Thomas Bernhard, né “il soccombente”, descrive la tragedia di due vite sconvolte dalla scoperta del genio. Entrambi, valenti pianisti, dopo un corso assieme a Glenn Gould, capiscono che non suoneranno mai le Variazioni Goldberg di Bach, come lui le suona. E abbandonano il pianoforte. Nessuno dei due accetta di essere secondo, ma la vita è ormai perduta. Anche Gould perderà sè stesso: la sincope lo troverà al pianoforte alla ricerca di una perfezione ulteriore nelle Variazioni. Tre solitari di genio, smarriti in quella sfera dove non è più possibile vedere gli uomini. In amore le cose non sono dissimili: pensate a quando l’amore è diviso, a chi guida il gioco senza avvedersene, a chi capisce che soccomberà, a chi fortunato, vince.
Amor triumphans tenendo una mano, non in un girotondo. E le mani lasciate dovranno trovare altre mani, sapendo che solo la melanconia rende invincibili.
La ricerca della perfezione perde gli uomini.
CONOSCO
molto bene quel libro! E lo rilessi anche a distanza di poco.Cosa insolita per me.Glenn Gould era però uno specialista dell’incompiuto.E amava dire divertito, di sè:”Io non faccio come molti altri che arrivano alla prima pagina e là si fermano.Io arrivo fino all’ultima,per fermarmi lì. In un modo o nell’altro ,quest’ultima pagina me la lascio sempre scappare” LUI,Glenn Gould,era un tutto uno col suono.E il suono si sà, ha echi,ripercussioni,rimbalzi e,in altri suoni si ripete.Uno dentro l’altro. E Lui che,la perfezione la cercava…divenne suono.Sempre interessante il tuo modo di scrivere.Bianca 2007
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sorprendente, willyco, non ho parole!!
leggerò.
grazie
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Spesso io credo di non riuscire ad essere felice proprio per questa incapacità, credo insita nella natura umana, di accontentarmi di qualcosa.
Leggendo il tuo post mi rendo conto una volta di più che se avessi avuto la capacità di fermarmi, di dire “va bene così”, avrei avuto una vita meno complicata. Forse anche più felice.
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Non credo che saresti stata più felice Melania, non saresti tu, con i tuoi slanci e speranze, con la tua ricerca di te e del tuo specchio, con il tuo rigenerarti nella passione. Saresti altra cosa, insensibile e da sorvolare con lo sguardo. E non penso che sia meglio accontentarsi. Sento che c’è una sottile barriera tra la perfezione e la crescita: nella crescita ci sono io che non mi accontento e cerco il mio limite, lo sposto più in là, ma accetto di averne uno. Nella perfezione non ho limiti. In entrambi i casi, l’infelicità è di casa, nel primo spesso si muta in melanconia e non impedisce la felicità. Nel secondo non lo so, non è il mio caso e non sarà mai alla mia portata. L’ho capito molto tempo fa e ho già pagato il disturbo di conoscenza.
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