Età e sera erano giovani. Abitavo all’ultimo piano e dalla cucina si usciva su un piccolo terrazzino: una lastra d’acciaio, con ringhiera verso il verde. La città allora, era simile a quella descritta da Bassani ne’ “gli occhiali d’oro”: case in pieno centro con giardini e orti interni. Si vedeva il Santo dal balcone e confinavamo con un vecchio convento, che era assunto a nuova vita per la rieducazione delle “signorine” messe in libertà dalla legge Merlin. Chissà cosa potevano insegnare le suore, a ragazze che avevano fatto la vita per anni. Ricamavano, imparavano a far le sarte,le parrucchiere e la sera, anzichè canti religiosi, si sentivano le canzoni di Sanremo cantate in coro. Arrivava una tristezza di luoghi chiusi e le grida dell’allegria sodale. Quando alla fine sono sciamate chissà dove, a fare vite normali, se n’è andato il peso del sentirle prigioniere. Prima di cena, mi sedevo sullo scalino di legno e ascoltavo. A folate, arrivava aria tiepida, i suoni delle cene incipienti, qualche profumo forte di cucina, poi il fresco del verde. Si quietavano le scie dei giochi, il pullulare delle voglie, la preoccupazione scolastica da coscienza sporca: confluiva tutto in un equilibrio sospeso. Ho imparato i colori del veneto così, lasciandoli entrare fino ad essere colore. La nonna stava in silenzio, assorta per suo conto, c’era pace e lo sguardo era una carezza sulle cose. Mi avrebbero poi spiegato che quel vuoto era meditazione, ma per me era pieno di sensazioni nuove e non c’era bisogno di aggiungere pensieri:bastava lasciar correre i sensi. Anche oggi ho voglia di sedere su uno scalino a sera, spesso lo faccio e nessun ricordo pesa. Mi manca solo la voce di mia nonna che mi chiamava, piano per la cena.
Ho provato un grande senso di… armonia, direi, leggondo il tuo ultimo scritto.
E comincio automaticamente a ricordare. Ricordi che pensavo persi, sotterrati, sono riemersi.
Sempre un terrazzo di dimensioni limitate, un gradino, casa di mia nonna. I dopo cena d’estate passati lì, ad ascoltare i discorsi dei “grandi”. Momenti di grande serenità.
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Io ricordo la nonna che mi cantava ” Faccetta nera”e io ero una bimbetta di sei anni e poi mi parlava con l’accento napoletano, bello.
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armonia e serenità, appunto.
Bellissimo post, se poi nomini Bassani è il massimo… penso alla mia città, così poco conosciuta e tanto bella, anche se come incantata nel suo immobilismo.
Il venerdì sera credo, il canale Rai 2 trasmette una fiction ambientata a Ferrara, gli attori purtoppo recitano in bolognese quando impersonano i ferraresi (perfino i comacchiesi!!!!)
…il tenebroso protagonista è un pò improbabile e la Stefanenko, bellissima, sussurra in una strana lingua incomprensibile, ma pazienza, il fascino della città viene comunque fuori…
buona giornata Willy, e grazie per gli spunti di riflessione che regali.
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che bello questo souvenir…
davvero emozionante. e denso.
credo che la sera, prima della cena tutte le cose intorno a noi, rumori, suoni, odori, colori, pensieri assumano una valenza ed una vibrazione diversa da quella che hanno normalmente.
non saprei come definirla.
tu trovavi rifugio in questo istante, pace e, involontariamente meditazione.
io penso che molto dipenda dalla giornata passata, dallo stato d’animo in cui si è: ci sono pre-dinner che ti portano a meravigliose riflessioni, o ti regalano meravigliose emozioni che neanche tu sai spiegare, soprattutto d’estate, e altri in cui senti la vita che scorre intorno, e tu sei una roccia ferma nel ruscello, immobile, nonostante tutto.
tutto e il contrario di tutto.
che lungaggini.
comunque il senso è che questo post è amabilissimo e godibilissimo.
grazie
billa
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