Avete mai provato la sensazione di essere osservati? Quel guardarsi attorno per capire da dove viene lo sguardo e poi mettere a posto, inconsapevolmente una piega del vestito, scavallare le gambe. Ma ancora c’è la pressione sulla nuca e voi continuate a fare come niente fosse, tanto siete a posto, in ordine. Solo un poco a disagio e la conversazione prosegue come avesse un interlocutore in più, un convitato di cui tener conto. Ecco, mi è accaduto questo e può accadere a tutti. Esiste tutta una pletora d’atti che un tempo erano difficili e scorretti, ma ora diventano agibili; chessò, leggere la corrispondenza, magari in una memoria di cellulare, alimentare un sospetto attraverso la lettura attenta di un post, seguire le tracce di blog in blog per vedere cosa si è detto, quali confidenze sono in atto, perchè si adoperano toni affettuosi.
Perchè non mi scrivi le stesse cose? perchè non mi parli di ciò che senti?
Provate a farvi la stessa domanda, perchè non raccontate le cose che raccontate in rete a chi vi conosce di più. Forse perchè in rete è più semplice mostrare il lato migliore? Oppure perchè, come tra amanti, mancano le colazioni e gli sbadigli? O forse perchè ci sono argomenti di cui parlate con sconosciuti, ma che annoierebbero gli amici?
Magari avete qualcosa da nascondere. E chi non ha qualcosa da nascondere: una abitudine ridicola, un tratto del carattere da confessare solo a sè stessi, un desiderio difficile da condividere, un ricordo che potrebbe far male. E così, fino ad esaurire la gamma dei motivi per cui si tengono cose per sè ed altre si mettono insieme. Il diritto alla privacy dove finisce nei rapporti umani? Dove scelgo che finisca e cioè nel limite che metto nel dire e mostrare e se tu vuoi vedere di più allora violi ciò che pensavo fosse da mettere assieme. Come dire che raccontare tutto in ogni contesto, non funziona e spesso annoia.
E anche nella comunicazione, una delle pretese più assurde è quella di risolvere i problemi enunciandoli. Chi non ha problemi di comunicazione è un alieno, o un telepata e passa le cose con il pensiero. Il blog, al pari della scrittura, consente di precisare e capire meglio cosa si agita dentro la testa e la sua presunta pubblicità soddisfa al tempo stesso il narcisismo e la percezione dei propri limiti. Se poi aggiungiamo che l’interlocuzione è spesso libera ed educata, ma mai così profonda da sconvolgere un rapporto, una vita, allora è fatta. Questa è la fisiologia del blog che non è immediatamente applicabile ai rapporti fisici, perchè la parola nel blog è netta, priva dell’espressione corporea, del contesto, del vissuto comune. Per questo chi conosce legge diversamente le parole perchè il vissuto è un pregiudizio e i piani di lettura più circoscritti. In questo sta la forza comunicativa di questo strumento che può proseguire nello spazio fisico e in quel caso avrà altre regole e profondità e sorprese. Mi viene spesso da assimilare il blog ad una festa in cui ci si conosce per la prima volta, si agisce al buio e chi ci parla può essere qualsiasi cosa, poi con il tempo si imparerà a conoscerlo. Perchè il fascino è quello del carnevale del medioevo, vestiti e maschere con il mostrarsi quanto si può e vuole, ma poi pronti a disvelarsi. Chè di carnevale non si vive.
p.s. dovrei ringraziare chi mi ha spinto a riflettere sui piani comunicativi, ne è nato un pensiero che si complica perchè l’idea che prevale è quella che i legami deboli debbano essere investigati e che non siano così tanto deboli come pare. Poi penso che i ringraziamenti non sarebbero bene accetti perchè avvertiti come esclusione, anche se è curiosa questa posizione considerando che un amico o un’amica conoscono ben più di quanto non si dica in poche righe e che il vissuto è la migliore prova se esiste o meno il mostro.
Credo che tutti aspirino a sentirsi dire: usciamo stasera, fammi le domande giuste, non essere geloso/a, guardami volare, ti guarderò volare.
