divagare

La parola ha suono profondo, è avvolta di buccia e di seta, ma il disattento la ingoia senza piacere. Spesso non ne sente il gusto e l’adopera come sasso, come pezza, come incarto. La parola genera significato, stabilisce un legame tra il sentire e il capire. La sua sezione aurea è nel sussurro, quando è al limite della comunicazione interiore ed esteriore. Non molto oltre il parlar tra sè.  Avete notato come modula la voce un narratore naive, quando non dà voce ai personaggi: il racconto è piano, a voce bassa, parla all’ascoltatore, lo avvolge e conduce. Nella parola ci si lascia ammaliare, anche quando raccontiamo a noi stessi. E la malia emerge dal suo contenuto, dallo scintillare evocato. Ad ascoltare, la parola appare trama  di seta, velluto, raso, mai tela, oppure rame, argento polito, mercurio, ferro ossidato e ancora quercia, frassino, abete, ginepro, sia in legno che scorza. Pietre parole scabre o lucidate dall’acqua e dal vento, pesanti alla vista, da giocarci con il tatto. Nella contaminazione tra sensi l’udito interiore, ascolta e trasferisce alla vista e agli altri sensi, emozioni. A volte è importante il ritmo, altre la musicalità. Il significato è da gourmet, non occorre avere tutto, ma nella parola senza attenzione, si butta via la polpa, ci si ferma alla superficie.Forse è la necessità di continua crescita economica che ci porta al consumo immemore, più che all’uso. La velocità assume caratteri positivi, la lentezza è vista come incapacità. Che sciocchezza per la vita. E’, forse, per questo che la cultura orale non sedimenta più, persa com’è sui valori e sulla necessità di tempo? Provate a pensare cosa si agita sotto una fiaba raccontata e commentata, quali potenze positive e negative vengono scatenate. A volte il saper leggere lascia un bimbo di fronte ad un testo che non governa e tempo fasullo al genitore. Mettere insieme le abilità è amore e apprendimento reciproco. Nel mondo adulto, un buon manager sà evocare speranze, fa intravvedere felicità, ridimensiona pericoli, alimenta coraggio, crea valore. Quindi esiste un fascino del narrare che continua, solo che non è pratica di massa, diventa fonte di ammirazione perchè la tecnica è smarrita. Nel corpus sociale odierno ospitiamo antitesi tra necessità e piaceri e il piacere viene confinato nell’oggetto, si toglie la comunicazione, ci si affida all’immagine. Il piacere dello scrivere con l’inchiostro è residuale, la scrittura manuale è fatta per essere tradotta in scrittura digitale, non per essere tenuta per sè. Nella mia logica dell’appunto, lo scrivere è una estensione-complemento del dire, che non può esaurire la flessibilità e forza del raccontare ad alta voce. Scrivere con un buon pennino e un inchiostro scelto è un piacere multi sensi che si unisce alla parola che prende forma, ma questa è un’altra storia da raccontare, fatta di inchiostri, pennini, carta di vario peso, marginalia.

Ho una consapevolezza:mai abbiamo raccontato così tanto a tanti, come oggi, attraverso il web e mai c’è stata tanta contaminazione.

Qualcosa resterà

7 pensieri su “divagare

  1. credo anche io.
    qualcosa resta sempre a chi conosce il sapore e il profumo della parola.
    poi, come i veri gourmet, il gusto si affina e si pretende di più, sempre il meglio, da sè stessi e dagli altri.
    e si abbandona la grossolanità.
    non ciò che è scabro.

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  2. RESTERA’ SOLO L'”AURA”
    vera che si è irradiata al di là di ogni contaminazione diventando “macchia” di energia in una molecola d’essenza.Bianca 2007

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  3. cara Emma, devo a Te e a Pigretta, la tentazione del dire sull’argomento. Eppoi arriva un momento in cui contano i vizi e non le virtù, quindi ci ricasco

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