! Ma io voglio amare fino in fondo alla vita…”
Giovanni Michelucci, architetto (1891 – 1990)
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Il problema della distruzione di ciò che è oggettivamente bello, a favore di neomostruosità inguardabili è, purtroppo, un problema presente ad ogni latitudine. Immagino che un addetto ai lavori, o un esteta, possano soffrirne molto di più.
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Il ginopensiero si accorda perfettamente con il pensiero dell’architetto. Calore amore pane e costruire: a gattogino risuona piacevolmente tutto ciò nel suo ronfare.
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MI SOFFERMO SU SIBELIUS
e continuo…che dovere primario dell’artista sarà ormai quello di “creare cose naspettate,per sorprendere con la novità e l’originalità dei suoi argomenti e con il modo in cui li tratta; ossia,quello di destituire il ruolo fondante e ordinatore della ‘tonica’-da cui la prevedibilità delle articolazioni melodico-armoniche che da essa si erano sviluppate e alla medesima sarebbero ogni volta ritornate.Bisogna lavorare sulla relazione finalmente liberata da tale vincolo.Una relazione segreta.Segreta in quanto refrattaria a farsi determinare nell’ordine dell’immediatamente visibile o in qualche modo riconoscibile.Che chiama cioè in causa altri fattori unificanti,di sicuro estrane alla facile decifrailità del potere unificante della tonica.La rinuncia al potere unificane della tonica lascia in azione tutti gli altri fattori.Nello specifico…”la ripetizione (specialmente se collegata con la variazione) mostra che da quell’UNICO può derivare qualcosa di DIVERSO,sviluppandosi,passando attraverso certe esperienze musicali,producendo dal proprio interno nuove figurazioni,come peraltro avviene in modo convincente solo nelle forme d’artesuperiori.Schonberg sarebbe d’accordo con me.E ora come Zauberilla inegna,tarallucci e caffelatte per tutti quelli che passano di qui,signore della casa permettendo.Bianca 2007
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no no non pasticcio Roby 🙂
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Giuste le tue affermazioni…ogni cosa bella dovrebbe essere pensata per durare nel tempo.
Buona giornata.
Bibi
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