Sì. Ho provato quella sensazione nella vita “vera”, ma anche qui, in questa terra di rapporti che sembrano di amicizia e forse in alcuni casi lo diventano.
Ho un episodio specifico. Avevo (spero di avere ancora) un carissimo amico in carne ed ossa, che mi aveva taciuto di avere una relazione con una donna che, non so come, si era messa a leggere il mio blog. Spesso parlavo simpaticamente di questo amico, ignorando di essere letta dalla furia che frequentava. Sono stata fatta oggetto di pesantissime critiche da parte un’anonima che poi si costruì il suo blog, continuando a seguirmi e a contestare qualunque cosa dicessi. Lei sapeva chi fossi io, io ignoravo la sua esistenza.
E’ un po’ la situazione della quale hai parlato, ma rovesciata.
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perchè forse ognuno ha bisogno di spazi suoi, dove raccontarsi, dove inventarsi, dove parlare con se stessi e con altri che non siano i soliti, perchè siamo come copertine patchwork e abbiamo tanti lati..insomma, perchè si ha il sacrosanto diritto di fare quello che si vuole, parlare con chi si vuole, anche non parlare con chi vive accanto a noi…eccchecazzo mica siamo eternamente in un’acquario :))))))))
io conosco personalmente tanti di quelli che mi leggono, e qualcuno anche benissimo..leggersi è sapere dove si sta andando, anche senza bisogno di parlarsi sempre.
ciao maghetto..mi fa effetto che non compaia la mia faccettina mouse :)))
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una delle cose più difficili nei rapporti personali è quella di riuscire a non fare domande. e non per mancanza di attenzione o curiosità o affetto, ma solo per rispetto dei tempi e dei modi altrui. io non amo chiedere (credo più per egoismo che per altruismo) perchè non amo che mi si facciano domande alle quali non mi va di rispondere… ma, il non sapere esplicitamente, a volte mi aiuta a leggere tra le righe, mi aiuta ad affinare gli altri sensi per tentare comunque di capire cosa accade alla persona che ho accanto. poi magari giungo a conclusioni sbagliate, però almeno ci ho provato senza essere invadente.
una delle mie ultime constatazioni è che anche nei rapporti affettivi siamo diventati vittime del consumismo, della velocità di comunicazione e della necessità di immediatezza, diementicandoci che esistono delle cose che è bene non dire, delle cose che vanno intuite, dei tempi che vanno rispettati, delle attenzioni che vanno prestate. le persone che abbiamo accanto vanno annusate, ascoltate, toccate, osservate. voglio dire non esiste solo la parola detta o scritta.
ma ho la netta impressione che la gente non sia disposta a perder tempo, ha bisogno di risposte immediate e se non gliele dai, lo stronzo sei tu!
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anche io, come pigralentezza non amo chiedere…ma la mia è solo paura delle risposte..mi sento inadeguata a certe situazioni ma mi crogiolo in esse per tanti motivi e quando le risposte alle mie “domande mentali” arrivano la sofferenza è così grande da farmi male fisicamente. Le sento con orecchie che non sono le mie, le vedo con occhi di qualcun’altro, le annuso ma non ci do’ peso. “vorrei, non vorrei, ma se vuoi…” e finisco sempre per cedere….
notte serena che la mia…..
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…ho bussato molte volte in questi giorni…ma non riuscivo ad entrare, cause tecniche, credo.
sono contenta di poterti rileggere.
tu spieghi benissimo con queste parole:
“O forse perchè ci sono argomenti di cui parlate con sconosciuti, ma che annoierebbero gli amici? ”
..ecco, e proprio quello che cerco e trovo nei blog (pochi) che frequento, pur non avendone uno mio.
anche se spesso non commento, mi piace vedere sviscerati magistralmente tanti argomenti, sensazioni che confusamente provo e che mai riuscirei ad esprimere altrettanto chiaramente…
diciamo che per me è come assistere ad una lezione di sociologia…gratis e in buona compagnia.
buona giornata
arya-confusa
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