Mi parlavano di amori conclusi, di abbandoni miserrimi e vigliacchi e usavano la parola dolore.
Non capivo. Mi sembrava così grande e fisico quel termine, così assoluto nella sua gradazione rappresa, che la parola suonava eccessiva rispetto all’immateriale. Era il mio sentire abituato ad altro, alla compostezza dei sentimenti e al tenere per sè, anche l’esperienza negativa.
Poi ho capito, è una barca, un mezzo per traghettare, poi si approda ad altro. Ma un dolore che dura oltremodo e che in buona parte si autogenera,mi pare ancora spropositato per un malato che vuole guarire.
forse alla base di tutto c’è che non sempre un malato vuole guarire.
magari non lo ammetterebbe mai, neanche con se stesso, magari solo a livello inconscio.
non lo so, forse mi sbaglio.
spero di sbagliarmi.
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PERSONALMENTE
trovo difficile capire “questo” tipo di dolore! Anch’io ho sempre tenuto per me anche l’esperienza più negativa magari affrontandola in “tutte” le sue fasi,dalla rabbia alla freddezza lucida che potesse permettermi il “piano d’equilibrio” per il necessario distacco per poi passare oltre senza che i sensi di colpa mi formassero nodi nel’anima e al passo.Presto (molto presto) però, ho anche capito che,c’è un malato che ha paura della medicina e ricatta il medico.Da quel momento non ho mai abbassato la guardia e così si diventa anche filosofi contro la propria volontà.Il dolore vero è sempre racchiuso dal silenzio rumoroso della DIGNITA’! Buona serata Willy.Forse un pò di musica? Boccherini ad es.Il quintettino”La ritirata a Madrid” elaborato da L.Berio? O “La fantasia corale per Coro e orchestra di Beethoven? Bianca 207
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è vero, Mel, molte volte non si vuole guarire, perchè la malattia ci regala una sorta di impunità, consente di vivere in un non tempo immobile, senza obblighi di salpare per un nuovi approdi…troppo lontani gli orizzonti e così
vicino, scandito e rassicurante invece il nostro dolore.
‘notte
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qualcun’altro disteso ad omaha beach?…si guarisce quando si vuole guarire, quando ti fai schifo stare lì a rotolarti in mezzo alle lacrime, alle suppliche, alle preghiere : anche nel dolore ci vuole un minimo di dignità.
e poi si va..ci si alza e si va incontro alla vita, ecchecazzo.
mica abbiamo beccato l’unica perla di labuan esistente : ce ne sono altre ehhhh. faglielo sapere, va.
o dai il numero della signorina minnie ..chiamare alle 6 del mattino, quando si apre il banchetto dei disperati :))))
bacibaci..colorati
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uh! e chi è questa che ti fa soffrire così? vabbè al dolore non si comanda.
…cmq ha ragione minnie…
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Ascolto Neru, non solo con le orecchie e spesso condivido
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ah ecco. mi sono lasciata trasportare dai commenti. ma ne avevamo parlato mi pare. non del lasciarsi trasportare, dell’empatia intendo.
oggi ho detto che il balletto migliore è quello dove sembra che i ballerini non facciano fatica. ecco capisci ammè 😉
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